giovedì 18 giugno 2015

L’italiana che cambierà i sogni delle bambine di Silvia Avallone




Nessun genitore ha potere di fronte ai sogni di un figlio. Potrà rimanerne sorpreso o tacitamente deluso. Vorrà incoraggiare alcune aspirazioni e ostacolarne altre, ma la verità è che non potrà farci nulla se non restare in disparte e osservare una vita che chissà quale direzione deciderà di prendere; nulla eccetto ascoltare, motivare, e non giudicare mai.
«Cosa vuoi fare da grande?» lo chiedono tutti i genitori, a volte con apprensione, ai figli. C’è chi si augura un posto di lavoro sicuro e nient’altro, chi ha immense aspettative per potersi riempire la bocca, e poi ci sono la mamma e il papà di Samantha Cristoforetti che dal Trentino a un certo punto si sono ritrovati la figlia tra le stelle.
Che genere di sogno è per una bambina diventare astronauta? È un sogno scappato di mano, che non t’immagini come possa attecchire e germogliare.
Un sogno come in Italia non ce ne sono, o non sono mai stati raccontati. Ci ha colto tutti impreparati, Samantha, quando è sbucata fuori con la sua tuta enorme, i capelli neri tagliati corti. Una ragazza con un curriculum di studi straordinario, una professionalità inflessibile e rigorosa, che però è lì e sorride sempre, con semplicità disarmante, pronta a spiccare il volo per una stazione spaziale. Pronta a rimanerci 200 giorni. E, con questo, a sparigliare le carte dei sogni.
È partita da Malè, 2.150 abitanti. La provincia della provincia, in mezzo alle montagne. Da bambina guardava le stelle e voleva raggiungerle – impossibile dire perché, è sempre un mistero da dove sbucano i sogni. Per riuscirci ci si è messa d’impegno per anni, fino a compierne trentasette. Lauree, prove continue, esami. Un viaggio interstellare a bordo di un razzo. Ma il primo saluto, appena arrivata nello spazio, è per la mamma. La voce che si spezza per l’emozione è per chi è rimasto a Terra e da Terra la guarda in video e forse neppure riesce a crederci che quella lassù, più in alto persino dell’atmosfera, è sua figlia.
«È come te lo immaginavi?» le chiede, ed è la sua prima preoccupazione. Che è come dire: sei felice? Che è, per chi ti ha accompagnata ogni giorno a scuola, l’unica cosa che conta.
Uno degli aspetti che più mi ha appassionata della storia di Astrosamantha è che non è una favola. E che in quel prefisso mirabolante – “Astro” – non c’è alcun scintillio, alcuna stellina, alcuna starlette, ma solo sassi. Giganteschi sassi infuocati, o spenti da millenni. C’è materia dura, tenace, c’è fatica, c’è studio, c’è lavoro. Né i cinque minuti di gloria facile, né i colpi di fortuna finti a cui la pubblicità ci ha abituati, e specialmente abituate, negli ultimi decenni.
Ecco, Astrosamantha con il suo percorso di gavette, esercitazioni su caccia AM-X e perseveranza, chiude un’epoca e ne apre un’altra. Dimostra, una volta per tutte, che se vuoi realizzare un sogno non servono né le scorciatoie né Mister McFatum (come ha chiamato Nabokov la Fortuna). Devi essere libero di costruire la tua storia, invece, che sarà tua e solo tua, che nessuno ti potrà mai togliere, perché l’avrai cementata con le tue forze. Che è possibile. Di più: che sarebbe un delitto rinunciarci.
Ma non si tratta solo di questo, per quanto “merito” e “competenze” siano due parole di cui c’è quotidiano bisogno. Si tratta anche di quell’altra parola: “sogno”, che per troppe ragazze e ragazzi rischia oggi di suonare vuota, persino beffarda. Un sogno non è quello che ti dicono gli altri, quello che va di moda. Un sogno non ha mai, in realtà, l’articolo indeterminativo. È sempre il sogno, il tuo: quel che vuoi diventare, il pezzo di mondo che vuoi esplorare, e non sarà mai bizzarro abbastanza se ti impegni nei giorni, negli anni, anche se nessuno ci è riuscito prima di te.
Samantha Cristoforetti è stata più forte, più creativa, più lungimirante della società in cui è nata. Ci ha dimostrato che possiamo esserlo tutti, e tutte. «Per me non c’è differenza tra maschi e femmine» aveva dichiarato nel 2009, molto prima di partire e di battere ogni record. «L’unica differenza è tra chi è competente e chi, invece, non lo è». Adesso che è tornata con i piedi per Terra, che ha portato a compimento la sua missione, ha dato anche un colpo mortale a tanti vecchi sogni usurati per l’universo femminile. Non ho mai creduto nelle astrazioni, anzi: è il particolare di una donna nell’universo che cambia le cose. E noi ne eravamo assetati, di nuovi Esempi. Di nuovi sogni. Come fai a crescere, altrimenti? Come fai a credere che sia possibile, se nessuno con le sue mani, con il suo sorriso, te lo insegna?

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