sabato 28 novembre 2015

Perché non ti ho detto che mi picchiava. Una traduzione da This Is Why I Didn’t Tell You He Was Beating Me di Janice Fuller-Roberts

Quando sono fuggita dal mio rapporto con un uomo maltrattante per l’ultima volta (sì, l’ho lasciato e sono tornata), una delle prime cose che i miei ben intenzionati amici e i miei familiari mi hanno chiesto è il motivo per cui non ho mai detto loro quello che mi stava succedendo.
“Perché non hai detto qualcosa”, mi hanno chiesto, preoccupati e confusi. “Avremmo potuto aiutarti. Avremmo potuto fare qualcosa!”
Ci credo. Se avessero saputo quanto orribile la mia vita era diventata, non ho dubbi che avrebbero fatto del loro meglio per aiutarmi. Ma tutto questo è successo più di vent’anni fa. Oggi sono guarita, emotivamente sana, ne sono definitivamente uscita, e col senno di poi è facile vedere con chiarezza che i miei amici e la famiglia mi avrebbero aiutato.
Ma allora non era così. Perché quando sei nel bel mezzo delle cose, nel bel mezzo di un inferno del quale sei convinta di essere responsabile, non puoi vedere nulla in modo chiaro. La paura e la vergogna ti consumano: sono costantemente al tuo fianco. E quando guardi la tua famiglia e gli amici, li immagini mentre ti giudicano e ti deridono. Perché conosci le loro opinioni sulle donne coinvolte in relazioni violente.
Considerate questo scenario: avete un’amica d’infanzia alla quale siete sempre stati vicino. Ultimamente, non la vedete in giro tanto quanto eravate abituati a vederla. Ne deducete che sia presa dal suo nuovo rapporto. E in un primo momento era proprio così. All’inizio non poteva fare a meno di lui. Hanno trascorso quasi ogni momento della giornata insieme.
Ma in quel periodo ancora la sentivate, vi chiamava. E anche se lei per lo più parlava del suo nuovo amore, non aveva importanza. Era felice.
Poi le telefonate sono diventate meno frequenti. E quando avete provato a chiamarla voi, si è sottratta alla conversazione, con tono frettoloso e distratto. Amici comuni vi dicono che non la vedono da tempo. “E’ il suo nuovo ragazzo,” commentate fra voi “Non si separano mai ultimamente.”
Presto vi abituate alla sua assenza, non parlate più di lei tanto spesso. Vi manca, ma non volete essere quelli che cercano di sabotare il suo nuovo amore.
Un giorno vi imbattete in lei mentre fate la spesa, e rimanete sconvolti dal suo aspetto. Era sempre stata così attenta al suo aspetto, soprattutto in pubblico. E ora indossa una tuta macchiata di sudore con la quale non si sarebbe mai fatta vedere fuori di casa o fuori dalla palestra! Eppure eccola, non solo in tuta, ma una tuta sporca, e indossa una maglietta sformata, mentre i suoi capelli, di solito perfettamente acconciati, sono raccolti in una sciatta coda di cavallo. Le sue unghie sono trascurate.
Ha l’aria stanca.
Ma siete così felici di rivederla che subito l’abbracciate. Si irrigidisce tra le vostre braccia, come se le aveste fatto male. La lasciate andare, sorpresi. E osservate il suo viso.
Non vi guarda negli occhi. La sua bocca trema un po’, e le sue labbra sono screpolate. “È l’ombra di un livido quella sulla sua guancia?” pensate. No, deve essere l’illuminazione.
A questo punto vi scambiate convenevoli, ma non c’è una vera conversazione. Avete la sensazione che lei voglia andarsene … che lei non sia felice di vedervi. Vi sentite a disagio, ma non sapreste dire perché.
“Come stai?” le chiedete di nuovo, solo che questa volta sul serio.
“Bene”, risponde bruscamente. “Sto veramente bene. Ma vado di fretta. Ho bisogno di tornare a casa. ”  “Non voglio trattenerti, allora.”
Qualcosa vi dice che non va bene affatto. Avete una voglia inspiegabile di prenderla di nuovo fra le braccia, ma non lo fate. Ignorate il vostro istinto e la lasciate andare per la sua strada. Ma dentro sentite che c’è qualcosa di terribilmente sbagliato in quella che una volta era la vostra estroversa, vivace, bella amica.
