venerdì 28 ottobre 2016

Premio Sakharov a due yazide, simbolo della resistenza all’Isis Nadia Murad e Lamiya Aji Bashar

Rapite e vendute a più riprese come schiave dai miliziani dell’Isis dopo aver assistito al massacro dei loro familiari, scappate dai territori dello Stato islamico e divenute simbolo tanto delle vittime della violenza sessuale dei terroristi del Daesh quanto del genocidio yazida: Nadia Murad e Lamiya Aji Bashar hanno ricevuto oggi dal Parlamento Ue il Premio Sakharov per la libertà di pensiero. Candidate dal gruppo dei Socialisti e Democratici e dai liberaldemocratici, le due irachene hanno avuto la meglio sul giornalista turco Can Dundar, appoggiato dai Verdi, e sul leader tataro Mustafa Djemilev, indicato dai popolari.
 Nadia e Lamiya «sono un incoraggiamento ed un simbolo per noi a non aver paura» dell’Isis e del terrorismo, ha affermato annunciando il premio il presidente del parlamento Ue Martin Schulz. «Sono state testimoni di atrocità senza precedenti», ha sottolineato Schulz, «e hanno intrapreso un lungo cammino per ricevere la protezione dell’Europa: ora noi siamo obbligati a sostenerle per garantire che la loro testimonianza eviti l’impunità».

3 agosto 2014. È questa la data in cui inizia l’incubo delle due ragazze yazide. Quel giorno, nella sua offensiva in Iraq, l’Isis occupa il loro villaggio, Kocho, vicino al confine con la Siria. Il 15 agosto i miliziani massacrano gli uomini e separano le donne, uccidono le anziane e riducono in schiavitù le altre. Nadia, allora 21enne, e Lamiya, 16enne, al pari delle loro sorelle vengono vendute a più riprese, obbligate a soddisfare i desideri sessuali dei soldati di Daesh. Nadia, prigioniera a Mosul, viene anche forzata a fabbricare bombe e cinture esplosive. Poi, dopo 4 mesi di sequestro, riesce a scappare grazie all’aiuto dei vicini, raggiunge un campo per rifugiati nel nord del Iraq e quindi la Germania.

Per Lamiya la fuga è stata ancora più dura. Dopo diversi tentativi, la sua famiglia paga dei trafficanti e riesce a farla uscire dai territori in mano all’Isis, ma mentre sta arrivando nel Kurdistan iracheno una mina antipersona uccide due membri del suo gruppo e la ferisce agli occhi, rendendola quasi cieca. Riesce comunque a proseguire la fuga fino ad arrivare anche lei in Germania, dove viene curata e ritrova le sorelle e i fratelli scappati all’Isis.

Una volta liberate, le due yazide hanno imbracciato la via della testimonianza in prima persona delle atrocità dell’Isis.
Il 16 dicembre 2015 Murad prende la parola durante la prima sessione del Consiglio di sicurezza dell’Onu dedicata alla tratta di esseri umani, racconta la sua esperienza per mobilitare la comunità internazionale nella salvezza del popolo yazida e nella liberazione delle schiave.
«Lo Stato islamico - disse allora - non è venuto solo per ucciderci, noi donne e ragazze, ma anche per prenderci come bottino di guerra e venderci al mercato per due lire, o anche gratis». Nel settembre di quest’anno Nadia diventa la prima ambasciatrice dell’Onu per la lotta alla droga ed il crimine organizzato ed in ottobre riceve il Premio Vaclav Havel per i diritti umani del Consiglio d’Europa.
Dopo essersi rimessa dall’esplosione, anche Lamiya ha iniziato la sua attività di testimonianza a difesa del suo popolo e di sostegno ed aiuto alle donne ed ai bambini vittime della schiavitù e delle barbarie dell’Isis. Il 14 dicembre lei e Nadia riceveranno il Premio Sakharov durante una seduta solenne della plenaria del Parlamento a Strasburgo.
http://www.lastampa.it/2016/10/27/esteri/premio-sakharov-a-due-yazide-simbolo-della-resistenza-allisis-LuPa7BF7K4udIEej8Ai2EN/pagina.html

Nessun commento: