mercoledì 16 dicembre 2015

Jane Austen nasce il 16 dicembre 1775

Ben 240 anni fa, il 16 Dicembre del 1775, a Steventon ( Hampshire) , nasceva quella che è diventata una delle più grandi scrittrici conosciute al mondo:  Jane Austen.
Jane Austen

Figlia di un pastore anglicano, George Austen, e di Cassandra Leigh, crebbe in un ambiente culturalmente stimolante. Il padre si occupò personalmente della sua educazione insegnandole ben due lingue: il francese e le basi della lingua italiana. Durante il periodo che va dal 1784 al 1786, insieme alla sorella maggiore Cassandra, alla quale fu molto legata,  frequentò la Abbey School di Reading.
Nel 1794 scrisse la prima stesura di Lady Susan, un romanzo epistolare considerato quasi come una sperimentazione delle sue opere maggiori.
Nel dicembre del 1795 conobbe e si innamorò del giovane Thomas Langlois Lefroy . La famiglia del ragazzo si oppose alla loro frequentazione in quanto ritenevano Jane  socialmente inadeguata ed allontanarono  il giovane Lefroy da Steventon. Queste vicende vengono narrate nel film semi biografico Becoming Jan- Ritratto di una donna contro; diretto da Julian Jarrold,  racconta i primi anni di  Jane Austen, interpretata da Anne Hathaway, ed è incentrato sul suo rapporto con Thomas Langlois Lefroy, interpretato da James McAvoy.
Tra il 1795 e il 1799 iniziò la stesura di quelli che diventeranno i suoi lavori più celebri: Prime impressioni, prima bozza di Orgoglio e pregiudizio ed Elinor e Marianne che divenne Ragione e sentimento.
Terminò Prime Impressioni nell’agosto del 1797 all’età di soli 21 anni e, nello stesso anno, George Austen, colto dalle sue doti letterarie, contattò un editore proponendo la pubblicazione di quest’ultimo ma senza ottenere alcun esito positivo. Tra il 1788 e il 1799 scrisse Northanger Abbey , satira del romanzo gotico molto in voga in quei tempi, che inizialmente chiamò Susan.
Nel 1801, a causa del ritiro del reverendo Austen dalla sua attività ecclesiastica, tutta la famiglia si trasferì a Bath, che diventò il luogo dove Jane ambientò alcuni suoi romanzi. Nel 1804 iniziò la stesura del romanzo I Watson che resterà incompiuto.
A Bath il padre morì improvvisamente nel 1805, lasciando la moglie e le due figlie in precarie condizioni finanziarie seppur aiutate da Edward, James, Henry e Francis Austen.
Nel 1806, con gran gioia di Jane che detestava Bath, le tre donne si trasferirono a Southampton, dal fratello Frank, e successivamente, nel 1809, a Chawton, un piccolo villaggio dell’Hampshire a pochi chilometri dal loro luogo di origine, dove il fratello Edward mise a disposizione della madre e delle sorelle un cottage di sua proprietà.
Nel 1811 iniziò a scrivere Mansfield Park che terminò e pubblicò nel 1814.
L’editore Egerton pubblicò, nel gennaio del 1813, Orgoglio e pregiudizio, ultima revisione di Prime impressioni.
