La scuola di San Donato, a Sassari, non ha accettato la proposta, informale, di una visita pastorale dell'arcivescovo Atzei in occasione del Natale. La scuola San Donato è un modello di integrazione delle fasce disagiate e dei bambini e delle bambine figlie di migranti. Dei 250 alunni, 122 sono di famiglie immigrate e di altre religioni. Sassari è la città in cui sono nata e in cui lavoro: posso testimoniare direttamente che la scuola di San Donato ha una meritata fama di eccellenza per come la dirigente scolastica ha saputo gestire l'integrazione sociale e culturale in uno dei quartieri più problematici della città.
Massimo Gramellini si è espresso sulla vicenda criticando la dirigente e dichiarandosi favorevole al mantenimento della tradizione cattolica, senza conoscere a fondo quella scuola; come pure aveva fatto Michele Serra nel caso analogo della scuola di Rozzano, che tra l'altro si è poi rivelato una montatura. Mi permetto, io che non ho pulpiti altrettanto prestigiosi, di spiegare loro sommessamente perché da italiana, battezzata, madre di due figlie, sono grata alla dirigente per non avere consentito la visita di un vescovo cattolico nella sua scuola, e chiedo una scuola rigorosamente laica: non per non urtare la sensibilità dei musulmani, ma perché la presenza della chiesa cattolica in una scuola, oggi, urta la mia sensibilità di cittadina italiana.
Ho cercato di educare le mie figlie alla parità, a non sentirsi inferiori ai loro coetanei maschi, a pretendere gli stessi diritti. Ho cercato di educarle alla libertà, al rispettare le scelte di ciascuno e ciascuna, e a non rinunciare alla propria. Ho cercato di educarle al rispetto della ragione, della logica, e del metodo scientifico: per credere a un'affermazione, questa doveva essere supportata da fatti. In un mondo pieno di bufale e di ciarlatani, il rispetto rigoroso dell'evidenza dei fatti e della coerenza interna dei ragionamenti è indispensabile per il progresso civile, per lo sviluppo umano.
La chiesa cattolica oggi è in contrasto pieno con questo progetto educativo. È una religione in cui si crede ancora che solo i maschi abbiano un certo qualcosa in più che le femmine non hanno, lascio a voi individuare di cosa si tratta. In virtù di quest'organo solo i maschi sarebbero capaci di guidare, di mediare con il sacro, di essere sacerdoti. Insegna alle mie figlie che loro, in quanto donne, sono "mancanti", incapaci per natura ad accedere a uno dei sacramenti. A quel sacramento, guarda caso, che apre la strada del potere decisionale dentro la chiesa: per cui questa esclusione significa anche sottomissione. Questo è in contrasto con il primo principio del credo educativo che ho esposto, la parità.
In questi stessi giorni la chiesa cattolica sta acconsentendo, in molte sue parrocchie e sedi, con un assenso silenzioso, ad una campagna contro una fantomatica teoria "gender" che mischia insieme elementi di sessuofobia, di omofobia, e soprattutto, di misoginia. In nome della lotta a questo fantomatico gender si vorrebbe continuare a negare alle coppie omosessuali alcune libertà e diritti basilari: di essere accanto ai propri cari nel momento della malattia, di gestire con la stessa facilità delle coppie eterosessuali contratti, abitazioni, e proprietà, di adottare. Libertà fondamentali che non esistono in Italia anche grazie alla feroce opposizione delle gerarchie cattoliche. Tutto in contrasto con il secondo punto del mio progetto educativo, la libertà.
Nelle scienze sociali in tutto il mondo si studia una relazione sociale, chiamata gender e in italiano genere, che spiega che le differenze tra uomini e donne sono in parte biologiche, e in parte culturali. Che le diverse culture hanno diverse idee su cosa dovrebbero fare i maschi e cosa dovrebbero fare le femmine. C'è una differenza tra quel che ci si aspetta che una donna faccia in Arabia Saudita, in Italia, in Giappone, negli Stati Uniti. C'è una differenza tra quel che ci si aspettava che una donna facesse 100 anni fa, e quello che ci si aspetta possa fare oggi. Anche tra quello che ci si aspettava che un uomo facesse 100 anni fa, morire gratis in guerra per la patria, sfidare a duello d'onore, picchiare la moglie e i bambini. Anche i maschi hanno un genere, e anche il genere maschile era diverso, per fortuna, rispetto a quello di oggi. Il genere esiste, è una rappresentazione sociale dei due sessi che cambia nel tempo e nelle culture. Prendersela col gender è negare un fatto evidente. E questo è in contrasto con il terzo punto del mio progetto educativo: è ignoranza dei fatti.