Ecco quello che non sapete: la vostra amica vorrebbe rifugiarsi fra le vostre braccia e chiedervi aiuto. Ma non lo farà. Non può. E’ troppa la vergogna. Se voi avete pensato che il suo aspetto fosse terribile, lei si vede ridotta in uno stato peggiore. In un lasso relativamente breve di tempo, lui è entrato nella sua testa e l’ha convinta che è brutta, stupida, senza valore.
Non si cura più, perché lui la accusa di vestirsi per qualche “altro uomo”, o perché in ogni caso lui le dirà che sta di merda, quindi non ha alcun senso provare a dimostrare il contrario.
La tuta è il suo nuovo migliore amico.
Lei non chiama più perché si vergogna della sua vita. Quel ragazzo meraviglioso del quale vi raccontava in principio si è trasformato in un mostro. E lei sa che se i suoi amici sapessero quanto male vanno le cose, penserebbero che lei è stupida proprio come lui la descrive, e che quindi forse lei lo è davvero. Dopo tutto, lei lo ama ancora. Quindi forse ha esattamente quello che si merita. Almeno questo è quello che pensa.
Non l’avete più vista in giro perché è questo che fanno gli uomini violenti: isolano le loro vittime da amici e familiari. Lo fanno in modo sottile, però. Non arrivano mai fino al punto di dire che lei non è autorizzata a vedervi, sarebbe troppo diretto e lui è molto più intelligente di così. Invece la convince a tenersi a distanza facendo cose come litigare con lei quando torna a casa. In questo modo, la prossima volta che sarà invitata fuori, lei declinerà, al fine di evitare un altro conflitto. Oppure la accusa di amare i suoi amici più di lui. In modo che lei resti a casa per non turbarlo. Lui usa l’amore di lei come un’arma.
E quei conflitti che lei è così ansiosa di evitare? “Conflitto” non è esattamente la parola giusta, non quando finisci sempre distesa sul pavimento. In un primo momento, si trattava più che altro di urla. Lei era capace di controllare la situazione allora. E’ sempre stata in grado di rispondere a tono. Ma poi lui è diventato crudele, ha cominciato a dire cose che la ferivano nel profondo. Ha preso le sue stesse parole e le ha usate contro di lei. E per tutto il tempo, ha interpretato il ruolo di quello ferito, che non riusciva a capire come lei potesse trattarlo così male, mentre lui la amava tanto. Accuse, recriminazioni, scenari selvaggi forgiati nelle valli profonde della sua mente contorta. Le risposte ragionevoli non potevano nulla contro la sua brutalità emotiva.
Quando il primo pugno ha colpito la sua mascella, la sua psiche era già stata picchiata a sangue. E non fatevi ingannare da quel fantasma di donna che avete appena visto al supermercato. Lei ha reagito. E’ riuscita a mandare a segno qualche colpo, specialmente quella prima volta. Ma lui è più forte di lei. Più grande di lei. Lui ha tirato pugni per tutta la vita e non ha mai ricevuto nemmeno una sculacciata da bambino, non c’è gara fra loro due, neanche fisicamente.
Vi chiedete: “Se sta così male perché non mi ha detto nulla? Ero proprio lì! Siamo amici fin dall’infanzia. Sicuramente lei sa che io l’avrei aiutata!”
Lo sa? Lo sa davvero? Oppure lei ti guarda, la sua amica d’infanzia, e pensa a quella volta che hai detto: “Io non capisco perché le donne stanno con gli uomini che le picchiano”?
Ricordate quando è uscita fuori la storia di Ray Rice, e ne avete parlato tra un drink e l’altro? Ricordate quello che avete detto? Avete detto: “Se un uomo mi picchia una volta, la colpa è sua; se mi picchia una seconda volta, la colpa è mia. Quella donna è stata un idiota a sposarlo dopo quello che lui le ha fatto in quel ascensore! ”
Lei si ricorda quelle parole. E anche se sa che la amate e la sosterreste, non può fare a meno di chiedersi cosa pensereste di lei se sapeste che cosa sta realmente accadendo. Lei vuole disperatamene uscire da quella situazione, ma non sa come. Può anche essere convinta che lui farà del male a chi cerca di aiutarla. Dovete ricordare che lui è sempre nei suoi pensieri, anche quando non è lì a picchiarla.
