Nella tragedia della sedicenne violentata a Roma la scorsa notte al quartiere Prati, una luce brilla. Sembra che la madre di una delle amiche abbia visto lo stupratore fuggire e abbia anche tentato di rincorrerlo. Poiché la vittima è così giovane, è lei, la madre, l'altra protagonista di queste storia. Il suo dolore. La sua angoscia. Le sue domande. È dai tempi de "La ciociara" con la splendida Sofia Loren, che il dolore di una madre, in quel film anche lei vittima, ha quel volto e il rumore di quel grido. Cosa fare? Sul momento ogni madre regge. Sviene, forse, ma regge.
Urla, forse, ma regge. Piange, sicuro. Questa mamma, nello stupro di Roma, è riuscita ad arrivare quasi in tempo. Non ha potuto fare molto, non ha salvato l'amica di sua figlia, ma ha visto lo stupratore e lo ha rincorso. Mi ha dato forza e tenerezza, questa mamma che rincorre un uomo, lo stupratore della figlia di un'altra, ma so che se una cosa sanno fare le donne in quei momenti, quelli in cui i figli vengono minacciati, è allearsi. Quando devi proteggere chi ami, ti viene una forza che una donna si mette a rincorrere un uomo più grosso e, in questo caso, più cattivo, ma non fa niente. Lei lo rincorre. Perché l'amore rende le donne forti, l'amore ferito le rende pericolose.
Ma il dopo di quella madre, di tutte le madri, è terribile. Quando si dovrà tornare alla vita normale. Perché ci dovrà essere un vita normale per quella sedicenne, per sua madre e la madre dell'amica.
Anche se forse viene voglia di morire piuttosto che di vivere, invece non si muore e la vita continua: ma dobbiamo fare in modo che continui bene. Deve continuare e deve continuare bene. Tua figlia dovrà ricominciare, ricomincerà ad uscire, ad andare a scuola, a vedere le amiche, ad andare al cinema, a vivere, insomma. Non sono madre e non sono donna ma voglio consigliare un articolo, #notguilty, ve lo ricorderete. Una giovane donna aggredita a Londra aveva rotto il muro della vergogna e del silenzio.
Aveva curato non solo le ferite da pronto soccorso ma anche quelle interiori, sociali. Quelle del "non si va in giro conciate così, a quell'ora poi". L'altra sera, nel quartiere Prati di Roma quella sedicenne era a terra distesa a subire, non aveva difese, ma ora in piedi devi dirsi, glielo dobbiamo dire noi insieme alla madre, che non è colpevole di nulla. Non ha niente di cui farsi scusare o da cambiare di sé. Dovrà continuare a prendere l'ultimo autobus e a camminare da sola. "Non ci sottometteremo al pensiero che siamo in pericolo comportandoci così", diceva l'articolo che ho citato.
Ecco la risposta alla paura di ogni donna che vede la figlia uscire di sera. Il sostegno che noi dobbiamo dare a quella ragazza e a sua madre. Ma sarà possibile se le aiuteremo: se non lasceremo sole quelle ragazze e quelle madri. La ragazza di Londra aveva con sé la comunità del suo Campus universitario. Questa sedicenne chi avrà accanto per non essere costretta a vivere con orari da coprifuoco e vestita dell'armatura della vergogna?
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