Virginia Woolf in Una stanza tutta per sé parla di quest’ultimo nei seguenti termini:
“Senza volersene vantare o arrecare dolore al sesso opposto, possiamo dire che Orgoglio e pregiudizio è un buon libro. E comunque non ci sarebbe stato nulla di cui vergognarsi ad essere còlti nell’atto di scrivere Orgoglio e pregiudizio. Eppure Jane Austen era felice che un cardine della porta cigolasse, perché così poteva nascondere il suo manoscritto prima che qualcuno entrasse nella stanza. Per Jane Austen vi era qualcosa di disdicevole nello scrivere Orgoglio e pregiudizio. E dunque, mi chiedevo, Orgoglio e Pregiudizio sarebbe stato un romanzo migliore se Jane Austen non avesse ritenuto necessario nasconderne il manoscritto allo sguardo dei visitatori? Ne lessi una pagina o due per capire; ma non riuscii a trovare alcun segno del fatto che le condizioni materiali della vita dell’autrice ne avessero in minima parte danneggiato il lavoro. Ed era quello, forse, il vero miracolo della sua opera. Ecco una donna, agli inizi dell’Ottocento, che scriveva senza odio, senza amarezza, senza paura, senza protestare, senza far prediche. La stessa condizione nella quale scriveva Shakespeare, pensavo, guardando il testo di Antonio e Cleopatra. E quando alcuni paragonano Shakespeare a Jane Austen, forse intendono dire che ambedue erano riusciti a dissolvere nella mente ogni ostacolo; ed è per questa ragione che non conosciamo Jane Austen e non conosciamo Shakespeare, ed è per questa ragione che Jane Austen pervade di sé ogni parola che ha scritto, proprio come fa Shakespeare. Se qualcosa faceva soffrire Jane Austen, questa era la ristrettezza della vita che le veniva imposta. Era impossibile per una donna andarsene in giro da sola. Lei non viaggiò mai. Non attraversò mai Londra su un omnibus, né mai fece colazione da sola in un locale pubblico. Ma forse era nella natura stessa di Jane Austen non desiderare ciò che non aveva. Il suo genio e le condizioni della sua vita si accordavano completamente.”
Nel 1814 iniziò la stesura di Emma, concluso nel 1815 e pubblicato nel dicembre dello stesso anno.Questo fu l’ultimo romanzo  pubblicato in vita.
Nel 1817 iniziò a scrivere Sanditon, una satira sul progresso e sulle sue conseguenze  ma, a causa della malattia che la porterà alla morte, non lo terminerà. Il 18 luglio morì, all’età di 42 anni, a Winchester, dove si era recata, insieme alla sorella Cassandra, per tentare di curare la sua malattia. Nel dicembre dello stesso anno, il fratello Henry curò la pubblicazione del volume contenente L’abbazia di Northanger e Persuasione e, per la prima volta, sul frontespizio comparve il nome dell’autrice che pubblicò sempre i suoi romanzi anonimamente.
La vita di Jane Austen risulta molto frammentaria a causa delle scarse informazioni, dopo la sua morte infatti , la sorella Cassandra, e in seguito i fratelli e i loro discendenti, distrussero gran parte delle lettere e delle carte private che le erano appartenute.
Il nipote di Jane, Edward Austen Leigh, nel 1870 pubblicò la prima biografia a lei dedicata, Il ricordo di Jane Austen, dove presenta la zia come una donna semplice, pacata e dalla vita tranquilla:
“La sua vita fu singolarmente povera di eventi. Il suo quieto corso non fu interrotto che da pochi cambiamenti e da nessuna grande crisi. Dispongo perciò di scarsissimo materiale per un resoconto dettagliato della vita di mia zia; ma ho un ricordo chiaro della sua persona e del suo carattere; e forse in molti potranno essere interessati ad una descrizione di quella fertile immaginazione da cui sono nati i Dashwood e i Bennet, i Bertram e i Woodhouse, i Thorpe e i Musgrove, che sono stati invitati come cari amici presso il focolare di numerose famiglie, e sono da loro conosciuti intimamente, come se fossero davvero dei vicini di casa.”
Virginia Woolf la considerava “l’artista più perfetta tra le donne” , apprezzava la sua scrittura e la sua capacità di descrivere la società in cui viveva con semplicità:
“Qualunque cosa lei scriva è compiuta e perfetta e calibrata. […] Il genio di Austen è libero e attivo. […] Ma di che cosa è fatto tutto questo? Di un ballo in una città di provincia; di poche coppie che si incontrano e si sfiorano le mani in un salotto; di mangiare e di bere; e, al sommo della catastrofe, di un giovanotto trascurato da una ragazza e trattato gentilmente da un’altra. Non c’è tragedia, non c’è eroismo. Ma, per qualche ragione, la piccola scena ci sta commuovendo in modo del tutto sproporzionato rispetto alla sua apparenza compassata. […] Jane Austen è padrona di emozioni ben più profonde di quanto appaia in superficie: ci guida a immaginare quello che non dice. In lei vi sono tutte le qualità perenni della letteratura.” (The Common Reader, Hogarth Press, Londra 1925).