Fidatevi del vostro istinto. Conoscete la vostra amica. E da quell’incontro nel negozio, sapete che c’è qualcosa che non va. Quindi, per favore, non abbiate paura di approfondire.
Iniziate con una telefonata. Ma non entrate subito in argomento: non dite subito che avete paura che lui la maltratti, o cose del genere. Se lui è in casa, in quel momento, lei non dirà nulla in ogni caso. Semplicemente trasmettetele il messaggio che vi importa di lei e volete aiutarla. Siate amorevoli e gentili senza farle pressioni.
Dire qualcosa come: “lo so che sei occupata ora. Ma quando hai un po’ di tempo per te, fammi una telefonata. Sono preoccupata per te e ti voglio aiutare. Ti voglio bene.” Siate brevi, ma chiari: siete preoccupati, la volete aiutare, le volete bene.
Se lei non richiama dopo quella prima telefonata, chiamatela di nuovo. Cercate di avviare un dialogo con lei. Cercare di raggiungerla quando sapete che è sola, o almeno lontano da lui. Ricordate che il vostro obiettivo è aiutarla, non metterla in pericolo.
Siate pronti alle sue smentite. Vergogna, senso di colpa, paura, e anche la preoccupazione per la vostra sicurezza sono tutte cose che le impediranno di aprirsi con voi. Basta ricordarle con delicatezza che, se lei è nel tipo di guai che sospettate, non ha motivo di vergognarsi. Le volete bene, avete stima di lei, volete solo aiutarla.
Il tentativo di persuaderla potrebbe non funzionare. Un intervento concreto, possibilmente a norma di legge, potrebbe rendersi necessario. Se questo è il caso, non tentate di gestire la situazione da soli. Coinvolgete altri amici e la famiglia, e, soprattutto, affidatevi a degli esperti. (…)
Dovete sapere che in media una vittima di violenza lascia il suo aguzzino sette volte prima di lasciarlo per sempre. Quindi, anche se la vostra amica lo abbandona, può sempre tornare sui suoi passi. E’ a questo punto che la vostra amicizia sarà messa a dura prova. Sarete delusi e anche arrabbiati visto che, dopo tutta la fatica fatta per aiutarla a fuggire, lei torna al punto di partenza. E la vostra rabbia è comprensibile.
Ma l’arma più letale di un violento è la sua capacità di manipolare la mente della sua vittima. Per rompere quel legame ci vuole tempo, pazienza, un aiuto professionale, e un sacco di duro lavoro da parte vostra. Dovete solo continuare ad amarla e sostenerla, anche quando lei vi delude. Cercate di trattenervi dal giudicarla: potrà solo peggiorare le cose.
E’ doloroso vedere qualcuno che amate soffrire a causa della violenza domestica. E ‘anche difficile capire perché le donne rimangono assieme o tornano con degli uomini che fanno loro del male. Ma lasciarli è molto più difficile di quanto si pensi. La paura, la mancanza di risorse finanziarie e la vergogna sono solo alcuni dei motivi per cui le donne rimangono (o ritornano). Se ci sono dei figli coinvolti, è ancora più complicato. Molte donne non hanno  un posto dove andare. I rifugi si riempiono velocemente, sono pochi e lontani tra loro. E purtroppo, nonostante tutto quello che è stato fatto a livello legislativo per proteggere le vittime di violenza domestica, è ancora troppo facile per i violenti rintracciare le loro vittime e ucciderle. Così alcune donne scelgono di restare, nella speranza che questo le mantenga in vita.
In quanto amici di vittime di abusi, dobbiamo informarci sulle dinamiche della violenza domestica. E soprattutto, abbiamo bisogno di abbandonare i nostri pregiudizi sulle vittime. Hanno bisogno del nostro sostegno e di empatia. Io l’ho imparato nel modo più duro. Anche io giudicavo le donne che rimangono con un partner violento. E ho continuato a giudicarle  fino al momento in cui l’uomo che amavo mi ha colpito con un pugno.


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