giovedì 5 giugno 2014

Valorizzare le donne conviene Ruoli di genere nell'economia italianaD. DEL BOCA, L. MENCARINI, S. PASQUA /Facciamoci avanti Sheryl Sandberg

D. DEL BOCA, L. MENCARINI, S. PASQUA

Valorizzare le donne conviene Ruoli di genere nell'economia italiana
«Verrà proprio dal lavoro femminile l’impulso più importante alla crescita nel prossimo futuro. Nei paesi europei dove gli squilibri di genere nei tassi di occupazione e nei salari sono minori, la crescita economica è maggiore e la fecondità in aumento.»
All’affermazione di principio per cui bisogna favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro per rispondere a principi di pari opportunità e di eguaglianza tra i generi, si aggiunge un’argomentazione ulteriore, decisiva, che potrebbe far convertire anche gli uomini alla causa della valorizzazione femminile: il lavoro delle donne fa crescere l’economia. Se le politiche per l’occupazione femminile fossero accompagnate da politiche di conciliazione che le agevolassero nel loro doppio ruolo di lavoratrici e madri, le donne contribuirebbero alla sostenibilità del sistema pensionistico, il loro lavoro farebbe crescere il reddito delle famiglie, produrrebbe nuovi posti di lavoro, con il conseguente incremento dei consumi. Un vero e proprio circolo virtuoso: ma allora perché non cogliere questa opportunità?
DANIELA DEL BOCA Esperta di economia del lavoro e della famiglia con attenzione al ruolo delle istituzioni, nel corso della sua carriera ha ricercato le cause del pesante ritardo dell’Italia in tre ambiti cruciali: occupazione femminile, povertà infantile e tasso di fertilità. Dati alla mano, ha dimostrato che mettere le donne nella condizione di poter conciliare famiglia e lavoro farebbe bene all’economia prima che alla coscienza. Ha pubblicato molti saggi in riviste internazionali e volumi, sia in Italia che all’estero. Tra le ultime pubblicazioni ricordiamo: Valorizzare le donne conviene (Il Mulino, 2012), Famiglie Sole (Il Mulino, 2009) e Social Policies, Labour, Markets and Motherhood (Cambridge University Press, 2008). Nel 2007 il Presidente Napolitano le ha conferito l’Ordine del Merito della Repubblica per i suoi contributi alle politiche per la famiglia.
Coverstory
Le autrici sono affiliate al Collegio Carlo Alberto e a CHILD, Centre for Household, Income, Labour and Demographic economics, diretto da Daniela Del Boca.

ARTICOLO DI COMMENTO
 Womenomics: perché valorizzare le donne conviene?
Nonostante le donne italiane siano sempre più istruite e preparate (sono il 60% dei laureati), non sembrano trovare le opportunità e i canali per una maggiore partecipazione alla vita economica e politica del Paese. Favorire attivamente la loro presenza nel mercato del lavoro non corrisponde solo a principi di pari opportunità, ma anche a obiettivi di efficienza economica”. A dirlo è Daniela del Boca, Dottore di ricerca all’Università di Wisconsin-Madison,
Professore di Economia Politica all’Università di Torino, membro del Collegio Carlo Alberto e Direttore del Centro di Economia della Famiglia (CHILD), nell’ambito di Segnavie, il ciclo di conferenze promosso e realizzato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. Nel suo saggio scritto con Letizia Mencarini e Silvia Pasqua “Valorizzare le donne conviene” (Il Mulino, 2012) Del Boca dimostra che il lavoro delle donne, se messe in condizione di parità, innescherebbe un vero e proprio circolo virtuoso: l’obiettivo del 60% di occupazione femminile fissato dalla Strategia di Lisbona potrebbe creare 15 nuovi posti nel settore dei servizi ogni 100 assunzioni femminili e una crescita del prodotto interno lordo stimata intorno al 7% a produttività invariata. Un incremento dell’occupazione femminile pari a quella maschile potrebbe addirittura generare incrementi del PIL del 13% nell’Eurozona e ben del 22% in Italia (Goldman Sachs).
“A livello macroeconomico – prosegue Del Boca, intervistata dall’inviata economica de La Stampa Tonia Mastrobuoni – un maggior numero di occupate aumenterebbe le entrate fiscali e previdenziali. D’altra parte, la crescita dell’occupazione femminile stimolerebbe anche una maggiore domanda di servizi, soprattutto di cura, che avrebbe un effetto indiretto sul PIL. A livello microeconomico ridurrebbe il rischio di povertà, rendendo le famiglie meno vulnerabili alle difficoltà economiche”.
Anche la riforma del lavoro Fornero fa troppo poco per le donne: “Non dedica abbastanza spazio a tutelare le donne – commenta Del Boca – riconoscere il peso del loro ruolo familiare e incentivare una loro maggiore presenza sul mercato del lavoro. Questa situazione non può che peggiorare nel breve periodo: le recenti misure economiche stanno spingendo molti comuni a tagliare i servizi pubblici, come asili nido, scuole a tempo pieno, assistenza agli anziani e disabili. Inoltre, in assenza di politiche per la crescita, la disoccupazione dei giovani che vivono in famiglia imporrà ancora più lavoro alle donne anziane che, con la nuova età pensionabile, dovranno conciliare lavoro e famiglia per un numero maggiore di anni. Come è possibile che in queste condizioni le donne possano mantenere o aumentare la loro partecipazione al mercato del lavoro e contribuire così a redditi familiari erosi dalla crisi?” .
Le ricerche della Professoressa Del Boca dimostrano che congedi parentali più lunghi e più part time farebbero crescere l’offerta di lavoro del 7-10%, mentre un +10% dei nidi farebbe aumentare la probabilità di lavoro del 7% per le donne europee più istruite, e addirittura del 14% per le donne meno istruite. Invece, secondo gli ultimi dati ISTAT 2010, il tasso di occupazione femminile in Italia è sceso al 46% tornando indietro ai livelli del 2006, ben lontano dal 60% fissato dagli obiettivi di Lisbona. In Francia, nello stesso periodo, l’occupazione femminile è rimasta stabile intorno al 60%, mentre in Germania ha raggiunto addirittura il 66%. L’Italia è quindi sempre più distante dai principali Paesi europei.


