venerdì 30 ottobre 2015

Amo le donne feroci. Intervista a Erica Jong di Bia Sarasini

Cosa succede quando la paura di volare si trasforma nella paura di morire? Nessuno può rispondere meglio di Erica Jong, famosa da quando quarantatré anni fa fu pubblicato “Paura di volare”, il libro che ha raccontato in maniera indimenticabile cosa è stata la liberazione sessuale per le donne. Nel suo nuovo testo “Donna felicemente sposata cerca uomo felicemente sposato” (Bompiani, 277 pagine, 18,50 euro), la protagonista, che ha sicuramente più di cinquanta anni, ma non si sa quanto di più, incontra la protagonista di quel primo libro, Isadora Wing, e la interpella per alcune questioni non proprio secondarie. La morte, la malattia, l’invecchiare. La rabbia che ne viene. Sono le domande che abbiamo rivolto a lei, Erica, che in questi giorni è in Italia per presentarlo. Ironica, scoppiettante e combattiva, come sempre. Come le protagoniste dei suoi romanzi, che non si arrendono, che amano gli uomini, ma non per questo sono sottomesse.

Pensa che sia cambiato il modo di vivere l’amore, negli anni che ci separano dal suo primo libro?


«Non credo che l’amore cambi. Certo lo sparano i titoli delle riviste, che vogliono convincerci a tutti i costi, ma non è così. Come  sempre è molto difficile trovare una persona che ti capisce e che tu possa capire. Penso che la vita moderna sia folle nel decantare sempre il nuovo. Lo shampoo, la pasta, il vestito possono essere nuovi. Non i sentimenti. In realtà cerchiamo eternamente le stesse cose. Vogliamo legami. Vogliamo persone che ci fanno ridere. Come lo volevano i nonni, i genitori, o le sorelle, di loro lo so per certo, o mia figlia.


La vita delle donne però è cambiata. Anche grazie ai suoi libri


«Lo spero. Sono sempre molto felice quando mi viene detto. Mi riempie di gioia pensare di avere contribuito a rendere migliore la vita di tutte. Credo che Isadora possa aiutare le donne a parlare con sincerità dei propri sentimenti più profondi, a pretendere l’onestà dai partner e a esserlo altrettanto. Anche a essere abbastanza libere per potere parlare francamente, e cercare un lavoro di proprio gradimento.


E il mondo, quanto è cambiato?


«Non abbastanza.  Perché non è cambiato abbastanza per tutte le donne. Ancora troppe sono maltrattate, non hanno  accesso alla contraccezione, non posso vivere il loro piacere liberamente. Ho sentito raccontare di recente dello stupro di bambine molto piccole. Terribile»


Perché ha scelto di intitolare questo nuovo romanzo “Paura di morire”, questo il titolo della versione inglese?


«È stato il titolo che mi ha scelto, come il libro. Io penso sempre che sono i libri a scrivere me. Scrivo quello che sento di dover scrivere. Per finire questo c’è stata una gestazione molto lunga. La vita mi ha interrotto in continuazione. I miei genitori invecchiavano. Il mio cane è morto. Mia figlia ha avuto tre figli. Mio marito è quasi morto. È stato molto duro. Ero impegnata. Tutto il tempo cercavo di continuare a scrivere. Devi anche vivere».


Una delle cose tipiche dei suoi romanzi è che lei non parla solo alle donne. Gli uomini le piacciono molto. Cosa direbbe oggi ai suoi lettori?


«Non sei il tuo pene. Ci pensano troppo, davvero. Giuro. Ho molti amici gay. Ho cercato di capire, ho chiesto. E anche loro mi hanno detto: scherzi, non pensiamo ad altro. Non c’è speranza»


E alle lettrici, cosa le sembra importante dire oggi ?


«Tu sei molto di più di quello che pensi. Molto più appassionata. E feroce. Credo nelle donne feroci. Per esempio perché piacciono tanto figure come Cleopatra? Perché sono feroci, determinate, dalla forte sessualità. Lei voleva tutto, potere, uomini, figli. E questo ci affascina, anche adesso».


Anche in questo libro il sesso non manca. SI apre con la protagonista che cerca incontri in un’agenzia che ha il nome dell’invenzione di Isadora, zipless, senza cerniera, cioè il sesso libero, senza costrizioni.


«Scherzo sul sesso. Non c’è niente di meglio»


Ci sono battute memorabili. Per esempio quando la non più giovanissima protagonista dice “Non credevo che avrei più visto un’erezione”.


«È buffo, nessuno lo dice ad alta voce, ma è vero. Se ne parla tra amiche. Il senso dell’umorismo ti consente di dire ciò che è proibito. Ridi della morte. Che altro possiamo fare che non riderci sopra?».


.Pubblicato sul Secolo XIX il 20 0tt0bre 2015


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