martedì 7 novembre 2017

Ogni molo è il molo di Salerno di Francesca Paci

Il silenzio carico d’interrogativi intorno alle 26 giovanissime vittime dei naufragi del 3 novembre: perché le donne migranti soffrono e muoiono di più

Adesso si cerca di capire da quei ventisei corpi allineati all’obitorio di Salerno cosa sia capitato, come, quando, se ad uccidere senza pietà sia stato il mare o qualcuno dei passeggeri a bordo dei gommoni naufragati il 3 novembre scorso. “Sono impressionato dalla giovanissima età delle ragazze” ha ammesso domenica mattina il Prefetto Salvatore Malfi. Lo erano tutti sul molo campano che dopo le salme ha accolto i sopravvissuti e le sopravvissute, tante, stravolte, ancora più provate dei compagni di viaggio. Non perché le donne contino più degli uomini ma perché soffrono e muoiono di più.

“Sono stata violentata in Libia” ha detto senza giri di parole una delle prime a scendere dalla nave militare spagnola Cantabria. Quasi tutte subiscono la stessa sorte. Molte, con gli occhi spenti, sono scese a terra tenendo al seno o per mano i figli piccoli, una mamma non riusciva a smettere di piangere e ripeteva di aver visto annegare i suoi tre bambini. Per ore, per quanto i volontari si affaccendassero senza distinzione intorno a tutti i migranti sbarcati fornendo coperte, panini, bottigliette d’acqua, a colmare lo sguardo sono state loro, le donne, le vive e le morte. E quando le ambulanze e i pulmini le hanno portate via è rimasto il vuoto, magnetico, pesante. Possibile che così tante di loro e solo loro non ce l’avessero fatta? Si è pensato a una violenza di gruppo, un omicidio di genere, magari un rito macabro, un sacrifico per ingraziarsi gli dei del mare. Ipotesi, congetture, magari fantasie: la resistenza umana a non arrendersi all’evidenza disumana.

Sarà l’autopsia a stabilire com’è andata. Ma un dato è certo: il numero delle ragazze che prendono il mare alla volta dell’Europa è lievitato, le nigeriane imbarcate a scopo di tratta per esempio, sono oggi dieci volte tanto rispetto a 3 anni fa. E poi c’è la violenza sessuale sistematica, ripetuta, multipla, un dazio extra a cui quasi nessuna sfugge né durante il soggiorno in Libia né lungo il percorso per arrivarci. Un dazio che fiacca irrimediabilmente il corpo e lo spirito. Il viaggio infine, le ustioni sulle gambe di quelle che ce la fanno sono il risultato di una traversata in cui le donne vengono sistemate al centro del gommone, là dove si resta intrappolate in caso di naufragio o dove, nella migliore delle ipotesi, si crea una pozza di carburante e acqua salata, micidiale. E allora a ripensarci dopo, ore dopo, giorni dopo, si ha l’impressione che tutti i moli siano il molo di Salerno, terra sì, ma dove le donne che la toccano seppelliscono se non il corpo l’anima.
http://www.lastampa.it/2017/11/06/societa/e-sempre-l-8-marzo/ogni-molo-il-molo-di-salerno-7ueANBJm3Sk9XMPfZQZh5H/pagina.html

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