martedì 30 dicembre 2014

ROGHI DI LIBRI PER BAMBINI, ANCORA. AIUTO.

Questa è una storia a puntate
Una storia triste, una storia apparentemente circoscritta.
Una storia che riguarda le bambine e i bambini, e le bibliotecarie, e il progetto Nati per leggere. E che riguarda le mamme. Giusto, le mamme, quelle di cui tanto si parla in questi giorni con feroce curiosità, quelle che devono essere sempre perfette e mai depresse (consiglio il proposito lo splendido post di Helena Janeczeck sulla madre-strega). Le mamme che a volte si fanno branco, perché così si fa, da millenni, e così si ritiene giusto.
Possiamo partire da un libro, 
Il libro delle famiglie di Todd Parr, dove si racconta la verità. 
Le famiglie sono plurali, sono diverse fra loro (diamine, lo dice persino l’Istat). Possono essere formate da un genitore, o da due, e quei due possono essere dello stesso sesso. Normale, no? No. Se digitate su google il titolo del libro seguito dalle parole “contro il gender” potete rendervi conto da soli delle reazioni feroci che il libro ha suscitato tra i fondamentalisti cattolici (sì, fondamentalisti: altro termine non mi viene). Qui, per dire, ce n’è una.
Possiamo partire anche da un altro libro.
Un classico, davvero: si chiama Piccolo blu e piccolo giallo, lo ha scritto Leo Lionni e parla, semplicemente, di amicizia. Però c’é un precedente: questo libro fa parte anche del progetto “Leggere senza stereotipi”, e la parola “stereotipi” è sufficiente per far venire il mal di pancia ai fondamentalisti di cui sopra. Già qualche tempo fa la storia di due macchie di colore diverso che insegnano alle bambine e ai bambini cosa significhi la parola rispetto è stata oggetto di strali e crociate
Andiamo avanti.
 Ci sono progetti per diffondere la lettura nelle scuole. Sono noti e preziosi: Nati per leggere e In vitro. Progetti preziosi, che provano a cambiare le cose nel paese dei non lettori. E, aggiungo, anche degli stereotipi, tanto per far venire i crampi a qualche fondamentalista di passaggio. Magari quelli che credono a quanto scrive Il Giornale sugli svenimenti dei bambini che sentono parlare (oddio!) di gender a scuola.
Ora, se avete avuto la pazienza di arrivare fin qui, arriviamo al punto.
C’è una città, che per ora rimane anonima, dove un gruppo di mamme, sembra appartenenti al movimento Rinnovamento per lo Spirito Santo che ha deciso che quei progetti (Nati per leggere e In vitro) non s’hanno da fare. O che, quanto meno, i libri proposti vadano prima vagliati da loro.
C’è una scuola dove la direttrice scolastica sta dando ascolto, a quanto pare, a quelle madri.
C’è una scuola dove a una riunione è stato convocato un sacerdote esorcista, che ha ovviamente tuonato contro l’orrore della vicenda (forse dimenticando, chissà, che l’indice dei libri proibiti non esiste più. Ufficialmente).
C’è una raccolta firme aperta dalle mamme.
C’è una richiesta di controllo, da parte della scuola, di sapere chi entra nell’istituto per parlare del progetto, quali titoli vengono letti, con quali argomentazioni. Naturalmente la richiesta arriva dopo le pressioni dei fondamentalisti medesimi, che on line mettono a disposizione il modulo da compilare contro il gender. E, mentre noi si parla d’altro, si mobilitano contro ogni progetto di reciproco rispetto.
Ecco, questa è la prima parte della storia. 
Prima di raccontarvi il resto, e di dirvi dove sta accadendo tutto questo, chiedo e vi chiedo, e chiedo al ministero dell’Istruzione, a quello per i Beni Culturali, al Centro per il Libro e la Lettura, di intervenire.
Perché questa è una battaglia contro i libri: libri scelti e vagliati anche istituzionalmente.
Questo è, ancora una volta, un rogo potenziale. 
Che questa violenza si fermi, una volta per tutte.
I libri per bambini aprono menti, e non le chiudono.
In una parola: aiuto.


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