«Ci
siamo fermate per pensare, come un treno che sosta nella campagna. Ma
poi si riparte? si chiedono i viaggiatori. La risposta non è
necessariamente sì, potremmo anche decidere di fare altre cose…».
Luisa Muraro, filosofa e scrittrice italiana, usa una semplice
metafora per raccontare una decisione inaspettata e (per molte donne)
sconcertante, la chiusura della storica rivista Via Dogana, tra le
voci più autorevoli del femminismo della differenza. Ventiquattro
anni di riflessioni, senza contare i primi numeri del lontano 1980.
Sconcertante e per certi versi misteriosa perché, come è scritto
nell’ultima pagina dell’ultimo numero appena stampato, non è una
questione di soldi (il bilancio è in attivo), né di passaggio
all’on-line (esiste già il sito www.libreriadelledonne), né di
contrasti interni. Il problema è la rispondenza meno forte e meno
sentita fra la rivista e quello siamo oggi. «Le donne sono ovunque»
recita il titolo del numero 111 con le donne del Mali che danzano in
copertina. E dunque occorre percorrere strade nuove.
Come
scrive Vita Cosentino nell’editoriale, è un cambiamento che ci
invita a prestare attenzione a situazioni (alcune non viste) altre
drammaticamente presenti (come il fanatismo religioso armato). Un
processo che richiede forme politiche inedite che ispirino e/o
coincidano con nuove forme di convivenza nel tentativo di capire
come sia possibile uscire dalla logica dei rapporti di forza. Precisa
il comunicato dell’ultima pagina: «La scommessa del primo numero
di questa serie, cominciata nel giugno 1991, resta aperta: la
politica è la politica delle donne. La decisione ora presa di
fermarci, sarà di aiuto a rigiuocarla meglio? È un rischio che,
insieme alle altre, abbiamo accettato di correre; meglio fermarsi
piuttosto che entrare nel ciclo della ripetizione restando attaccate
a noi stesse più che alla realtà che cambia». Un cambiamento cui
la rivista ha contribuito con la certezza di non essere ancora
arrivate in porto perché l’essenziale non è raggiunto.
Dice
Luisa Muraro:
«Nella
società di oggi vedo luci e ombre: rispetto ai turbamenti e agli
squilibri, fecondi anche per gli uomini seppure difficili da gestire,
portati da molte femministe negli anni Settanta, oggi altri squilibri
premono… L’equiparazione delle donne agli uomini è un processo
avviato sui suoi binari con soddisfazione in molti campi ma è anche
foriero di nuove ingiustizie per le donne. Che sono chiamate ad
adeguarsi a una cultura e a una politica disgraziate. Certo,
l’equiparazione mette a posto qualcosa, le disuguaglianze erano
fonte di clamorose ingiustizie e risentimenti. La visibilità
pubblica è un dato positivo come i buoni risultati raggiunti nel
mondo della genitorialità con gli uomini sempre più coinvolti»
Eppure
restano irrisolti i nodi di fondo. Prosegue Luisa Muraro: «Alle
donne viene chiesto di adattarsi a un mercato del lavoro che è
ingiusto verso tutti e a una politica discreditata, qui in Italia più
che altrove. La stessa cosa accade nelle religioni: in una società
decristianizzata come quella europea, le donne vengono chiamate a
fare i vescovi… Tra poco potrebbe accadere anche nella chiesa
cattolica. Le donne cioè vengono invitate a fare da supporto a
qualcosa molto malmesso. E quindi sacrificano le possibilità in più
che hanno. Facevano una figura migliore Tina Anselmi o Nilde Iotti!
Le donne oggi non possono far fiorire le loro doti».
Che
fare dunque davanti a tutto questo? Un numero ricco, innanzitutto,
che cerca di trovare una spiegazione all’affermarsi del sedicente
stato islamico, una barbarie di cui i musulmani e le donne sono le
prime vittime, come scrive Aicha El Hajjami. E approfondisce le
diverse politiche nei confronti della prostituzione, dal
proibizionismo svedese alla legalizzazione tedesca. O ancora descrive
due grandi senza autocelebrazioni, Maria Giovanna Piano e Mariolina
Fusco, a capo di un’impresa che ha messo al centro il lavoro e
colloca la Sardegna in una dimensione europea, l’IFOLD (Istituto
formazione lavoro donne).
Ora
è comprensibile che le singole donne spendano le loro energie per
inserirsi e adattarsi, ma la rivista mantiene la sua radicalità di
pensiero. E dunque per quanto sia apprezzata non trova più
sufficiente rispondenza presso le donne. E gli uomini? Risponde
Luisa:
«Presso
gli uomini non abbiamo mai trovato una rispondenza adeguata, né a
destra, né a sinistra, dove persiste una tenace misoginia, una sorta
di omosessualità mentale. Certo, c’è sempre stata una minoranza
di uomini amici delle donne che hanno intuito come la presenza
femminile sia essenziale per l’umanità»
Fermarsi
per pensare, dunque, ma non solo. «Io personalmente – conclude
Luisa Muraro – voglio fare posto a quelle più giovani o più
silenziose che finora hanno delegato a parlare donne come me. Questa
delega non va bene, per questo ho fatto un passo indietro. La
decisione di chiudere è stata accettata, ma non tutte erano
d’accordo. Sono arrivate qui per discutere da tutt’Italia e
alcune avrebbero voluto continuare. In fondo è solo finita la
seconda serie: è possibile riprendere con un nuovo slancio e nuove
idee, ma questa volta senza di me!»
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