SAN FRANCISCO — C’è la donna d’affari in tailleur, occhiali e ventiquattr’ore. C’è la madre, che con un sorriso versa il latte sui cereali della colazione dei bambini. C’è la multitasker: laptop in grembo e pargolo tra le braccia. Immagini familiari a chiunque abbia mai visto una pubblicità o sfogliato una rivista che mostrano famiglie e donne che lavorano. E poiché perpetuano stereotipi ormai antiquati, la loro onnipresenza nuoce alle donne e alle ragazze. Ad affermarlo è Sheryl Sandberg, la dirigente di Facebook che si batte affinché le donne raggiungano ruoli di responsabilità sul posto di lavoro.
Per porre rimedio, LeanIn. org, l’organizzazione no profit di Sandberg, ha annunciato un’iniziativa in collaborazione con Getty Images, uno dei principali fornitori di immagini generiche. Il progetto mira alla creazione di una speciale collezione di immagini che, spiega Sandberg, valorizzino maggiormente donne e famiglie. «Le immagini che spesso capita di vedere si ispirano a quegli stereotipi che cerchiamo di superare», dice Sandberg. «Non si può diventare ciò che non ci viene mostrato».
La nuova collezione di foto mostra donne nel ruolo di chirurgi, pittrici, fornaie, soldatesse e cacciatrici. Le immagini raffigurano ragazze intente ad andare sullo skateboard, donne che sollevano pesi e padri che cambiano i pannolini. Ma anche donne in ufficio, con acconciature e abiti di stile contemporaneo e un tablet o uno smartphone tra le mani. Un bella differenza rispetto alle tradizionali foto di repertorio degli Anni ‘80, dove le donne apparivano in abiti di taglio maschile.
La collaborazione tra LeanIn. org e Getty coincide con un rinnovato interesse verso il ruolo delle donne e del lavoro, alimentato in parte dal libro di Sandberg
Lean In: Women, Work and the Will to Leade dalla possibile candidatura di Hillary Rodham Clinton alla presidenza Usa. Il messaggio alla base dell’iniziativa potrebbe raggiungere un vasto settore della società, dal momento che sono ben 2,4 milioni i clienti di Getty che attingono al suo archivio di 150 milioni di immagini. Delle nuove immagini vi è certamente bisogno, se si pensa che i termini più ricercati nel database Getty sono «donne», «affari» e «famiglia».
«Uno dei sistemi più rapidi per indurre le persone a cambiare opinione riguardo a qualcosa, è quello di modificare il modo in cui questa viene presentata», dichiara Cindy Gallop, fondatrice della succursale Usa dell’agenzia pubblicitaria Bartle Bogle Hegarty. «Il fatto è queste immagini agiscono a livello inconscio e rafforzano l’idea che già abbiamo delle persone».
Getty e Lean In hanno scelto 2500 immagini (un quarto delle quali non facevano parte degli archivi dell’agenzia) e prevedono aggiungerne di nuove. L’iniziativa assume un’importanza particolare di questi tempi, afferma Jonathan Klein, co-fondatore e ad di Getty, dato che smartphone e applicazioni come Pinterest e Instagram hanno aumentato la comunicazione visiva. «Questa generazione comunica per immagini, e il modo in cui le persone sono rappresentate visivamente influisce più di ogni altra cosa sul modo in cui vengono viste e percepite».
«Qui, a Facebook», afferma Sandberg, «penso a quale sia il ruolo del marketing in tutto ciò, perché il marketing riflette i nostri stereotipi e al tempo stesso li rafforza. Vogliamo incoraggiare il sessismo o combatterlo?».