Facciamoci avanti di Sheryl Sandberg

La condizione femminile, negli ultimi anni, è indubbiamente migliorata: rispetto alla generazione che le ha precedute, le donne di oggi hanno più facilmente accesso agli studi universitari, hanno migliori opportunità di lavoro, hanno finalmente la possibilità di decidere della propria vita. Eppure, nonostante questi progressi, gli uomini detengono ancora la stragrande maggioranza delle posizioni di potere nella politica e negli affari, mentre le donne sono ancora poco ascoltate quando si tratta di prendere decisioni che influiscono sulla vita della collettività.
Sheryl Sandberg, direttore operativo di Facebook, di recente nominata da "Time" una delle 100 persone più influenti al mondo, esamina le ragioni del mancato progresso delle donne verso ruoli di leadership, ne spiega le cause di fondo e offre soluzioni semplici e convincenti per aiutarle a realizzare pienamente il loro potenziale.
Sheryl si avvale di dati statistici e studi scientifici utili a superare le ambiguità e i pregiudizi che circondano le vite e le scelte delle donne che lavorano, ma soprattutto si affida alla propria esperienza e racconta delle decisioni, degli errori, delle battaglie quotidiane che ha condotto per portare avanti le scelte giuste per sé, per la propria carriera e la propria famiglia.
Descrive i passi necessari per riuscire a conciliare il successo professionale e la realizzazione personale e dimostra, una volta per tutte, come anche gli uomini abbiano da guadagnare supportando le donne al lavoro e a casa.
Scritto con ironia e passione, Facciamoci avanti è una chiamata alle armi per tutte le donne che si sono trovate a dover scegliere tra una promettente carriera e il desiderio di costruire una famiglia: vivere in modo soddisfacente entrambe le dimensioni è possibile, ma per farlo dobbiamo prima di tutto vincere i nostri pregiudizi e le barriere sociali e culturali ancora esistenti, partendo dai vertici del sistema. Uomini e donne hanno il diritto di poter conciliare carriera e famiglia: e maggiore sarà il numero di donne a ricoprire posizioni di potere, più facilmente questo traguardo potrà realizzarsi.
Quello che mi allarma non è solo che noi donne continuiamo a non metterci in primo piano, ma anche che non notiamo questo divario e non cerchiamo di colmarlo. Quel "noi", naturalmente, comprende anche me."
(Sheryl Sandberg, Facciamoci Avanti. Le donne, il lavoro e la voglia di riuscire, Mondadori, 2013)
Semplice, persuasivo ma documentato e rigoroso
Qualunque donna leggerà il suo libro, in uscita il 12 marzo per Mondadori, non potrà non annuire a ogni osservazione scritta da Sheryl Sandberg. E lo farà con la sensazione che l'autrice non sia la quarantatreenne americana che nel 2011 la rivista Forbes definiva la quinta donna più potente nel mondo, ma un'amica di vecchia data, molto in gamba e molto fortunata nella carriera lavorativa. Perché la forza di Facciamoci avanti sta tutta nella capacità dell’attuale top manager di facebook di riuscire a trasmettere le sue idee sulle donne, il lavoro e la voglia di riuscire con la semplicità di un post scritto in Rete, accreditato però dalla documentazione di una ricerca scientifica.
Il fulcro del libro è già tutto nell'intervento tenuto dalla Sandberg a dicembre 2010 in una TED talk diventata un punto di riferimento per molte donne: nonostante le condizioni di vita e quelle lavorative siano nettamente migliorate negli ultimi decenni, le donne non stanno raggiungendo i traguardi professionali degli uomini. Su 195 capi di stato solo 17 sono donne. In politica e negli affari le loro percentuali rispetto agli uomini si fermano al 15%, 16%. Nel non profit, settore apparentemente più consono al mondo femminile, non superano il 20%. Per non parlare poi degli stipendi percepiti, sempre inferiori di circa il 20% rispetto a quelli degli uomini.
Condizionamenti sociali
Secondo l'autrice, la causa del ritardo femminile è da ricercare prima di tutto nelle donne stesse: si arrendono, si rassegnano a una posizione di secondo piano e, pur avendo tutte le potenzialità per riuscire, inconsciamente vi rinunciano. Con abbondanza di statistiche e casi concreti, tra i quali molti sono gli esempi legati alla sua carriera, Sandberg spiega che le ragioni di questo comportamento derivano in gran parte dai condizionamenti sociali con cui le donne convivono fin dalla nascita. Condizionamenti che, però, solo le donne possono modificare.
L'autrice è la prima ad ammettere che, per avere successo ed essere accettata nelle posizioni di comando, ogni donna deve adottare una strategia del compromesso: risultare troppo brillanti non aiuta a raccogliere consensi; opporsi platealmente e drasticamente a decisioni che si ritengono sbagliate non paga. Bisogna essere "carine", apparentemente vulnerabili, ma determinate: è difficile, ma è il prezzo che l'attuale generazione deve ancora pagare per far sì che nei prossimi anni le cose vadano meglio. Senza rinunciare mai a sedersi al tavolo di comando e a farsi avanti. Non mollando mai se non si è veramente deciso di staccare la spina.
Femminismo dei piccoli circoli
Il messaggio lanciato non è un semplice inno all'autostima collettiva, ma è il primo passo verso la creazione negli USA di un movimento femminista basato sui "Lean in circles ": piccoli gruppi in cui donne tra i 20 e i 30 anni si incontreranno con cadenza mensile per parlare e risolvere insieme i propri problemi. Un modello "metà Business School e metà Book Club", che ha già attirato su di sé parecchie critiche da parte di chi ha una visione del femminismo ben più radicale e accusa la Sandberg di elargire consigli dall'alto del suo reddito miliardario.
In Italia il libro ha un sito , una pagina facebook e un account twitter che ha lanciato l'hashtag #FacciamociAvanti , già molto frequentato.
Darà i suoi frutti? Di sicuro farà parlare molto di sé. E servirà a noi donne per pensare che forse, durante il prossimo colloquio di lavoro o la prossima riunione aziendale potremmo anche provare a cambiare strategia e farci avanti in modo diverso.

