Questa
è una storia a puntate
Una storia triste, una storia apparentemente
circoscritta.
Una storia che riguarda le bambine e i bambini, e le
bibliotecarie, e il progetto Nati per leggere. E che riguarda le
mamme. Giusto, le mamme, quelle di cui tanto si parla in questi
giorni con feroce curiosità, quelle che devono essere sempre
perfette e mai depresse (consiglio il proposito lo splendido post di
Helena Janeczeck sulla madre-strega). Le mamme che a volte si fanno
branco, perché così si fa, da millenni, e così si ritiene giusto.
Possiamo
partire da un libro,
Il libro delle famiglie di Todd Parr, dove si
racconta la verità.
Le famiglie sono plurali, sono diverse fra loro
(diamine, lo dice persino l’Istat). Possono essere formate da un
genitore, o da due, e quei due possono essere dello stesso sesso.
Normale, no? No. Se digitate su google il titolo del libro seguito
dalle parole “contro il gender” potete rendervi conto da soli
delle reazioni feroci che il libro ha suscitato tra i fondamentalisti
cattolici (sì, fondamentalisti: altro termine non mi viene). Qui,
per dire, ce n’è una.
Possiamo
partire anche da un altro libro.
Un classico, davvero: si chiama
Piccolo blu e piccolo giallo, lo ha scritto Leo Lionni e parla,
semplicemente, di amicizia. Però c’é un precedente: questo libro
fa parte anche del progetto “Leggere senza stereotipi”, e la
parola “stereotipi” è sufficiente per far venire il mal di
pancia ai fondamentalisti di cui sopra. Già qualche tempo fa la
storia di due macchie di colore diverso che insegnano alle bambine e
ai bambini cosa significhi la parola rispetto è stata oggetto di
strali e crociate
Andiamo
avanti.
Ci sono progetti per diffondere la lettura nelle scuole. Sono
noti e preziosi: Nati per leggere e In vitro. Progetti preziosi, che
provano a cambiare le cose nel paese dei non lettori. E, aggiungo,
anche degli stereotipi, tanto per far venire i crampi a qualche
fondamentalista di passaggio. Magari quelli che credono a quanto
scrive Il Giornale sugli svenimenti dei bambini che sentono parlare
(oddio!) di gender a scuola.
Ora,
se avete avuto la pazienza di arrivare fin
qui, arriviamo al punto.
C’è una città, che per ora rimane
anonima, dove un gruppo di mamme, sembra appartenenti al movimento
Rinnovamento per lo Spirito Santo che ha deciso che quei progetti
(Nati per leggere e In vitro) non s’hanno da fare. O che, quanto
meno, i libri proposti vadano prima vagliati da loro.
C’è una
scuola dove la direttrice scolastica sta dando ascolto, a quanto
pare, a quelle madri.
C’è una scuola dove a una riunione è stato
convocato un sacerdote esorcista, che ha ovviamente tuonato contro
l’orrore della vicenda (forse dimenticando, chissà, che l’indice
dei libri proibiti non esiste più. Ufficialmente).
C’è una
raccolta firme aperta dalle mamme.
C’è una richiesta di controllo,
da parte della scuola, di sapere chi entra nell’istituto per
parlare del progetto, quali titoli vengono letti, con quali
argomentazioni. Naturalmente la richiesta arriva dopo le pressioni
dei fondamentalisti medesimi, che on line mettono a disposizione il
modulo da compilare contro il gender. E, mentre noi si parla d’altro,
si mobilitano contro ogni progetto di reciproco rispetto.
Ecco,
questa è la prima parte della storia.
Prima di raccontarvi il resto,
e di dirvi dove sta accadendo tutto questo, chiedo e vi chiedo, e
chiedo al ministero dell’Istruzione, a quello per i Beni Culturali,
al Centro per il Libro e la Lettura, di intervenire.
Perché questa è
una battaglia contro i libri: libri scelti e vagliati anche
istituzionalmente.
Questo è, ancora una volta, un rogo potenziale.
Che questa violenza si fermi, una volta per tutte.
I libri per
bambini aprono menti, e non le chiudono.
In
una parola: aiuto.
Nessun commento:
Posta un commento