martedì 5 maggio 2015

Ue e disuguaglianza di genere: a madri più contratti part-time che ai padri

Un report del Parlamento europeo denuncia che contratti non a tempo pieno sono offerti al 38% delle donne con figli, contro il 5% degli uomini
Bruxelles – Non tutte le donne sono uguali. Le madri costrette spostarsi o le madri single “sono a rischio povertà”, denuncia uno studio realizzato per la commissione Diritti delle donne del Parlamento europeo. Il report analizza i vari aspetti della crisi sulla popolazione femminile dell’Ue, per giungere ad una conclusione purtroppo già nota: in Europa c’è ancora troppa disuguaglianza di genere, e questo amplifica gli effetti della crisi per le fasce di popolazione più esposte, come quella femminile. Dallo studio – di circa cento pagine – emerge che un problema diffuso è quello del lavoro part-time, sempre più in voga un po’ in tutto il territorio dell’Ue, e che colpisce soprattutto le mamme. Complessivamente in Europa (presa a 27, senza i dati per la Croazia), contratti lavorativi part-time sono offerti al 38% delle donne con figli, contro il 5% degli uomini anche loro padri. Ma ci sono casi che vedono le madri schiacciate da una logica che le vuole a casa ad allevare i figli. Il contratto part-time è la regola nei Paesi Bassi (84% delle madri), in Germania (74%) e Austria (61%), mentre è quasi una regola in Belgio (50%) e Lussemburgo (50%). Un problema, dato che “il lavoro part-time non è sufficiente per le madri a rimanere al di fuori della povertà”, recita lo studio. In sostanza, spesso in una famiglia tutto regge sullo stipendio dell’uomo. In caso di separazione la donna si ritrova quindi sprovvista di sostegno economico, e ciò si ripercuote inevitabilmente sulla prole, visto che “in molti Paesi i bambini poveri vivono con le madri single”. Eclatante il caso svedese, dove il 70% dei bambini a carico della madre single vive in povertà.
Nel complesso il 34% delle madri single di tutta l’Ue sono a rischio a povertà, con picchi anche oltre il 50% in Grecia (57%) e il Lussemburgo (51%). Un tasso che tocca il 41% in Italia, il 42% in Lettonia, il 43% in Germania, il 46% in Lituania e il 47% a Malta. Sorprendono i dati della Svezia (35%), che dimostrano come i Paesi nordici – presi molto spesso a modello di sistemi sociali ed economici funzionanti – vivono situazioni di difficoltà. Sono in Danimarca (20%) si ha un rischio contenuto di povertà per le madri single.
Non diversa la sorte che rischia di toccare le donne single con figli a carico che lasciano i rispettivi Paesi. Ad essere a rischio povertà in Europa è il 33% delle “madri migranti”, come le definisce il rapporto. Tassi più elevati riguardano le madri con figli che lasciano Grecia (52%), Spagna (47%), Belgio (39%), Lussemburgo (35%) e Francia (35%). L’Italia è poco sotto la media europea (31%). Per le donne madri la vita rischia dunque di essere un incubo completo: morse dalla crisi a casa propria, e con il rischio di non trovare alternative migliori altrove. Il rischio di povertà, per loro, si traduce nell’esclusione sociale in termini di accesso al trasporto pubblico, assistenza sanitaria di base e alloggio decente.
La conclusione dello studio è sempre la stessa: nell’Unione europea di oggi la parità uomo-donna è un miraggio. “Per garantire che l’economia funzioni per le donne come per gli uomini, l’integrazione della dimensione di genere deve essere applicato a tutte le politiche dell’Ue”.


Nessun commento: