Quando parliamo
degli stereotipi di genere e tentiamo di decostruirli e abbatterli,
lo facciamo perchè siamo fermamente convinte che siano
contemporaneamente specchio delle discriminazioni reali e causa del
consolidamento della cultura patriarcale nella sua forma più
esteriore.
Questo discorso vale
forse ancora di più per quel che riguarda l’infanzia: l’entry
point del consumo si è abbassato notevolmente negli ultimi anni e
oggi ad avere in mano il mercato sono per lo più consumatori molto
giovani o addirittura bambini. Programmi e film che una volta erano
destinati a un pubblico adulto, oggi hanno un’utenza per lo più
infantile o preadolescenziale: il cortocircuito comunicativo si
sviluppa quando a questa utenza così giovane viene proposto un
modello stereotipato, erotizzato ed oggettivizzato quanto quello dei
loro genitori, anche per i prodotti da bambini.
Ovviamente uno degli
ambiti più significativi è proprio quello dei giocattoli, dove più
e meglio proliferano stereotipi di genere che, ben radicati nell’uso
e nella “tradizione”, aiutano la cultura patriarcale ad affondare
le proprie radici nel divertimento dei più piccoli, delle più
piccole, che un giorno diventeranno donne e uomini ben addestrati.
Così, da Natale
2013 portiamo avanti la campagna “La discriminazione non è un
gioco”
Lanciata per la
prima volta nel 2012 dalle nostre amate compagne del Medusa
Colectivo, in Cile, la riproponiamo in Italia perchè la troviamo
particolarmente adatta al nostro contesto, e perchè ci rattrista e
insieme ci rafforza l’idea che in Paesi così distanti si facciano
le stesse lotte.
Del loro comunicato
riprendiamo queste considerazioni
“Noi usciamo dal
binomio maschio/femmina perchè siamo esseri umani, non siamo
frammentati e non possiamo continuare a crescere incasellati in ruoli
assegnatoci ( tra i quali il maschile è sempre un ruolo di
dominazione rispetto al femminile ).
Infine, vogliamo che
le nostre relazioni obbediscano solo al desiderio e al piacere,
questo proponiamo, usciamo dai ruoli imposti ( l’amore romantico,
l’esclusività, il “per sempre”, la eteronormativtà, il
sacrificio, la colpa e la stigmatizzazione della maternità ) dando
un nuovo significato alla nostra soggettività e a questa forma di
ribellarci alle imposizioni patriarcali, permettendoci di sentire,
pensare e creare liberamente, recuperare il nostro corpo per
disegnare le nostre proprie vite.”
E a queste uniamo le
nostre.
In questi ultimi
anni abbiamo monitorato la comunicazione nell’ottica di genere e ci
siamo rese conto di quanto radicati siano stereotipi e
discriminazioni nell’industria dell’infanzia.
Abbiamo realizzato
un’inchiesta sui cataloghi di giocattoli dell’anno passato,
Infanzia Made in Italy, rilevando in particolare quattro
caratteristiche comuni a quasi tutta la produzione
Una netta
distinzione degli articoli “da femmina” dal resto del mondo
maschile o “neutro”.
I giochi da bambina
normalmente sono rosa in tutte le sue sfumature, dalle forme
arrotondate e poco serie, brillanti e vezzosi.
Ci sono giochi da
bambina e giochi da bambino e poi un territorio neutro, comunque
caratterizzato al maschile, come se le piccole potessero trovare se
stesse solo in un certo tipo di giochi.
I giocattoli sono
“da femmina” o “da maschio” secondo severe categorie di
differenziazione dei ruoli, inculcando una specie di predestinazione
biologica: alle bambine sono riservati tutti i giochi di simulazione
di cura della casa e della famiglia con tutte le derivazioni volte
comunque all’ “istinto di accudimento” ( sempre rosa e con foto
di bambine sulle confezioni ), ai bambini i giochi di simulazione del
lavoro, prevalentemente virile cioè caratterizzato per successo
sociale o forza fisica.
I giochi “neutri”,
di tipo scientifico tecnologico, sono spesso caratterizzati dalle
foto di soli maschi sulle confezione. Anche quando invece il gioco è
destinato ad entrambi i generi, esiste ancora più spesso una
“versione femminile”, dove di nuovo ritornano i colori rosa, si
abbassa il livello delle conoscenze richieste, cambiano gli ambiti di
apprendimento ( relegati spesso nel mondo dell’estetica: trucco,
gioielli, vestiti ).
Tra i giochi per
bambine, molti veicolano un modello estetico imperante, fatto di make
up anche per piccolissime e di canoni estetici fuorvianti e
innaturali. Bambole sottili, dalle labbra turgide e gli occhi
truccatissimi. Giochi ritenuti creativi che insegnano alle bambine
dai 3 anni in su a truccarsi e “farsi belle”.
Per questo, con
l’avvicinarsi dell’evento più consumista dell’anno, ci siamo
chieste: che genere di gioco regalare?
Le bambine che
giocano a fare la mamma, la moglie, la massaia e poi appena più
grandi sognano di diventare come scheletriche bambole dalla
proporzioni assurde o di valorizzarsi solo col trucco e la moda.
I bambini che
imparano a giudicarsi e giudicare secondo il binomio maschio/femmina,
forza/debolezza, semplicità/vanità.
L’apprendimento a
due binari, distinti per temi e velocità.
La contrapposizione
rosa/azzurro, due mondi inconciliabili persino nel gioco.
Decidiamo di no.
Nei negozi di
giocattoli di diverse città italiane, abbiamo lanciato la campagna
“La discriminazione non è un gioco”: consiste nell’attaccare
degli adesivi sui giocattoli che rispecchino una delle quattro
caratteristiche elencate sopra, per aiutare chi compra a capire bene
cosa sta acquistando, cioè sessismo, discriminazione, stereotipi.
Medusa1
Uno aiuta a
sottolineare la differenziazione di genere di alcuni giochi di
simulazione del lavoro “dei grandi”: solo i maschi possono
giocare con le ruspe, solo le femmine con gli intrecciacapelli.
medusa2
L’altro sottolinea
i giochi che vendono canoni estetici innaturali, costituendo quel
modello impossibile che, insegnato fin da piccole, è uno dei motivi
della scarsa autostima e considerazione di sè di molte donne.
Medusa4
Il terzo invece si
va a posare su tutti quei giochi “di accudimento” rigorosamente
per femmine, perchè per tirare su un esercito di donne
“multitasking” è bene addestrarle fin da piccole.
Gli adesivi sono gli
stessi della campagna cilena del collettivo Medusa, tradotti in
italiano e con la speranza che sia sempre più possibile fare rete
tra realtà così lontane eppure tanto vicine.
Per lo stesso
motivo, aspettiamo sempre fiduciose le foto di chi volesse
partecipare alla campagna.
Gli adesivi potete
scaricarli direttamente da questo post salvando l’immagine,
stamparli in copisteria e… aspettiamo le vostre foto!
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