Ai suoi studi antropologici si devono le analisi più coraggiose
e anticonformiste su sessualità religione, sui significati che alla donna sono stati assegnati dalla teologia e dalla fantasia maschile.
Per evitare che sia ricordata solo per le sue prese di posizione contro l’unificazione europea, riporto alcune sua riflessioni tratte dai libri che più raramente vengono citati e che hanno avuto tanta parte nel mio percorso all’interno del femminismo italiano.
(da “La Madonna. Dalla Donna alla statua”, Rizzoli 1987)
“Uno dei punti di connessione fra immagine ideale e immagine della Madonna è ben visibile nel tema della “madre” (…) Perciò è attraverso la figura della madre che si cerca di far parlare il bambino, di dargli significato: la sua fragilità, la su mancanza di consapevolezza, il suo abbandono vengono trasmessi attraverso l’atteggiamento della madre. Questa, dunque, non parla di sé, ma della funzione di madre, così come la vogliono gli uomini: ‘essere per’ il bambino. La “madre” non è persona, non è individuabile se non come prototipo idealizzato, come la vede l’uomo, tutta protesa su di lui, in una fisicità sublimata che nulla possiede della pesantezza della maternità. (…) E’ il “corpo” immaginario della teologia quello che l’arte rappresenta, un corpo che ha partorito senza coito, senza doglie, senza sangue né feci.”
(da “La sessualità maschile”, Arnoldo Mondadori Editore 1989)
“Che fare allora delle donne? Saranno offerte dai maschi a Dio. Nasce la consacrazione delle vergini. Nasce il monachesimo. (…) Un processo lungo e quasi del tutto inconsapevole in cui l’opera della Chiesa è concentrata nello sforzo di appropriarsi del rito matrimoniale, sottraendolo alla società laica (…).
La sessualità, comunque, rimane per sempre il centro delle preoccupazioni dei cristiani: il discorso sul sesso diventa primario e non può, alla fine, non scontrarsi con la struttura fondamentale soggiacente che era rimasta fin dall’ebraismo sempre implicita, nascosta: l’omosessualità.”
(da “Sulla dignità della donna. La violenza sulle donne, il pensiero di Wojtyla”, Guanda 1993)
“Il corpo della donna, infatti, è l’ ‘oggetto’ per eccellenza in quanto è la moneta con la quale i maschi instaurano la comunicazione tra loro. Una moneta che costituisce la riserva aurea del gruppo che la possiede e che pertanto non deve mai andare perduta perché qualsiasi scambio in tal caso diventerebbe impossibile.
E’ il motivo per il quale lo stupro delle donne del nemico costituisce la verifica, concreta e simbolica, della propria vittoria.”
(da “Storia laica di donne religiose, Longanesi 1995)
“E’ questo il dramma che ha sempre accompagnato le donne nel cristianesimo e sotto il cristianesimo: “liberarsi”, assolutizzando la propria condizione di vittime, e spingendo le altre vittime loro affidate –bambini, poveri, malati, schiavi, ignoranti- ad accettare, ad abbracciare la propria condizione di vittime. Le donne hanno favorito, così, senza saperlo e senza volerlo, lo strutturarsi in un Potere sempre più forte delle gerarchie ecclesiastiche, visto che nulla favorisce i Potenti quanto l’atteggiamento di subordinazione e di sacrificio dei sudditi.” (…)
E’ vero che sono stati gli uomini-maschi, gli artisti, i poeti, a immaginare, a cantare, a teorizzare l’amore romantico, come del resto qualsiasi altra creazione culturale (almeno fino ad oggi); ma sono state (e sono) le donne a credervi in assoluto, vivendolo, concretizzandolo, consumando la vita nello sforzo di realizzarlo. L’innamoramento romantico è sempre desiderio, sogno, irrealizzato e irrealizzabile, perché nella “fusione” si annulla il Tu (…) Il “misticismo” nelle donne è questo: l’Amore romantico, la Passione assoluta, che trova la sua possibilità di realizzazione perfetta perché il Tu, l’Altro da amare è Dio, perché il Tu Dio non pone limiti, si piega ad essere quello che l’Amante vuole, in una unione che arriva ad essere fusione totale perché il corpo dell’Altro è fantasticato, immaginato, proiettato dal Soggetto che ama.”
Nessun commento:
Posta un commento