lunedì 15 giugno 2015

Cinquemila abiti di donna stesi a Pristina: il monumento alle albanesi violentate dai serbi

Un’artista ha dato vita a una grande performance in ricordo degli stupri di massa avvenuti durante i bombardamenti della Nato in Kosovo nel 1999; dalle donne comuni a Diane von Fuerstenberg, in tantissime hanno sostenuto l’opera con donazioni di vestiti




Un tempo si usava dire che i panni sporchi di lavano al chiuso, ma nella nuova e concitata fase che sembra aprirsi per i Balcani anche un’esibizione di vestiti e biancheria può diventare pubblica e trasformarsi in “caso” : ieri nello stadio di Pristina è stata aperta una mostra che sta già facendo discutere, è stata chiamata “Thinking of you”, e le persone a cui vuole far pensare sono tutte le donne che hanno subito stupri durante i “bombardamenti umanitari” della Nato, nel 1999. La “performance” si riferisce naturalmente alle donne albanesi violentate dalle milizie serbe e ad organizzarla è una figlia di questa terra, Alketa Xhafa-Mripa, artista che adesso lavoro a Londra e ha avuto l’idea di esporre cinquemila abiti femminili, stesi su corde da bucato, che vogliono rievocare le tante intimità violate.
Nessuno ha mai potuto stabilire quante siano state le violenze perpetrate in quei tre mesi di guerra strisciante, quando gli aerei Nato martellavano dall’alto e sul terreno soldati serbi e reparti dell’ “Uck” portavano avanti una lotta spietata casa per casa, assassinio per assassinio, violenza per violenza.
 Qualcuno ha azzardato la cifra di 20 mila donne stuprate anche se nessuna stima è possibile, visto soprattutto il fatto che molte delle vittime hanno taciuto per la vergogna. L’ artista però dice: “ Anche se molte di quelle vittime si sono sentite sporche, per me è esattamente il contrario: sono persone pulite, pure, sono donne come me, quello che è successo a loro potrebbe essere accaduto a qualunque di noi. E questa esibizione di arte concettuale in uno stadio di calcio vuole simboleggiare un mondo di uomini: il sudore, la rabbia, le grida, l’adrenalina. Si tratta di una “scatola” da cui non si sfugge, che evoca l’esperienza dello stupro”.
 Il produttore del progetto, Anna Di Lellio aggiunge che lo stadio si trova nel centro di Pristina, un luogo in cui la città organizza parate militari e feste legate alla guerra. Il progetto vuol essere un modo diverso di ricordare la guerra, senza pompa e trionfalismo: “E ’una storia diversa; è la storia della sofferenza intensa che la guerra ha portato a tutti “.
 Alketa Xhafa-Mripa e Anna Di Lellio hanno organizzato una raccolta di abbigliamento in tutto il territorio nazionale e fuori e la risposta, dicono, è stata travolgente. L’ambasciatrice degli Usa a Pristina ha donato l’abito che indossava quando venne firmata la dichiarazione di indipendenza del Kosovo. Dal Regno Unito la baronessa Anelay e la moglie dell’ex primo ministro britannico, hanno donato ciascuna una gonna,e la stilista Diane Von Furstenberg ha inviato una email al presidente del Kosovo chiedendo di poter appoggiare lo sforzo. Una donna che dopo la violenza è stata abbandonata dal marito, ha donato il suo abito da sposa, un’altra ha dato il vestito rosso che indossava quando venne violentata, però in un momento come questo la profondità del ricordo e forza dei simboli non riescono a sovrastare l’impatto di una presa di coscienza che anche il Kosovo si trova ormai costretto a compiere.
Da molti mesi, l’Unione europea e le ambasciate occidentali premono perchè il Parlamento di Pristina dia il via alla nascita di una Corte speciale che giudichi anche i crimini commessi dall’ “Uck”. Perchè questo avvenga, però, c’è bisogno di cambiare la Costituzione e da mesi l’assemblea mette la discussione all’ordine del giorno e poi la rinvia perchè non riesce a formare una maggioranza.
 Il tema è delicatissimo, e a vent’anni da quella guerra può ancora sconvolgere una regione in cui i vecchi capi dell’ “Uck” sono diventati leaders politici. Una commissione europea ha indagato per anni, e adesso si appresta a citare a giudizio i presunti responsabili, però ad una condizione: che la Corte sia composta da giudici internazionali, che sfuggano ai condizionamenti locali.
 Il sordo braccio di ferro si fa sempre più duro, per le strade di Pristina i veterani di guerra protestano contro la “cessione di sovranità”, il governo non sa che pesci prendere. Xhafa-Mripa è in trattativa con le autorità per trasformare “Thinking of You” in un’installazione permanente e prevede di portare l’esibizione anche in altri luoghi toccati dalla guerra, dove la violenza sessuale è stata usata come arma. “Io voglio che anche le donne abbiano una statua della libertà”. Ma probabilmente prima che questo possa accadere in contesti diversi, dovranno trascorrere anni.

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