Ci
sono cose da maschi che le femmine non possono fare e ci
sono cose da femmine che è vergognoso che i maschi facciano.
Ci sono reparti tutti rosa con cose soffici, ferri da stiro in
miniatura, piccoli saloni di bellezza, attrezzi per la cura dei
capelli, per infilare collane e sfornare dolcetti. E ci sono reparti
con treni, costruzioni e armi. E anche quando il gioco non è per
soli maschi spesso lo è la sua rappresentazione: è il caso, per
esempio, dei giochi scientifici. Basti guardare uno degli ultimi spot
della Clementoni per il 2014, quella dei “giochi educativi”.
I
giocattoli (così pensati e così rappresentati) non sono neutri e
insegnano invece una precoce e stereotipata separazione dei ruoli.
Attraverso i giochi si incoraggia in modo acritico la ripetizione di
ciascun ruolo (la bambina viene addestrata alla futura funzione
materna, per esempio) e si inibisce la possibilità per entrambi i
sessi di esprimersi su un territorio “differente” e più ampio.
Si dovrebbe dunque impedire alle bambine di giocare con le bambole?
Ovviamente no.
Ma si può scegliere di non fare nessun regalo al
sessismo.
Qualche consiglio:
-
Lammily, l’alternativa alla Barbie: ha proporzioni realistiche, ha
ginocchia, gomiti e polsi snodabili (e non bloccati, come quelli
della sua compagna che sembra sempre sul punto di servire un piatto
di minestra), è meno truccata e ha i piedi ben piantati per terra.
Se l’è inventata Nickolay Lamm e il progetto è stato finanziato
attraverso una campagna di crowdfunding.
-
Casa per bambole da costruire con circuiti elettrici e altri
meccanismi: è stata scelta dal Times come miglior gioco dell’anno
ed è stata creata da Alice Brooks e Bettina Chen, due ingegnere
della Stanford University.
-
Cuntaline: sono delle carte per inventare storie. Non ci sono mamme
(come se quello della mamma fosse un mestiere tra gli altri, non lo
è), non ci sono principesse né principi azzurri, non ci sono
bamboline truccate con un aspirapolvere rosa in mano. Ci sono una
sindaca, un’astronauta, una muratrice, un signore senza cappello da
chef che sta in cucina, uno che fa l’ostetrico e una famiglia
composta da due papà. Il progetto è di Barbara Imbergamo.
-
GoldieBlox: dei libri illustrati guidano alla costruzione di macchine
semplici per risolvere i problemi che si trovano ad affrontare Goldie
e le sue amiche. Il marchio è di Debbie Sterling, ingegnera: «Ho
creato GoldieBlox perché le ragazze fin dalla giovane età possano
capire che l’ingegneria è un mondo aperto anche a loro». Nel 2014
GoldieBlox si è anche guadagnata uno spot pubblicitario gratuito di
30 secondi al Super Bowl.
-
Libri: “Leggere senza stereotipi” è un progetto
dell’associazione Scosse che ha messo insieme un buon catalogo di
libri per bambine e bambini da zero a sei anni circa. Per i e le più
grandi segnalo: Quante tante donne di Anna Sarfatti e Serena
Riglietti (che racconta per rime e per disegni il principio della
parità tra maschi e femmine sancito dalla Costituzione) e i titoli
della collana Sirene, edizioni EL (Un’ereditiera ribelle. Vita e
avventure di Peggy Guggenheim; Il coraggio di Artemisia. Pittrice
leggendaria; La Rosa Rossa. Il sogno di Rosa Luxemburg; Signore e
Signorine. Corale greca).
- Il
libro: Piccole donne di Louisa May Alcott. Una buona ragione per
regalarlo, a bambine e bambini, o per rileggerlo, la si trova nella
recensione della filosofa Luisa Muraro:
«Questo
romanzo è un capolavoro di astuzia femminile, per centocinquant’anni
è riuscito a farsi stampare, tradurre e raccomandare come un romanzo
di formazione (un Bildungsroman, dicono i letterati) per giovinette
di buona famiglia, e ne ha tutti gli ingredienti, in effetti, ma
intanto riesce ad annunciare la fine del patriarcato. (…) Volendo
usare etichette, per il capolavoro della Alcott, io parlerei di
romanzo d’iniziazione. Il romanzo di formazione mostra un percorso
per diventare quello che la società domanda o aspetta, mentre il
romanzo di iniziazione racconta i passaggi che ti portano a scoprire
quella che sei, e a diventare quella che puoi essere, più
profondamente.
L’iniziazione
ha a che fare con la nascita della libertà, quella associata alla
scoperta di sé, ed è una cosa che, se non hai l’idea di questa
libertà, non esteriore ma intima e personale, può essere scambiata
con la moderazione o il conformismo. La Alcott lo sapeva, io credo e
penso che ne abbia approfittato per mascherarsi da scrittrice
bempensante e così fare il suo gioco. Le Piccole Donne che tengo
nella mia biblioteca, una traduzione, si aprono con l’introduzione
di un letterato italiano, sicuramente bravo, ma, in questo caso,
completamente fuori strada. Per metà dell’introduzione insiste sul
fatto che si tratterebbe di un romanzo datato, ancorato a certi
ideali, ormai superati: donne che sono angeli del focolare,
silenziose e pazienti, ecc. Leggiamo pure Piccole Donne, conclude con
un po’ di supponenza, ma si tenga conto dell’epoca in cui fu
scritto. Fa ridere: non si è accorto di niente, non ha capito
niente».
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