lunedì 9 giugno 2014

Fare un figlio ora è una sfida di Chiara Saraceno /Un paese senza più culle con 6 milioni di disoccupati così la crisi cambia l'Italia /Ricchi sempre più ricchi Crolla il reddito familiare di Marco Ventimiglia


Fare un figlio ora è una sfida di Chiara Saraceno

NON riprende l'economia, non riprendono le nascite. La difficoltà a riprodurre il capitale umano del nostro paese, nonostante il contributo degli immigrati, è la conseguenza dell'impossibilità a dar corso al desiderio di maternità e paternità sperimentata ormai da molti giovani italiani
. L'incertezza sul fronte dell'occupazione costringe a rimandare l'uscita dalla famiglia e i progetti per il futuro.
 C'è anche la consapevolezza che un figlio in più può mettere a rischio economie famigliari fragili. 
Per le donne, poi, ci sono due vincoli in più: il rischio di non vedersi rinnovare un contratto dopo una maternità e le difficoltà di conciliare cura dei figli e lavoro in un paese dove i servizi per l'infanzia sono insufficienti e costosi, le scuole a tempo pieno in via di riduzione e i calendari scolastici ignari dei problemi di organizzazione famigliare. L'insieme di queste difficoltà è forte nel Mezzogiorno, che ha oggi il primato dell'area territoriale non solo più povera e a più bassa occupazione femminile e a più alta presenza di NEET, ma anche a più bassa fecondità.
 A conferma che non è l'occupazione femminile a comprimere le nascite, ma al contrario la mancanza di occupazione e di possibilità di conciliarla i figli. 

 
Un paese senza più culle con 6 milioni di disoccupati così la crisi cambia l'Italia

ROMA . Niente lavoro, niente figli: la crisi ha trasformato l'Italia nel paese dei trentenni a spasso e delle culle vuote. Si vive più a lungo, ma con sempre meno bambini in famiglia: negli ultimi cinque anni ci sono state 64 mila nascite in meno e il 2013 ha segnato un nuovo record negativo, i bambini registrati all'anagrafe sono stati solo 515 mila, ancor peggio del già desolato minimo storico del 1995 (527 mila nascite).
 A cinquant'anni esatti dal picco massimo (il milione e 35 mila della classe 1964) la natalità si è dimezzata. Dunque siamo fermi, la recessione è finita, ma non ce ne siamo accorti: ce lo dicono i dati dell'ultimo Rapporto annuale Istat. Numeri che mettono assieme calo demografico e disoccupazione giovanile e che spiegano come, a lungo andare, non c'è rete familiare che tenga: se le nuove generazioni non raggiungono l'indipendenza economica il paese va in stallo.
 In Italia, infatti ci sono 6,3 milioni di persone senza lavoro e la povertà avanza, soprattutto al Sud e nelle famiglie più giovani. Ma la generazione degli under 35, quella che oggi dovrebbe pensare a far bambini è particolarmente sotto tiro: il rischio di diventare povero è tre volte più alto della media. Fra di loro, nel periodo 2008-2013 oltre 1,8 milioni di persone ha perso il posto di lavoro. A trainare l'economia familiare spesso restano solo i nonni: negli anni della crisi il potere d'acquisto medio è sceso del 10,4 per cento. Gli unici ad aver mantenuto stabile il livello di vita, al di là dei bassi assegni, sono stati proprio i pensionati, che hanno potuto contare su entrate stabili. Per il 2014, in termini di Pil, ci sono segnali di «moderata» ripresa, fa notare l'Istat, «ma il Paese dovrà valutare correttamente i punti di forza e di debolezza». 