Ed infatti, Jane Austen ci ha regalato sei piccoli tesori, ma non tutti  furono dello stesso avviso della Woolf. Mark Twain in una lettera a William Dean Howells, scrisse a proposito di un altro scrittore: «Per me la sua prosa è illeggibile come quella di Jane Austen. Non c’è una sola differenza. Forse potrei leggere la sua prosa dietro compenso, ma non quella di Jane. Jane è del tutto impossibile. Mi sembra che sia stato estremamente caritatevole lasciarla morire di morte naturale» Gli attacchi a tema funebre resteranno fra i più riusciti di Twain, come questo a proposito di una delle sue opere maggiori: «Tutte le volte che leggo Orgoglio e pregiudizio mi viene voglia di disseppellirla e colpirla sul cranio con la sua stessa tibia». O ancora: «Quando comincio uno dei libri di Jane Austen, come Orgoglio e pregiudizio o Ragione e sentimento, mi sento come un becchino che entra nel Regno dei Cieli. So quali sarebbero le sue sensazioni e le sue opinioni in merito: arriccerebbe il naso e non troverebbe il posto di suo gusto».
(Per la felicità di Mark Twain, attualmente vi è una tesi ( la trovate qui) la quale sostiene che Jane Austen in realtà morì avvelenata dall’arsenico. ndr)
Jane Austen non trattò mai nei suoi romanzi gli avvenimenti bellici che caratterizzarono il periodo in cui vivette. Raccontò, con ironia, di personaggi che vivevano nelle campagne inglesi e che entravano nei sogni delle sue eroine. Ogni sua opera fu dedicata alle donne e ciò fa di lei una delle prime scrittrici ad analizzare l’universo femminile. Non raccontò storie fantastiche popolate da strani avvenimenti, narrò la quotidianità dei piccoli gesti e delle abitudini, descrivendo abilmente i pregi e i difetti di ogni suo personaggio.
Sempre Virginia Woolf scriveva di lei:
“Che genio, che integrità bisognava avere davanti a tutta quella critica, in mezzo a quella società puramente patriarcale, per insistere coraggiosamente nella realtà così come la vedevano gli occhi di una donna! Soltanto Jane Austen c’è riuscita; e anche Emily Bronte. Questa è un’altra piuma, forse la più bella, dei loro pennacchi. Scrissero come scrivono le donne, e non come scrivono gli uomini. Fra le mille donne che scrivevano romanzi in quell’epoca, furono le sole a ignorare completamente i perpetui ammonimenti dell’eterno pedagogo: scrivi questo, pensa quello. Furono le sole a dimostrarsi sorde a quella voce insistente, ora brontolante, ora condiscendente, ora dominante, ora ferita, ora scandalizzata, ora arrabbiata, ora familiare, quella voce che non lascia in pace le donne, ma deve sempre inseguirle, come una governante troppo onesta; scongiurandole, come Sir Egerton Brydges, di essere più raffinate; introducendo perfino nella critica poetica la critica del sesso; consigliando loro, se vogliono essere brave e vincere, suppongo un vistoso premio, di mantenersi entro certi limiti che sembrano convenienti al signore in questione.(…) Il linguaggio corrente agli inizi dell’Ottocento era più o meno questo (…) Questo è il linguaggio di un uomo (…). Charlotte Brontë, nonostante il suo splendido talento di prosatrice, barcollava e cadeva, con quell’arma ingombrante tra le mani. (…) Jane Austen le diede un’occhiata, si mise a ridere e s’inventò uno stile perfettamente naturale ed elegante, adeguato alle sue necessità, al quale d’altronde rimase sempre fedele. Perciò, con molto meno genio letterario di Charlotte Brontë, riesce a dire infinitamente di più.”

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