Un articolo di commento
Ho da poco terminato la lettura del libro “Lean In” (tradotto in italiano “Facciamoci avanti“) scritto da Sheryl Sandberg (Direttore Operativo di Facebook).
L’ho iniziato con scarsa convinzione: un po’ per quanto avevo letto sul web (che mi faceva intendere un cambio di passo sostanziale rispetto allo stile misurato di Susan Cain), un po’ a causa della introduzione scritta da Daniela Riccardi (Amministratore Delegato di Diesel, attualmente al termine del suo mandato, ed ex-Amministratore Delegato di Procter&Gamble Cina).
Quanto avevo letto sul libro (prima che venisse pubblicato e durante la fase di lancio pubblicitario) mi aveva fatto pensare ad un testo in tipico stile aggressivo-manageriale-americano. Ed appena uscita dal libro-soft (ma non per questo meno emozionante) “Quiet“, temevo – presupponendo – una dissertazione ad “alto impatto”.
E – purtroppo – l’introduzione aveva iniziato a confermare le mie pre-riflessioni: Daniela Riccardi dissertava con stile energetico (troppo energetico e vincente, secondo me) della difficoltà di essere mamma-manager che si doveva dividere tra aerei-marito-figlio-nanny (alias baby sitter), non necessariamente in questo ordine. Mentre leggevo le pagine iniziali pensavo – tra me e me – “Vallo a dire a quelle donne che non hanno una nanny al seguito come se la devono cavare!” (ed io ne conosco alcune…).
Invece, superato lo scoglio, nelle prime pagine Sheryl descrive sé stessa (ai tempi di Google) come una creatura stile “balena” (era incinta di uno dei suoi due figli), con camminata “a papera”, afflitta una nausea (che la perseguiterà per ben nove mesi). Insomma una descrizione umana e simpatica che riesce a farti vedere l’autrice non come la super-manager vincente, ma come una donna che si trova – sì – in una posizione privilegiata, ma che comunque si scontra con le difficoltà lavorative, con gli ambienti maschili e la gestione di una famiglia (ed il senso di inadeguatezza da mamma, accompagnata da sindromi da workaholic).
E’ un po’ il racconto della sua esperienza di vita e delle riflessioni che la accompagnano nella sua quotidianità lavorativa e umana.
Niente di epocale, ma comunque una dissertazione abbastanza trasversale e parecchio vivace (e leggera) sul binomio donne-lavoro. Da un punto di vista americano (dove non è tutto rose e fiori, come possiamo immaginare… tutt’altro…).
Si lascia leggere piacevolmente e ti fa fare qualche considerazione (soprattutto quando si parla dell’auto-sabotaggio, argomento a me molto caro…).
Una nota un po’ stonata è forse il finale: ho trovato la call-to-action troppo enfatica. E qui capisco anche perché il libro sia stato etichettato come un testo filo-femminista (cosa che l’autrice nega più volte nel corso della narrazione).
Comunque qualche spunto qui e là c’è.
Di seguito riporto quelli che mi hanno colpito di più:
