martedì 23 dicembre 2014

Dame e cavalieri

Non c’è laboratorio per bambini in cui alle femmine non venga proposto di costruire una corona. Non la corona d’alloro. No. La corona da principesse. Non che sia disdicevole. Anzi. Fino a un certo punto è normale. Ma quello che mi colpisce è che quasi sempre, e dico quasi sempre, si propone solo la figura della principessa. Almeno fosse una regina. Invece è proprio la figura della donzella tutta fiocchi e merletti che vedo in giro. È questo che si intende per differenza di genere? O forse è un modello arcaico che ripropone vecchi schemi per allevare una prole accomodante?
Intendiamoci. Non è che le ragazzine di oggi siano sottomesse. Piuttosto è il contrario e, spesso, le trovo perfino troppo aggressive. Ma molto concentrate sull’aspetto. Fin troppo vacue, in certi casi. Complici le crisi ormonali, le dodicenni che osservo in vari contesti, dalla scuola alle occasioni di gruppo, mi fanno talvolta un po’ paura (sì, sono la solita bacchettona). Tuttavia, se penso ai modelli che, in generale, sono loro proposti capisco che non si possa andare molto più in là. Le pubblicità sono piene di bimbe ammiccanti con le unghie laccate e le magliette strette da piccola donna. C’è una serie italiana di cartoni animati in cui i due unici personaggi femminili si chiamano Diva e Strega. Diva e Strega. Non c’è bisogno di essere allievi di Umberto Eco: da un lato, la papera vanesia con lo specchio sempre pronto e, dall’altro, la brutta fattucchiera cattiva. Modelli vecchi di cento anni. Ed è una serie recente, degli anni Duemila. Dico che c’è ancora molta strada da fare per gli autori italiani. Rimpiango la cara vecchia famiglia dei Barbapapà che è sempre stata molto avanti per temi affrontati e tipi “umani”.
Se anche le immagini, i messaggi pubblicitari e i contesti minimi parlano di noi, allora – di nuovo – si dimostra che in Italia manca una vera cultura dell’infanzia, sul modello di quella anglosassone. Che gli sforzi attuati in questo senso sono ancora poca cosa, soprattutto perché riguardano una minoranza di persone e di istituzioni. E che la cultura di massa, almeno in Italia, non ha ancora elaborato un pensiero critico sul ruolo che i bambini devono svolgere nella nostra società. Non solo dame e cavalieri ma persone che possano crescere nel rispetto dei propri gusti e della loro infinita curiosità.
I bambini di oggi, si sa, saranno gli adulti di domani. Sarebbe bello vedere maschi e femmine uniti nella consapevolezza che solo la collaborazione e il rispetto possano costruire un futuro degno di essere vissuto. Non è semplice. In certe regioni siamo ancora al Medioevo e si allevano piccoli adulti destinati a replicare il destino dei padri e delle madri. Forse lo faccio anche io. Anche se mi sforzo continuamente di fare il contrario, nella speranza che i miei figli siano migliori di me.
Per questo rivendico il diritto alla libertà delle scelte, anche per i bambini. Il diritto all’esplorazione, all’avventura, ad avere un mondo “a misura di bambino”, come predicava tanti anni fa Maria Montessori. Un mondo che permetta di saggiare, a piccoli passi, la bellezza delle proprie conquiste, la vertigine delle possibilità. In una parola il diritto a crescere. A essere nel mondo.

Solo se tutti gli adulti riusciranno a essere consapevoli che siamo tutti educatori, in quanto adulti e perché tutto rappresenta un esempio per il bambino, allora potremmo farci carico di una responsabilità che è collettiva. Sapere che i padri e le madri lasceranno un’impronta sulle generazioni future che non è solo biologica ma soprattutto culturale. Sociale. E mai come in questi tempi difficili, nei quali la regressione dei costumi e dei diritti acquisiti è un argomento di cui si deve parlare, è diventato importante stare dalla parte dei bambini, non più e non solo delle bambine, come citava un vecchio saggio degli anni Settanta, il quale nel frattempo, magari, si potrebbe anche rileggere (si vedano Elena Gianini Belotti, Dalla parte delle bambine, 1973 e il recente Ancora dalla parte delle bambine di Loredana Lipperini, 2007).

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