Barbara
Bonomi Romagnoli scrive: essere femministe vuol dire voler cambiare,
insieme, un mondo che non ci piace. Sono d’accordo con lei e sono
femminista come lei. Sia chiaro, io condivido non il progetto
titanico di rifare il mondo, ma l’idea di lottare praticamente
contro la logica del potere (profitto, competizione, rapporti di
forza), a partire da me, facendomi forte delle relazioni che ho con
altre e altri. Vorrei aggiungere che il mondo sta cambiando comunque.
Il movimento femminista c’entra con questo cambiamento, ma bisogna
vedere come. La mia polemica nell’intervista di Giovanna Pezzuoli
era nei confronti di quelle donne che vengono promosse con la logica
della parità e della cooptazione. La mia polemica era con il
femminismo di Stato che promuove delle eterne seconde (sottinteso:
rispetto agli uomini).
Dalle
parole di Barbara B.R. deduco però che mi sono spiegata male,
malissimo, infatti lei mi accusa di un mancato riconoscimento verso
quelle come lei, che vogliono cambiare il mondo. Al contrario!
Ma,
precisato questo, mi resta l’impressione profonda che la cosa non
si riduca a un equivoco. Non si tratta cioè, da parte di Barbara e
di altre che le danno ragione, di un attacco limitato a
quell’intervista e neanche di un attacco personale a me. Ho
l’impressione piuttosto che quello sia stato un pretesto per una
polemica più grande di me, che però mi riguarda da vicino. Ma da
dove nasce e qual è il punto in questione?
Credo
che la risposta si nasconda in quell’immagine dell’osso che
troviamo nel testo di Barbara B.R.: le eterne prime (le vecchie
femministe come me?) non mollano l’osso e di conseguenza ci sono
femministe (come lei, cioè le più giovani?) che restano eterne
seconde. Così si esprime.
Non
sono un muro di gomma, la violenza delle parole e dei sentimenti di
una donna la sento. Ma non mi abbatto: la pratica di relazione ci
insegna ad ascoltare e a pensarci. Ecco le ipotesi che ho fatto sul
significato dell’osso conteso.
La
prima ipotesi è molto simbolica, quasi metafisica. L’osso potrebbe
essere l’appartenenza alla “generazione fortunata”, delle nate
tra il 1935 e il 1955: donne chiamate a innovare profondamente
l’umanità cambiando i rapporti fra i sessi in un senso favorevole
alla libertà femminile. Le nate dopo si collocano fatalmente nel
seguito di questa impresa.
Seconda
ipotesi. La contesa per l’osso nasce da una sottrazione indebita.
In altre parole, le femministe come me hanno vissuto, negli anni
Settanta e Ottanta, un’esperienza di felicità che non hanno saputo
trasmettere… per avarizia? Abbiamo mancato a una responsabilità
politica… per insipienza?
Terza
ipotesi. Non c’è una contesa vera e propria e la mancanza di cui
parla la seconda ipotesi sarebbe propriamente un difetto d’amore.
Non parlo dell’amore sentimentale ma dell’amore come componente
della passione politica, componente necessaria specialmente alle
donne, in quanto meno sensibili degli uomini alla attrazione del
potere. Tra i progetti che ormai restano nel limbo di Via Dogana, io
ne ho concepito uno che poteva tradursi in un titolo così: Donne,
amate le imprese delle altre donne.
La
questione va posta con o senza Via Dogana. Penso alla mappatura dei
femminismi in Italia, fatta da Barbara B.R.: come lei sospetta, io
non ne sapevo nulla, dunque qualcosa non ha funzionato nella
trasmissione della notizia. Altro esempio, preso dalla stessa fonte,
è il convegno nazionale di Firenze, il 6-8 dicembre, promosso dalla
Società delle letterate e dal Giardino dei ciliegi, di cui questo
sito non ha dato notizia perché non ne sapeva nulla. Eppure la
notizia c’era sul manifesto del 5 dicembre e la Libreria delle
donne è abbonata al manifesto: anche qui, qualcosa non ha
funzionato… Il rimedio non è l’organizzazione, credo che siamo
d’accordo. Il rimedio è la passione politica, una passione
impastata di amore per le imprese delle altre.
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