(© 2014 New York Times News Service Traduzione di Marzia Porta)
La
Repubblica28 maggio 2014 – Chiara SaracenoLe
famiglie i n cui è presente un solo genitore sono oggi il 15, 3 per
cento di tutte le famiglie, con una tendenza all’aumento. In
particolare sono aumentate quelle in cui l’unico genitore presente
non è vedovo; quindi il genitore mancante è tale non per morte, ma
per interruzione, o mancata attivazione, della convivenza. Per lo più
ciò avviene a seguito di una separazione coniugale, ma sempre piú
spesso anche per interruzione di una convivenza senza matrimonio,
nella misura in cui tra le coppie che convivono senza sposarsi, un
fenomeno in crescita, sono in aumento quelle che hanno figli. Nel 90
per cento dei casi, l’unico genitore presente nella famiglia
anagrafica è la madre. In realtà, occorrerebbe distinguere,
soprattutto dal punto di vista dei figli, tra famiglie effettivamente
monogenitore perché l’altro non c’è, è morto o solo sparito,
assente per scelta, indifferenza, incapacità di gestire una
genitorialità distinta dal rapporto di coppia, e famiglie che sono
tali anagraficamente, ma l’altro genitore è presente attivamente
nella vita dei figli, corresponsabile del loro benessere in vari modi
e intensità.Dal
2006 in Italia il modello normativo prevalente di affido dei figli
minori prevede anche formalmente il mantenimento della
cogenitorialitá tramite l’istituto dell’affido condiviso, che
distingue tra univocitá della residenza e, appunto, condivisione
tendenzialmente paritetica di responsabilità, presenza, tempo. Oggi
oltre l’80 per cento degli affidi è formalmente condiviso.È
un modello di cogenitorialitá che richiede senza dubbio maturità,
fiducia, rispetto reciproco, flessibilità organizzativa tra gli ex
partner ed anche un minimo di disponibilità economiche per far
fronte alla necessità di due abitazioni capaci di accogliere i figli
che transitano da una all’altra. La pratica non sempre vi
corrisponde, non solo per mancanza di risorse economiche, lasciando
un solo genitore, per lo più la madre, con il carico maggiore di
responsabilitá. Inoltre la norma può essere utilizzata dai genitori
separati come strumento non per cooperare, ma per continuare il
conflitto tra loro. Così come può avvenire ancora oggi che una
minoranza di padri separati (si stima attorno al 15-20 per cento) si
estranei progressivamente dai figli sia dal punto di vista della
responsabilità economica sia da quello relazionale e affettivo.Sono
queste le situazioni più difficili, per i figli ed anche per le
madri. Lo svantaggio che sperimentano, come tutte le donne con figli,
a conciliare famiglia e lavoro mentre, a parità di competenze, sono
spesso pagate meno ed hanno meno opportunità di carriera degli
uomini, sono aggravate dal fatto che il loro reddito è spesso
l’unico, o principale, per loro e i loro figli, mentre non possono
condividere neppure in piccola parte i compiti di cura con l’altro
genitore. Per questo, in Italia come in altri paesi, le famiglie in
cui l’unico genitore presente è la madre sono più a rischio di
povertà sia delle famiglie bigenitore, sia delle famiglie in cui è
presente solo il padre. A differenza che in altri paesi, tuttavia,
c’è poca attenzione per questa particolare vulnerabilità, anche
perché c’è poca attenzione in generale alla questione della
conciliazione tra responsabilità famigliari e lavorative. Anzi, le
poche misure esistenti sia sul piano dei servizi pubblici (servizi
per l’infanzia, tempo pieno scolastico), sia sul piano del welfare
aziendale, sono le prime ad essere state tagliate in tempi di crisi.
Rimane il welfare famigliare procurato dai nonni, che offrono a
queste famiglie cura, ospitalità, sostegno economico in misura
ancora maggiore di quanto non facciano nei confronti delle famiglie
bigenitore. Per altro, i nonni sono anche la risorsa di ultima
istanza per quei padri separati che non possono permettersi
un’abitazione in cui poter accogliere i figli quando è il loro
turno, fare loro spazio, perché si sentano a casa. Ma non tutti
possono, o desiderano, contare esclusivamente su un welfare
famigliare che li riconduce ad uno status di figlie/i dipendenti
quando dovrebbero imparare a fare i genitori, se non da soli, senza
il sostegno affettivo del rapporto di coppia con l’altro genitore.
Donne&Lavoro: 10
cose che si possono fare
1. Stipendi più alti
per le donne. Si possono ridurre le aliquote dell’Irpef oppure si
possono aumentare i crediti di imposta per le donne che lavorano.
2. Meno oneri sociali
per le imprese che assumono donne (le valutazioni sugli incentivi
introdotti al Sud nel 2008 sono positive).
3. Crediti agevolati e
più sostegni alle donne che vogliono creare nuove imprese (anche
piccole).
Mettere d’accordo
privato e ufficio
4. Orari e
organizzazione del lavoro più flessibili. Diritto a passare al
lavoro part time per dodici mesi dopo la nascita di un figlio, come
in Olanda e nei Paesi nordici.
5. Congedo di paternità
retribuito. Un giorno non basta, bisogna arrivare almeno a tre e
introdurre incentivi per le imprese che arrivano a cinque
6. Aumentare gli
importi dei congedi parentali. Oggi chi sta a casa per accudire il
figlio perde il 70% dello stipendio: troppo.
7. Più asili nido.
Almeno centomila posti in più in cinque anni. Bisogna anche
abbassare le rette (altrimenti se ne va gran parte della busta paga).
Promuovere le pari
opportunità
8. Varare una «Legge
sull’eguaglianza di genere» che renda più stringenti i divieti di
discriminazione contro le donne sul lavoro e incentivi
amministrazioni pubbliche e imprese private ad accrescere la quota di
personale femminile, soprattutto nelle posizioni dirigenziali.
9. Creare una
«Accademia nazionale per i talenti femminili». Premi, borse di
studio, corsi di formazione per le studentesse più brave delle
scuole secondarie e dell’università.
10. Parità di genere
nelle liste elettorali. Il pensiero liberale riconosce i trattamenti
preferenziali (per periodi limitati) per scardinare situazioni di
vantaggio sistematiche.
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