lunedì 21 dicembre 2015

miss dolcetto alla fragola di Cristina Obber

Sono andata dalla parrucchiera oggi.
Mentre mi pettinava, sfogliavo una rivista. A un certo punto mi sono imbattuta in un servizio fotografico di abbigliamento per l’infanzia, abbigliamento perfetto per il Natale in arrivo. Alla bambina che vedete qui a lato, ho sbiancato io il volto con Photoshop; non mi sentivo di pubblicare i suoi occhi vivi e il suo bel sorriso di bimba. E non solo perchè minorenne, visto che si tratta di una foto già pubblica.
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L’ho sbiancata per pudore, per rispetto di quella sua infanzia che nulla ha a che fare con quelle cosce scoperte quanto basta per togliere a questa immagine l’innocenza. Sarò bacchettona? Forse. O forse so riconoscere la malizia. Ho fatto spesso dei ritratti, anche a bambini e bambine. E questa foto, se il vestito si fosse sollevato per caso, l’avrei scartata. Ma nulla è lasciato al caso quando si scelgono le foto da pubblicare su un settimanale. E allora mi viene il sospetto che quel vestito sia stato sollevato, che a qualcuno piaccia, perchè le bambine soltanto bambine non vanno di moda.
Oggi bisogna fingere di essere più grandi, di essere “altro”, di accontentare lo sguardo malizioso di chi dai bambini non vuole soltanto vitalità e innocenza. Che questa innocenza vuole carpire, commercializzare, sporcare. Che vuole oggettivizzare e chiama una bambina Miss dolcetto.
La moda, la pubblicità, ostentano un’infanzia che cresce in fretta, che scimmiotta gli adulti negli atteggiamenti, che veste e si atteggia come se a 9 o 10 anni si fosse non più bambine ma adolescenti in miniatura, piccole lolite pronte a stuzzicare le fantasie maschili che ci vogliono, sempre più precocemente, oggetto di qualche desiderio. Un dolcetto si assapora.
Sono forme più subdole di violenza, che hanno molto più a che fare di quello che pensiamo con le tante storie che giustificano, comprendono, spalleggiano la pedofilia.
Chi mi segue ricorderà quanto ho combattuto contro la sentenza di Catanzaro che parlava di “relazione amorosa” tra una bambina di 11 anni e l’assistente sociale che l’aveva in custodia, di 60 anni. Perchè non si parlava di abuso sessuale in quella sentenza? Perchè si dava per possibile che a 11 anni una bambina potesse davvero innamorarsi di un vecchio?
Perchè il confine tra infanzia ed età adulta è sempre più labile, perchè guardiamo ai bambini e soprattutto alle bambine con uno sguardo sempre meno pulito, sempre meno rispettoso. Anche attraverso uno spot, anche attraverso un carrello, un albero di Natale e una bambina che mostra le cosce giusto giusto fino a poco prima delle mutandine.
Quale la nostra responsabilità?
L’ho sbiancato il volto di questa bambina, è il mio modo di chiederle scusa.

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