«Ma
non mangi neanche il pesce?». Undici anni da vegetariana e mio
cugino Alessio al pranzo di Natale mi farà immancabilmente la stessa
domanda. Dall’altro capo del tavolo una zia mi inviterà di nuovo
ad assaggiare il contorno di verdura preparato nella stessa pentola
dell’arrosto o a prendere del purè di patate in cui hanno messo,
«per insaporirlo», dei pezzi di prosciutto («al massimo quelli li
togli» suggeriscono). Pranzi e cenoni delle Feste per me sono,
gastronomicamente parlando, il peggior momento dell’anno. E
quest’anno che la mia dieta è ormai quasi totalmente vegana andrà
anche peggio. Perché se già rifiutare faraona arrosto e baccalà
mantecato viene visto come un’offesa, figuriamoci se provi a dire
di no al panettone.
Eppure
un’alternativa a chi ti dice «noi mangiamo la carne, l’abbiamo
sempre mangiata, se non ti sta bene evitala tu» ci sarebbe: a casa
del mio fidanzato (cucina bergamasca doc con qualche tocco siculo) la
proposta di preparare le crespelle vegane con la farina di ceci e,
per il ripieno di funghi, sostituire la besciamella classica con
quella di soia è stata subito accolta. Sia per il piacere di
condividere anche il momento della preparazione del pranzo, sia per
la golosità di assaggiare qualcosa di nuovo. Lo scetticismo non
manca: «Non capisco com’è che dalla soia si arrivi al latte…
Però si può provare». E questo nonostante lo scorso anno un
tentativo di panettone vegano al farro avesse deluso un po’ tutti.
Anche
alla loro tavola ci saranno probabilmente l’arrosto e le tartine al
salmone, eppure la sensazione non è di esclusione ma di rispetto
reciproco. Perché non è che i vegetariani mangino esclusivamente
verdure e gli onnivori esclusivamente carne: basta pensarci un
pochino e si trovano tanti piatti in comune. Non posso e non spetta a
me impedire agli altri di mangiare carne, ma perché anche la mia
scelta non può essere rispettata anziché considerata un capriccio?
Forse è pure un capriccio intestardirsi sul non voler nemmeno
provare a fare l’insalata russa con la maionese vegan perché non è
la ricetta tradizionale.
Tuttavia,
per evitare di finire di nuovo sotto torchio e passare l’ennesimo
pranzo a giustificare i motivi della mia scelta, a cercare per
delicatezza di non far notare la contraddizione di chi ti dice «anche
io mangio poca carne» mentre addenta una fetta di salame e a
rassicurare tutti sulla mia salute di ferro, anche quest’anno mi
scuserò se non riempio il piatto «per colpa all’abbuffata della
sera prima» (e non perché gli unici piatti vegan a tavola sono
carciofini sott’olio e polenta). Però chiedo qui: davvero è
impossibile provare un’alternativa vegan ad almeno uno dei piatti
classici che porterete in tavola? Sono le persone che fanno le
tradizioni, non le tradizioni che uniscono le famiglie.
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