Cara
Muraro, la forza delle donne è la libertà di idee anche distanti
Noi
sessantenni, distanti dalle altre?
Certo,
per anni, rughe e orizzonti… Diverse, distanti non so. Non è un
caso che le persone con cui ho rapporti di scambio, discussione,
litigio (qualche volta) e quindi interazione sono le 30/40enni.
Cara
Muraro, come farete ad ascoltare se partite dal rifiuto delle strade
che le altre stanno scegliendo? Perché ancora citare solo la propria
generazione (certo fortunata, anche perché aveva utopie orizzonti
che le attuali non possono avere). Luisa Muraro, Lia Cigarini, sono
certo le “madri” del pensiero femminista che si è sviluppato in
Italia. Con Lea Melandri, Letizia Paolozzi, Bia Sarasini… Eccomi
anch’io a citare la mia generazione. Le ho lette, seguite, per
trovare altri pensieri. Per restare a quegli anni, però, i pensieri
altri e la mia ribellione si è formata anche su Kerouak. E pure su
Lang, Cooper… che da psichiatri (alternativi ovviamente)
sostenevano la fine della famiglia o se volete la famiglia come luogo
di schiacciamento dell’io… Di maschi e femmine. Loro non facevano
distinzioni… Io allora avevo traslato famiglia con consuetudini,
cultura patriarcale….
Se
qualcuno mi chiede se sono femminista, oggi dico sì: credo ci sia
bisogno di dirlo. Non ho però frequentato le pratiche femministe, ci
avevo buttato un occhio. Ho, quasi subito, preferito una strada
individuale. Ho cercato di attingere ovunque. Ovunque trovassi parole
aperte.
Non
so, la Yourcenar di “A occhi aperti”, per fare un esempio, voce
totale di un’intervista di un uomo la cui presenza è appena
percettibile nelle domande. E le risposte che segnano tanti percorsi,
in cui contagiarsi ma non appartenere. L’autoderminazione l’ho
inseguita ogni istante… (quasi). Diciamo l’ho “messa in
pratica” con scelte, contrapposizioni, curiosità. E continua ora
che navigo sui sessanta… No, cara Muraro, quello che dici non mi
piace. Non mi piace, come fece Snoq dividere in brave e zoccole o
dividere,come fai tu oggi in militanti e manipolate. Non così,
generalizzando. Non mi piace ritrovare nelle tue parole quel suono
incomprensibile a chi non fa parte del percorso storico. Che è lo
stesso che vi ha diviso, isolato tra voi, rese incomprensibili alle
altre e agli altri. Non c’è un solo modo di essere donne pensanti
e autonome. Non c’è un solo modo intellettuale, penso a Beatrice
Preciado o a Nicla Vassallo. Non c’è un solo modo di fare politica
o dare a se stesse le opportunità di una crescita che non è da meno
dei compagni maschi. Penso a una collega che gioca ai videogames come
il marito. Ah già, troppo banale… Penso ad altre colleghe che si
fanno il mazzo, per ore di lavoro e studio, per raccontare alla pari
dei colleghi . Penso a quelle che studiano, fanno carriera… Ah,
sono puntelli, riflessi, eterne seconde…
C’è
tutto il mondo della Rete, altri spazi, altri modi, altri toni…
Ancora qualche esempio, Margherita Ferrari o Eretica che dai loro
siti/blog non smettono di fare le pulci sia a comportamenti sessisti,
spesso con il sarcasmo, sia al conformismo, sia alla parità di
maniera. E pure al femminismo storico. Non le condivido sempre. Non è
necessario.
Quello
che dici non mi pare una pausa di ascolto. Ma l’ennesimo
arroccamento sulle proprie verità. A partire dal linguaggio.
Luisa
Pronzato
Il
pensiero della differenza?
Non
sono sicura che ci aiuti a essere più libere
Appartengo
a un’altra generazione (quella nata negli anni 70), ma sono
d’accordo con quanto scrive Luisa Pronzato. A partire dal giudizio
di Luisa Muraro sulle donne in politica oggi. È facile opporre due
figure imponenti come Nilde Iotti e Tina Anselmi. Ma serve? Non
significa dimenticare che c’è stato uno scadimento generale della
politica? Vale per tutti ma si rinfaccia alle donne.
Oltretutto
mi sembra ci sia una contraddizione di fondo: Muraro (giustamente)
critica la politica tradizionale, poi rimprovera alle donne di farla
solo da subalterne. Si dimentica però che la «politica» è un
sistema che funziona per coptazione e quindi espelle tutto ciò che
non è affine a quel medesimo sistema. Renzi, che ha un talento
comunicativo e un carisma fuori dall’ordinario, è pur sempre il
figlio di un rodatissimo esponente Dc (vogliamo parlare di D’Alema?
o Alfano?).
Iotti
e Anselmi sono state sì grandissime, ma in quel sistema sono entrate
grazie alla frattura della Resistenza: un periodo storico brevissimo
in cui tutti gli assetti costituiti sono saltati per la guerra e la
reazione alla dittatura. Neppure il ’68 è riuscito a fare
altrettanto per le donne, di certo non ci sono riusciti gli anni 70
con il rifiuto della «politica maschile».
Il
pensiero della differenza, infine: non riesco – nonostante la
gratitudine per il lavoro fatto dalle pensatrici di quella
generazione, e la consapevolezza del suo valore filosofico – a non
registrare vari punti di distanza. Uno – come spiega Luisa
(Pronzato) – è il linguaggio, che finisce per parlare a chi è già
d’accordo, incapace di vedere chi non rientra in quegli schemi. Un
esempio solo: l’abitudine di alcune di declinare tutto al
femminile, fino a espressioni come «site amiche» invece che «siti
amici», registrata online.
Non
so se abbia senso chiudere Via Dogana per fare silenzio, è
importante invece sapere ascoltare, anche quello che è detto con
parole apparentemente straniere (sempre più spesso in Rete, un campo
di auto-educazione formidabile per le nuove generazioni di
femministe, che nella maggior parte dei casi hanno dovuto
ricominciare da zero perché è mancato un rapporto diretto con le
femministe storiche). Solo trovando i termini per un dialogo, le
«idee buone» che rivendica Muraro possono ricevere nuova linfa ed
espressione. Altrimenti rimangono un discorso autoreferenziale.
Il
secondo è l’ontologizzazione, l’idea che esista una univoca
«natura femminile», contrapposta a quella maschile: se il
femminismo è stato prima di tutto un pensiero e una pratica di
libertà per le donne, questa idea che esista una natura femminile
(Altra? Migliore? Unica?) mi sembra una nuova gabbia. E infatti oggi
la Muraro su tanti temi ha le stesse posizione dei conservatori.
Compreso il modo vagamente ostile in cui parla di omosessualità
(«Soltanto così viene meno quella sorda omosessualità mentale che
poi sfocia nel politically correct verso le donne, quanto mai
fastidioso»).
Non
esiste «la donna», esistono le donne. E anche gli uomini, che
devono essere chiamati a una riflessione critica sul maschile, non a
fare l’agiografia di Matilde di Canossa. Perché se le verità che
il femminismo ha esplorato su come sono strutturati i rapporti tra i
generi nella società non diventano patrimonio comune, non si va da
nessuna parte…
Questo
non toglie che dalla riflessione sulla differenza femminile io
personalmente abbia imparato moltissimo: a partire dal fatto che non
c’è carriera che valga la rinuncia agli affetti. Ma non credo che
le donne siano per natura «Altre» e quindi, sottinteso, «Meglio».
Elena
Tebano
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