 

Ricchi sempre più ricchi Crolla il reddito familiare
di Marco Ventimiglia Milano

I numeri hanno varie proprietà, compresa quella di tradurre in una lampante evidenza situazioni che in realtà sono sotto gli occhi di tutti nella vita di ogni giorno. Capita così che il rapporto sullo stato delle famiglie italiane diffuso ieri da Bankitalia proponga all'attenzione con statistica crudezza un fenomeno in atto da anni nel nostro Paese, ovvero l'impoverirsi delle famiglie italiane e il contemporaneo concentrarsi della ricchezza nelle mani di una percentuale sempre più minoritaria di soggetti. MENO DI 640 EURO Innanzitutto va sottolineato che lo studio di Via Nazionale è relativo al periodo più cruento della crisi economica, poiché ad essere preso in considerazione è il triennio 2010-2012. Una fase nella quale le condizioni economiche dei nuclei familiari sono peggiorate, senza se e senza ma. In particolare, il reddito familiare medio è calato in termini nominali del 7,3 per cento, mentre quello equivalente è sceso del 6%. A questa sequenza di segni meno corrisponde inesorabilmente una serie di variazioni positive relative alla povertà, che in termini generali risulta salita dal 14% del 2010 fino al 16% nel 2012. Va ricordato che la Banca d'Italia individua la soglia di povertà in un reddito di 7.678 euro netti all'anno, che diventano 15.300 nel caso di una famiglia composta da 3 persone (esempio classico quello di un figlio a carico). Dunque, un italiano su sei vive ormai con meno di 640 euro al mese. Nel contempo, come detto, cresce la disuguaglianza sociale. Via Nazionale, infatti, ci informa nel suo rapporto che il 10% delle famiglie più ricche possedeva nel 2012 il 46,6% delle ricchezza netta familiare totale, una percentuale che invece era del 45,7% due anni prima. Dall'indagine emerge inoltre che il 10% delle famiglie con il reddito più basso percepisce il 2,4% del totale dei redditi prodotti; di contro, il 10% di quelle con redditi più elevati percepisce una quota del reddito pari al 26,3%. Ed ancora, la quota di famiglie con ricchezza negativa è aumentata fino al 4,1% dal 2,8% del 2010, mentre la concentrazione della ricchezza, è fissata al 64 per cento, in netto aumento rispetto al passato (era il 62,3% nel 2010 e il 60,7 nel 2008). Il 10% delle famiglie a più alto reddito percepisce più di 55mila euro all'anno. E se la quota di famiglie indebitate è leggermente diminuita rispetto al 2010, il 26,1% ha almeno un debito per un ammontare medio di 51.175 euro (nel 2010 erano il 27,7% per un ammontare medio di 43.792 euro). Debiti che nella maggior parte dei casi sono costituiti da mutui per l'acquisto e per la ristrutturazione di immobili. L'indagine biennale della Banca d'Italia fotografa un'Italia che nel 2012 è divenuta sempre più anziana ed in cui sono aumentati i nuclei composti da una sola persona (28,3% contro il 24,9% del 2010) e diminuite le coppie con figli. Il reddito familiare annuo, al netto delle imposte sul reddito e dei contributi sociali, risulta in media pari a 30.338 euro, circa 2.500 euro al mese. Ma il 20% delle famiglie ha un reddito netto annuale inferiore a 14.457 euro (circa 1.200 euro al mese) mentre la metà ha un reddito sotto i 24.590 euro (circa 2.000 euro al mese). Nel dettaglio, il reddito familiare si compone per il 40% di reddito da lavoro dipendente, per poco più di un quarto (27,5%) di reddito da trasferimenti (pensioni, cig), per circa l'11% di reddito da lavoro autonomo e per il restante 22% di reddito capitale (affitti, rendite finanziarie). Un aspetto interessante dell'indagine è relativo al cosiddetto reddito equivalente, ovvero il reddito di cui ciascun individuo dovrebbe disporre se vivesse da solo per raggiungere lo stesso tenore di vita che ha nella famiglia in cui vive. Ebbene, nel 2012 questo risulta in media pari a circa 17.800 euro (1.500 euro al mese). Però si sale a circa 2.350 euro al mese per i laureati, 2.700 euro per i dirigenti e 2.550 euro per gli imprenditori, mentre per gli operai, i residenti nel Mezzogiorno e i nati all'estero il reddito equivalente scende rispettivamente a 1.200, 1.100 e 950 euro al mese. In posizione intermedia si collocano gli impiegati (1.900 euro), gli altri lavoratori autonomi (1.700 euro) e i pensionati (1.700 euro).

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