giovedì 15 ottobre 2015

Il maschilismo in politica, dal dopoguerra a oggi di Greta Sclaunich

Il gesto della fellatio di D’Anna e Barani solo l’ultimo di una lunghissima serie di episodi simili, ripercorsi nel saggio «Stai zitta e va’ in cucina» di Filippo Maria Battaglia
Le critiche al vestito blu elettrico di Maria Elena Boschi durante il giuramento al Quirinale? Niente di nuovo: il primo «scandalo» in materia di abiti femminili e politica risale al 1947, quando Maria Romana De Gasperi osa indossare i pantaloni per accompagnare il padre, all’epoca premier, in un viaggio diplomatico negli Usa. Così come le critiche a Rosy Bindi, secondo Silvio Berlusconi «più bella che intelligente» hanno radici lontane, in quel «Teré tu sei bella come un fiore di Rafflesia» (strano fiore che pesa 7 kg, ha il diametro di un metro e mezzo e puzza di carne putrefatta) con cui viene apostrofata, sempre nel 1947, la parlamentare Teresa Noce. E poi c’è quel paterno consiglio, sempre di Berlusconi, alla precaria («Le consiglio di cercare di sposare il figlio di Berlusconi o qualcun altro del genere») che ricorda tanto il «la moglie fa la moglie e basta» scagliato dal senatore repubblicano Giovanni Conti, nel 1952.
Ricordate quando l’onorevole Cosimo Mele venne beccato con una escort e ci fu chi lo difese dicendo che un uomo aveva le sue esigenze e che era un problema di solitudine e di lontananza dalla famiglia? Successe anche nel 1947 quando, durante un viaggio organizzato dalla Cgil a Mosca, gli uomini della delegazione si riunirono perché dopo otto giorni di assenza dall’Italia sentivano la necessità di avere rapporti sessuali ma non sapevano a chi rivolgersi.
Il maschilismo in politica, in Italia, ha radici lontane. Nel suo saggio Stai zitta e va’ in cucina – breve storia del maschilismo in politica da Togliatti a Grillo (ed. Bollati Boringhieri, in libreria da giovedì 8 ottobre) il giornalista Filippo Maria Battaglia ne ripercorre le tappe e analizza le tendenze. Scoprendo che, dal primo dopoguerra ad oggi, ben poco è cambiato.
«Abbiamo in mente sempre i soliti episodi, ma oltre a Bossi e Berlusconi ce ne sono mille altri. Perché in fondo a livello culturale siamo stretti tra il moralismo di una certa concezione del cattolicesimo e tendenze molto simili del post-comunismo: la donna è vista o come madre o come essere diabolico. E questo si riflette anche in politica», spiega Battaglia. Questo spiega la ragioni di certe uscite, mascherate da battute e boutade. Se sono ancora oggi in voga è perché «l’opinione pubblica, da noi, ha la memoria corta. Tende a dimenticare e a perdonare: per il gesto della fellatio Vincenzo D’Anna e Lucio Barani sono stati sospesi per soli cinque giorni». Una situazione che potrebbe cambiare, però. Nel saggio Battaglia cita le alte percentuali di donne dei governi Letta e Renzi, rispettivamente del 31,82% e del 47,06% contro una media europea del 28%. Numeri che però crollano quando si guarda la presenza femminile tra capigruppo, presidenti di commissioni e uffici di presidenza: qui le donne sono solo il 16%. E poi c’è la politica locale, dove tra enti centrali e periferici le donne ricoprono solo il 19,73% degli incarichi istituzionali. Percentuale che scende ancora se si esaminano nel dettaglio Comuni e Regioni, dove le donne sono circa il 10%. Insomma, «un primo passo è stato fatto ma resta ancora molta strada da percorrere», analizza Battaglia. Iniziando, per cominciare, a parlarne: «Ci sono tanti politici non maschilisti: devono iniziare a dissociarsi in modo netto dalle prese di posizione dei loro colleghi. Anche il silenzio è un errore quanto la più greve delle battute».

 Il libro Stai zitta e va’ in cucina sarà presentato il 14 ottobre a Milano alla libreria Open (via Monte Nero 6, ore 18) con l’introduzione di Paolo Volterra e l’intervento di Lella Costa.

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