venerdì 19 febbraio 2016

«Le famiglie arcobaleno ci sono già Mancano solo le tutele per i figli» di Elena Tebano

Il presidente del Tribunale dei minori di Bologna Giuseppe Spadaro: per la legge italiana i gay hanno piena capacità genitoriale, non riconoscere il partner è un vulnus per la prole
«Le persone lesbiche e gay hanno sempre cresciuto bambini, il punto è se anche in Italia questi bambini possono essere allevati ed educati con le tutele garantite a tutti gli altri figli, senza discriminazioni». Il giudice Giuseppe Spadaro, 52 anni, presiede il Tribunale dei minorenni di Bologna (è stato il più giovane nominato per una simile carica in Italia), lo stesso che nel 2013 ha confermato l’affido di una bimba a una coppia di uomini gay disposto un anno prima dal giudice di Parma. Da magistrato che si occupa di minori ha un punto di vista privilegiato sulle sfide che l’evoluzione della società pone al diritto: «Si tratta di prendere coscienza che non esiste più la famiglia, bensì le famiglie — spiega —. E tutte per essere tali devono fondarsi sul cosiddetto principio di attaccamento, ossia cura, accoglienza, regole, ascolto, comprensione: in una sola parola sull’amore».
Nel dibattito in corso sull’adozione cogenitoriale (o stepchild adoption) si dà spesso per scontato che il riconoscimento dei genitori gay in Italia sia una novità assoluta: è davvero così?
«No, anche in Italia, pur in assenza di una legislazione specifica, la genitorialità delle persone omosessuali ha uno statuto giuridico articolato: ad un genitore omosessuale, single o in coppia, è già riconosciuta piena capacità genitoriale al pari di una persona o coppia eterosessuale. Ma anche se la famiglia formata da persone dello stesso sesso è considerata idonea ad allevare un minore si trova in una situazione peculiare. In Italia infatti le coppie dello stesso sesso — che si recano all’estero per far ricorso alla procreazione medicalmente assistita — vedono riconosciuto solo il genitore biologico, mentre l’altro genitore è tale nei fatti ma non per la legge, anche quando all’estero non è cosi».
Cosa distingue i genitori gay da quelli etero?
«Al momento, l’unica diversità reale è che le famiglie con genitori omosessuali non vedono ancora tutelati i loro diritti fondamentali: ma ciò che preoccupa maggiormente è che non lo siano i diritti dei minori. Bambini che, lo si voglia o no, esistono, ci sono, sono sempre esistiti. Ed è questo che spesso non viene compreso: non si tratta di riconoscere o meno il diritto all’adozione di un gay o di una lesbica bensì di ribaltare l’angolo prospettico e di garantire il diritto al figlio di un componente di questa famiglia ad essere adottato dall’altro componente della stessa, cioè da chi (a prescindere dall’orientamento sessuale) lo ha cresciuto e amato. In altre parole, la condizione dei genitori non può riversarsi sul minore e privarlo di quel legame di filiazione che si è validamente costituito».
Significa che negare la stepchild adopton sarebbe un danno per i bambini, prima che per la coppia?
«Sì. È un vulnus innanzitutto per la prole, alla quale non viene garantito il diritto ad avere giuridicamente due genitori. Il rischio è che i bambini così – in caso di perdita del genitore biologico – si ritrovino anche in condizione di adottabilità o, addirittura, con uno status filiationis diverso da Stato a Stato».
Gli oppositori delle adozioni gay sostengono che un bambino ha bisogno di un padre e di una madre.
«Ciò che mi appare essenziale, in qualunque adozione, è accertare come un individuo ha reagito alle discriminazioni e ai cambiamenti che hanno toccato la sua di vita (ad esempio lutti, nuovi lavori, separazioni); ossia investigare le competenze interne di quella persona. Credo che un bimbo per crescere “sicuro”, come dice un’ampia fetta di letteratura psicologica, debba “respirare vita” con qualcuno accanto in grado di dirgli, con il silenzio e i comportamenti ,”non temere”. Quello di cui i bambini hanno bisogno è un amore maturo e responsabile da parte di genitori che, a prescindere dal sesso, sappiano prendersi cura delle loro necessità aiutandoli a crescere, ponendo loro dei giusti limiti».
Le coppie dello stesso sesso, però, “rompono” il principio biologico della filiazione: qualcuno sostiene che ciò le renda meno famiglie. È d’accordo?
«Sia la legge che la società separano sempre più spesso la relazione genitoriale dal solo vincolo biologico. C’è una genitorialità genetica, una gestazionale (come avviene per le madri che ricorrono alla donazione degli ovuli), e infine una genitorialità sociale e psicologica; è quest’ultimo il caso in cui il bambino percepisce il ruolo genitoriale svolto dall’adulto indipendentemente dal vincolo biologico. La genitorialità sociale ricomprende anche i genitori adottivi omosessuali e il partner omosessuale del genitore biologico, una condizione che ha ricevuto tutela legislativa già in molte giurisdizioni»
Tra le critiche alla stepchild adoption c’è che aprirebbe alla maternità surrogata: è vero?
«La legislazione italiana è molto chiara nel non consentire la maternità surrogata e non credo che il riconoscimento giuridico della stepchild possa influire in modo determinante sulle eventuali scelte procreative di coppie omosessuali».
Sul fronte opposto invece c’è chi sostiene che la stepchild adoption del testo Cirinnà sia troppo debole rispetto ai corrispettivi europei: prevede il vaglio di un giudice, non permette di acquisire nonni e zii e neppure i fratelli se sono nati dal genitore non biologico. Cosa ne pensa?
«La cosa più importante è che si riempia un vuoto legislativo inaccettabile. Sicuramente le limitazioni previste dal testo pongono l’accento sul ruolo della giurisdizione e così andrà ad innescarsi il solito meccanismo perverso di supplenza della giurisdizione alle carenze legislative».
Il Tribunale per i minorenni di Bologna che lei presiede ha confermato l’affido di una bimba a una coppia di uomini: in base a quali principi?
«Il nostro punto di partenza è stato che una coppia omosessuale stabilmente convivente può essere considerata famiglia idonea a candidarsi come affidataria: non vi è alcuna ragione – se non il pregiudizio – per ritenere che un ambiente familiare omosessuale possa essere pregiudizievole del sereno sviluppo di un bambino. Il criterio di valutazione non può che essere, com’è stato, quello dell’interesse del minore».
Il Parlamento, nel varare la legge che permette di trasformare gli affidi in adozioni, è andato in direzione contraria e ha escluso da questa possibilità single e coppie dello stesso sesso…
«La legge, che risale a ottobre, riconosce intanto un importante principio, ovvero il diritto alla continuità dei rapporti affettivi dei minori in affido familiare. L’articolo 4 in particolare introduce la possibilità di adozione del minore (nel caso che il bambino sia orfano di entrambi i genitori) anche da parte di chi, pur non essendo legato da parentela, abbia maturato una relazione continuativa con lui in un prolungato periodo di affidamento. Ne emerge l’idea di un legame di affetto e cura nei confronti di un figlio non necessariamente pensato come possesso esclusivo, ma aperto a forme di plurigenitorialità. Cioè che la responsabilità genitoriale può essere esercitata anche da figure diverse dal genitore naturale o adottivo».
http://27esimaora.corriere.it/articolo/le-famiglie-arcobaleno-ci-sono-giamancano-solo-le-tutele-per-i-figli/

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