Natale. Volevo fare
gli auguri a tutt*. In particolare a quelle donne che lavorano per le
feste, con contratti terribili o in nero. Quelle che aggiustano le
vetrine, puliscono cessi nei locali, servono ai tavoli dei pub, si
esibiscono nelle discoteche, rivestono manichini per esporre merce o
la indossano per esporla a clienti e guardoni.
Auguri alle ragazze
che mostrano il corpo, vendono sorrisi, sponsorizzano prodotti. Alle
hostess di centri commerciali che assumono personale di bella
presenza e che restano in piedi per ore e ore e ore. A quelle che
vanno in giro a corpo svestito e devono sorbirsi da un lato gli
sguardi maliziosi dei sessisti e dall’altro quelli moralisti delle
donne che immaginano siano dignitosi solo i mestieri in cui vesti da
suora.
Auguri a tutte
quante, sperando che datori e datrici di lavoro abbiano in mente di
pagarle il giusto, che possano assentarsi per starnutire, mangiare,
pisciare. Auguri a quelle che devono animare, intrattenere, fare
giochi scemi per far ridere clienti paganti in ristoranti, hotel,
villaggi, iniziative varie.
Auguri a quelle che
sono state assunte con contratti che durano due giorni per
rappresentare le istituzioni in momenti ufficiali. Sappiate che le
“istituzioni” sono quelle che vi pagano dopo due secoli e alla
faccia della meritocrazia se non vi sta bene un completino uguale a
quello delle hostess dei centri commerciali allora non vi pigliano.
Sempre di vendita, tutto sommato, si tratta.
Auguri alle
collaboratrici in senso lato, a quelle che lavorano a partita Iva,
quelle che devono esserci a Natale e poi al cenone di Capodanno e
hanno il sangue ai piedi per l’andirivieni tra cucine e sale dei
ristoranti mentre ubriachi festeggianti e pereppereppeppari le fanno
inciampare. Auguri alle studentesse fuori sede che per mantenersi già
lavorano e non tornano a casa sicché si sentono sole rimpiangendo
perfino quello che normalmente non tollererebbero.
Auguri alle donne in
vacanza che una vacanza, in effetti, poi non la vivono. Quelle che
devono stare in cucina, a preparare pranzi e cene per venti persone,
ché hanno il “piacere” di vivere momenti di intensa fatica in
famiglia, dove i ruoli sono a volte stabiliti a priori e dunque vedi
gli uomini a giocare a carte e le donne a servire anche il dessert.
Auguri alle sex
workers che restano al freddo, per la strada, sfuggendo le ordinanze
pro/decoro di sindaci che vogliono multarle e schivando i tiri a
pallini di gomma di giovani annoiati in vena di originali puttan
tour.
Auguri alle
migranti, le invisibili, le clandestine che guardano città dalle
vetrine illuminate senza scorgere nulla di familiare che regali loro
calore, fiato, accoglienza.
Auguri alle ragazze
che dopo il sesso non protetto, distratto, sfortunato, devono
superare obiettori e pro/life e fare chilometri e chilometri per una
pillola del giorno dopo.
Auguri a quelle che
vanno alle feste, si divertono, si ubriacano e quando raccontano di
uno che le ha molestate devono sopportare quell* che “se sei
ubriaca allora vuol dire che ci stai”, perché se esci, vai in
discoteca, balli e ti diverti, secondo alcun*, poi non puoi dire no.
Dicono che non lo puoi fare.
Auguri alle ragazze
che vanno in giro mano nella mano e incontrano qualcun@ che dice che
se sono lesbiche è perché non hanno trovato l’uomo giusto che le
fa godere.
Auguri alle
disoccupate, le precarie, le pensionate senza una pensione, quelle
che non sanno dove sbattere la testa e vivono queste giornate col
terrore di uno sfratto, un licenziamento, un pagamento da effettuare,
a evitare telefonate minacciose di esattori e le scampanellate di
pignoratori.
Auguri alle ragazze
in lotta, dentro e fuori casa, quelle autodeterminate, che occupano e
liberano spazi da regalare a tutt*, che sorridono, “difendono
l’allegria e organizzano la rabbia”, irriverenti con l’autorità
a fare le pernacchie ai patriarchi e alle matrone.
Auguri a tant*, non
necessariamente a tutt*, perché a Natale non è vero che si è più
buoni. Semmai un po’ più ipocriti a compensare il mito della
festività utile a comprare e vendere, anestetizzando la realtà,
mercificando sentimenti, lacrimucce senza senso, mentre la gente
continua a perdere vita, metro dopo metro, sapendo che nessuno gliela
restituirà mai.
Auguri a voi.
Consapevoli che la speranza deriva dalla lotta, dalla ribellione ché
non c’è nessun babbo natale, leggendario o istituzionale, che
potrà mai regalarvela.
Auguri, ancora. E
auguri un po’ anche a me
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