La chiesa cattolica ha chiesto scusa giustamente per lo scandalo dei preti pedofili, scandalo che tuttavia indicava che nella visione del sesso di alcuni suoi membri, e soprattutto nell'istituzione del celibato dei preti, ci sono elementi problematici non ancora del tutto sviscerati. La chiesa cattolica è corresponsabile, e questo è ancora più grave, del dolore e del sangue di molte donne costrette ancora ad abortire in condizioni terribili. Anche in Italia, come ha ben messo in luce il servizio sull'ultimo numero di Pagina99 in edicola, l'eccesso di obiezione e di burocrazia probabilmente spinge a soluzioni illegali e pericolose. E questo nel nome di credenze che non tengono conto di fatti biologici: un embrione è un grumo di cellule, anche se con delle potenzialità, e un feto non è un bambino. Ragionevolmente, e ascoltando il parere dei biologi e dei ginecologi, dovremmo poterci mettere d'accordo. C'è un punto entro il quale una donna deve essere libera di decidere del proprio corpo, e mandare a monte un inizio di gravidanza indesiderata, e un punto in cui invece non può più. Come infatti propone la civilissima legge 194, contro la quale i cattolici continuano a battersi con successo, rendendola quasi inapplicata. Tutto ciò mentre si ostinano ancora anche a essere contrari alla contraccezione. Abbiamo visto purtroppo che esistono anche i terroristi cristiani, che in USA sparano nelle cliniche in cui si praticano legalmente interruzioni di gravidanza.
Potrei aggiungere che la stessa idea che la verità stia in un solo libro, sia esso vangelo, bibbia, corano, o capitale, è un'idea superstiziosa. Nessun Dio o Dea sarebbe stato così settario da rivelarsi solo ad alcuni e ed altre invece no, e la conoscenza sta in tanti libri, e nel dialogo, e in rete. Ma quello che mi importa di più è mettere in luce che non posso accogliere nella scuola di tutti e tutte, in nome della tradizione, il rappresentante di un'istituzione così apertamente schierata, proprio sui temi politici per me più cruciali dell'oggi, contro quei valori di parità dei diritti e libertà che dobbiamo difendere contro tutti i terrorismi.
In queste condizioni non posso presentare alle mie figlie un vescovo vestito di ori e porpore, chiedendo che gli sia dato ascolto come a persona di importanza e degna di uno speciale rispetto. Non nella scuola laica, che deve insegnare ai ragazzi e alle ragazze a pensare autonomamente, fuori dai dogmi, dentro la libertà. Nella scuola laica non c'è posto né per il vescovo, né per l'imam, né per il rabbino, né per il pastafariano. Al massimo ci potrebbe esser posto per tutti loro insieme, compreso anche un, o una, rappresentante dell'ateismo. Ma non per celebrare il Natale: per discutere di fede e ragione.
Anche nella mia casa ci sarà un presepe, perché anche a noi piacciono le tradizioni, e canteremo insieme "Tu scendi dalle stelle": ma è una casa privata. Nella sfera pubblica, per ora, non possiamo dimenticarci di cosa è ancora in gioco, oggi, in questo paese. Neanche per il piacere, pur grande, di condividere insieme i canti di Natale e i ricordi dell'infanzia. Sono ancora in gioco la parità, la libertà, il rispetto delle persone, il rispetto della conoscenza fondata su ragione e fatti. Assenza di libertà e parità che colpiscono soprattutto donne e omosessuali.
Io, italiana e battezzata, non voglio che nella scuola di mie figlie abbia accesso il rappresentante di una religione che nei primi anni della sua storia è stata amica delle donne, ma che ora è in aperto contrasto con punti cardine del progetto educativo di fare di loro persone libere e ragionevoli. Questo stesso progetto desidero che sia loro proposto anche nella scuola per la quale pago le tasse. Quindi ringrazio la dirigente della scuola di san Donato per il rispetto che ha mostrato verso di me e le mie figlie, anche se ormai sono grandi e non vanno alla sua scuola, verso le persone di cultura laica che la pensano come noi.
Gramellini e Serra provengono da una cultura simile alla mia, grazie alla quale hanno avuto successo, sono arrivati in una posizione autorevole nel mondo giornalistico. Non so niente della loro vita privata: ma sospetto che se fossero donne o omosessuali sarebbero meno indulgenti verso le tradizioni, e più attenti e sensibili verso le dinamiche di potere e oppressione ancora in atto.
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