“Non penso più che esista un professionista dal lunedì al venerdì, e una persona vera per il resto del tempo. Probabilmente questa separazione non è mai esistita e, oggi che viviamo nell’era dell’espressione individuale, aggiornando di continuo il nostro stato su Facebook e twittando ogni minima mossa, ha ancora meno senso. Anziché indossare una falsa “personalità tutta-e-solo-lavoro”, penso che ci farebbe bene esprimere la nostra verità, parlare di situazioni personali e riconoscere che, spesso, le decisioni professionali sono dettate dalle emozioni.”
“[...] la vera leadership nasce da un’individualità espressa onestamente e, talvolta, in modo imperfetto. Tutti ritengono che i leader dovrebbero privilegiare l’autenticità anche a scapito della perfezione.”
““Avere tutto” è da vedersi come un mito e, come molti miti, può comunicare un utile ammonimento. Pensate a Icaro, che si librò a grandi altezze con le ali preconfezionate con le sue mani. Il padre lo aveva avvertito di non volare troppo vicino al sole, ma Icaro ignorò il consiglio. Volò ancora più in alto, le ali si sciolsero e precipitò a terra. Il perseguimento di una vita sia professionale che privata è un obiettivo nobile e raggiungibile, ma fino ad un certo punto. Le donne dovrebbero imparare da Icaro a puntare al cielo, ma tenendo presente che tutte noi abbiamo dei limiti oggettivi.”
““Fatto è meglio che perfetto”
La ricerca della perfezione porta alla frustrazione nel migliore dei casi, e alla paralisi nel peggiore.”
“Sarà piuttosto caotico, ma abbracciate il caos. Sarà complicato, ma gioite delle complicazioni. Sarà del tutto diverso da come pensate, ma le sorprese vi faranno bene. E non spaventatevi: potrete sempre cambiare idea. Io lo so bene: ho avuto tre carriere e quattro mariti.” [Nora Ephron alla cerimonia di conferimento delle lauree a Wellesley nel 1996.]
“So che non è istintivo, ma io successo a lungo termine nel lavoro spesso dipende dal non cercare di accontentare ogni richiesta che ci viene fatta. Il miglior modo per lasciare spazio sia alla vita che alla carriera è fare deliberatamente delle scelte: porre dei limiti e rispettarli.”
“Il generale Colin Powell [...] spiega che la sua visione di leadership rifiuta “gli stronzi stakanovisti” che trascorrono lunghe ore in ufficio senza rendersi conto delle conseguenze sul loro staff. [...] “Li pago per la qualità del loro lavoro, non per il numero di ore”“
Se dovessi adottare una definizione del successo, direi che successo significa fare le scelte migliori possibili, e accettarle.
Ogni lavoro richiede un sacrificio. Tutto sta nell’evitare i sacrifici inutili. Questo è particolarmente difficile perché la nostra cultura del lavoro dà molto valore alla dedizione totale . Temiamo che menzionare altre priorità ci faccia perdere valore come lavoratrici.
“Leadership significa migliorare la condizione altrui grazie alla vostra presenza e accertarsi che i risultati siano duraturi anche in vostra assenza” [Youngme Moon, Frances Frei e Nitin Nohria - Harvard Business School]
I genitori a tempo pieno – per lo più madri – rappresentano un’ampia quota del talento che ci aiuta a sostenere le scuole, le organizzazioni non profit e le comunità locali.
Alzare la mano e dire “Non si può fare” è garanzia che non si farà mai.

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