Un
incontro all'Ambasciata di Francia ha analizzato molti aspetti della
persistente diseguaglianza tra uomini e donne nella sfera pubblica,
evidenziando le rappresentazioni ormai superate di uomini e donne
nell’educazione, la politica, il mondo del lavoro e i media
È
successo appena pochi giorni fa: durante una seduta dell’Assemblea
Nazionale francese, la presidente Sandrine Mazetier ha dovuto
ripetutamente richiamare all’ordine il deputato Julien Aubert (UMP)
che insisteva a rivolgersi a lei come Madame le président
(maschile), anziché Madame la présidente (femminile). Siccome in
Francia l’uso del femminile per queste cariche non è un optional
ma un dovere previsto dal regolamento dell’Assemblea, il
parlamentare riluttante è stato multato con una sanzione di 1300
euro, ma l’episodio ha rivelato quanta resistenza si respiri ancora
di fronte alla crescente presenza di donne ai vertici.
Di
tutto questo, un tema sempre vivo anche in Italia, si è parlato
mercoledì scorso nell’incontro all’Ambasciata di Francia
“Dibattito sugli stereotipi nell’educazione, la politica, il
mondo del lavoro e i media”, nello scenario della maestosa – e
virilissima – Sala d’Ercole di Palazzo Farnese. Su invito
dell’ambasciatrice Catherine Colonna, erano presenti Brigitte
Grésy, autrice del libro La vie en rose. Pour en découdre avec les
stéréotypes, Maria Bollini, presidente della Commissione Pari
Opportunità della Rai, Alberto Contri, presidente di Pubblicità
Progresso, Laurent Depond, direttore della diversité per il Gruppo
Orange, Virginia Ciaravolo, psicoterapeuta, e Serena Romano,
associazione Corrente Rosa. A chiudere i lavori sono intervenute –
per i due paesi – Pascale Boistard, Segretaria di Stato francese
per i diritti delle donne, e Giovanna Martelli, neo Consigliera per
le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Oggi,
è stato più volte ricordato dai partecipanti, ci troviamo ad uno
snodo particolarmente critico all’interno del percorso che ha visto
le donne conquistare sempre nuovi spazi sociali. Da un lato, le donne
accedono a tutte le professioni e hanno smesso di essere mosche
bianche ai livelli dirigenziali; dall’altro, gli stereotipi di
genere continuano a ostacolare quella che Pascale Boistard ha
definito “l’uguaglianza reale” tra i sessi, che non è solo
parità di opportunità (in francese chances che significa anche
casualità) ma riguarda i risultati effettivi. Preoccupa, in Francia,
che lo scarto di remunerazione tra uomini e donne sia ancora del 24%,
che le donne siano appena il 20% degli esperti invitati nelle
trasmissioni televisive, che gravi difficoltà si riscontrino ancora
nelle evoluzioni di carriera femminile. Tanto che una legge dello
scorso agosto ha introdotto varie misure compensative, tra cui le
quote di genere (del 40%) nei quadri dirigenti degli enti pubblici.
Ma
non è solo un problema di quote, deve cambiare la cultura: per
Boistard, immagini rigide e limitanti del ruolo delle donne hanno il
potere di plasmare la realtà, così come la lingua che, quando non
si declina al femminile, di fatto rende invisibili le donne che
svolgono professioni o rivestono cariche pubbliche. Perciò lancia un
messaggio alle italiane affinché lavorino in questa direzione: “Nel
mio paese sono secrétaire d’État, segretaria di stato, qui in
Italia mi chiamano segretario!”.
A
questo, ma anche a molti altri aspetti che rivelano la persistente
diseguaglianza tra uomini e donne nella sfera pubblica, ha dedicato
la sua attenzione Brigitte Grésy, che svela nel suo libro come
persino gli stereotipi positivi che riguardano le donne – pensiamo
all’intuizione, all’empatia, alla cura, alla capacità di
svolgere più compiti contemporaneamente (multitasking) – in realtà
sottendano una “binarietà inferiorizzante: attivo/passivo,
duro/morbido”. Spesso, continua l’autrice de La vie en rose,
viene proposta “una leadership androgina, di un uomo e di una
donna, come se le donne fossero chiamate a essere complementari agli
uomini: rigore da una parte, intuizione dall’altra”. La divisione
sessuale di competenze e capacità, è la tesi di Grésy, “fa lo
stesso danno della divisione sessuale classica del lavoro”.
Come
contrastare questa tendenza? Lavorando sulle rappresentazioni
televisive e pubblicitarie delle donne, hanno ricordato Maria Bollini
della Rai e Alberto Contri di Pubblicità Progresso. Ma non basterà,
finché a cambiare non saranno anche gli stereotipi che riguardano il
maschile. Se è vero che, come ha spiegato Grésy, oggi “è più
facile per un uomo bussar alla porta della cucina che per una donna
bussare alla porta di un consiglio di amministrazione”, però gli
uomini a quella porta certo non si accaniscono per entrare. Laurent
Depont ha affrontato il problema per il gruppo Orange, che è
all’avanguardia su queste tematiche, promuovendo per i dipendenti
uomini modelli nuovi di conciliazione tra famiglia e lavoro. “La
posta in gioco è far aderire gli uomini a questo cambiamento, far sì
che accettino di bussare a quella porta della cucina, che si occupino
anche loro della casa e dei bambini. È nostra responsabilità
promuovere questo cambiamento”, ha affermato il manager francese.
È
così che si apre, oltre gli stereotipi, un orizzonte intero, non più
parziale, non più fatto di binarietà rigide, non solo per le donne
ma anche per gli uomini.
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