In
un’estate costellata da continui bollettini di guerra, è passato
sottotono un cruento conflitto che necessiterebbe di diffusi
approfondimenti, di modo da non apparire come una realtà
immodificabile. Mi riferisco al continuo incessante assassinio di
donne da parte di uomini con i quali la relazione è venuta meno.
Nonostante
da numerosi anni centri antiviolenza, associazioni di donne,
collettivi femministi, convegni, campagne comunicative, scuole
estive, siti, spettacoli teatrali si dedichino a questa immensa
urgenza sociale, rare sono le rappresentazioni pubbliche che
informano correttamente del fenomeno. Seppur colpevolmente
anacronistico, a livello di mass media la realtà degli uomini
violenti viene suddivisa in due tipologie: se l’uomo che ammazza è
straniero parte la crociata contro il maschilismo della sua
retrograda cultura, se il killer è italiano si tratta indubbiamente
di raptus, attimo di follia, depressione. È passato un anno dal
decreto legge sul femminicidio, che tante critiche provocò per il
suo impianto securitario considerante le donne soggetti deboli da
tutelare, per la mancanza di fondi a sostegni dei centri
antiviolenza, per l’inserimento di misure repressive contro la
tenace mobilitazione No tav. In questi dodici mesi soprusi ed omicidi
non sono diminuiti, segno che non basta una legge per fermare una
violenza che si annida negli aspetti intimi e quotidiani della vita.
«Anche
chi non è direttamente e personalmente colpevole di violenze e
dominio, è comunque corresponsabile per il silenzio, l’indifferenza,
l’omertà, il godimento dei dividendi che il patriarcato
distribuisce a ogni uomo. Nessuno può chiamarsi fuori da questa
corresponsabilità» – scrive Beppe Pavan nel libro Trasformare il
maschile. Nella cura, nell’educazione, nelle relazioni a cura di
Salvatore Deiana e Massimo Greco. Gli uomini di Maschile plurale,
autori del testo uscito a fine 2012, da qualche anno prendono parola
pubblica sul tema della violenza contro le donne, assumendosi
responsabilità politica al riguardo. «Convinti che la
trasformazione del maschile, il cambiamento di ogni uomo che impara a
vivere con cura le proprie relazioni, esercitandosi quotidianamente
in quelle più intime, sia la strada maestra della prevenzione di
ogni forma di violenza maschile».
Nel
testo collettaneo, diversi uomini, partendo da sé, hanno raccontato
i percorsi alla ricerca di nuove forme di maschilità nelle
esperienze affettive, lavorative, corporali. Interessante
l’attenzione che Alessio Miceli pone sulle separazioni, «le
situazioni più frequenti in cui muoiono le donne in Italia per mano
dei loro uomini, per cui manca evidentemente una elaborazione,una
cultura diffusa». Serve invece partire da sé, dal proprio vissuto
per narrare «il nodo della dipendenza dall’altro/a insieme alla
propria autonomia, quel delicato equilibrio che si fa e si disfa per
tutta la vita, quel senso spesso ambivalente delle relazioni
fondamentali, vissute a volte come legami vitali, altre volte come
abbraccio mortale, come perdita del sé». Miceli riflette sulla
necessità di un sapere sulla fine delle relazioni: «quanto è
importante imparare a lasciarci?».
Gestire
le separazioni, affrontabili lutti affettivi, è una tappa
dell’educazione sentimentale ed emotiva che andrebbe elargita fin
da piccol*. Bisogna formare essere umani indipendenti, che sappiano
stare da soli, bastare a se stessi e al tempo stesso stare in
relazione rispettose e non patologiche.
E’
sempre più necessaria una cultura pubblica che faccia propri i
discorsi contro la violenza maschilista decostruendo normativi
stereotipi di genere che fissano le donne nel ruolo di vittime inermi
e passive. Dirompenti le parole delle donne de Le fenici che volano
verso Itaca, gruppo di muto-aiuto seguito dalla cooperativa Befree.
«Abbiamo deciso di chiamarci Le Fenici - racconta una di loro-
perché sentiamo che rinasceremo, anche se dalle nostre ceneri, e che
insieme ce la faremo. Se penso a quando sono arrivata, mi rivedo come
una donna sola e senza speranze che non sapeva dove sbattere la testa
per trovare un po’ di fiducia nel futuro. Oggi mi sento progettuale
e desiderosa di vivere. Lo scambio delle nostre esperienze e la forza
d’animo che le altre mi hanno trasmessa, mi ha ridato la spinta
alla vita che mi mancava».
Donne
che hanno subito violenza e decidono di narrarsi sulla scena pubblica
provocano una falla nella rappresentazione mediatica che evidenzia
solo debolezze e fragilità, non riconoscendo la forza e la
determinazione necessarie per uscire da relazioni violente.
Importanti trasformazioni possono partire dalla potenza delle donne
resistenti alla violenza, le cui parole raccontano di relazioni,
sentimenti, quotidianità che riguardano tutt*.
La
discriminante tra amore e violenza infatti è una linea sottile,
facile da oltrepassare.
Per
questo bisogna impegnarsi nella decostruzione di una cultura che
regola le relazioni tra i sessi interpretando «le differenze come
disuguaglianza e legittimando una gerarchia dei diversi ruoli
sociali, attitudini, caratteristiche, comportamenti attribuiti a
uomini e donne». Sandro Casanova e Gianluca Ricciato, partecipanti
anche a Smaschieramenti, osservano che «il genere non è un destino
scritto nel corpo, ma progettualità di vita; ciascuno/a deve avere
la possibilità di ricercare sue parole, uniche e originali, per
esprimere se stesso/a».
Entrambi
impegnati nella campagna del Fiocco Bianco dal 2007, Casanova e
Ricciato, hanno trovato meritevole il rivolgersi «ai soggetti
potenzialmente implicati nell’agire questa violenza -gli uomini e i
ragazzi- per spezzare i meccanismi dell’omertà e della connivenza
che spesso rendono invisibile una violenza peculiare come quella di
genere, le cui caratteristiche e le cui modalità vengono riprodotte
costantemente nelle diverse epoche e nelle diverse culture
geografiche».
Dirimente
diffondere e dare visibilità a modelli di mascolinità non
aggressivi e prevaricatori, «formare maschilità presenti e future»
(come titola una sezione del libro).
L’ipotesi
che viene sostenuta nel testo «è che la messa in discussione delle
aspettative di genere debba riservare un’attenzione e un
approfondimento particolari nell’ambito del maschile, riguardo agli
uomini coinvolti come attori o come destinatari bambini e adulti
della formazione/educazione/cura, tornando inoltre a domandarsi
quanto da adulti si possa cambiare anche nell’ambito delle
caratteristiche attribuite al genere con cui ci si identifica. E che
sia opportuno che si faccia spazio una voce maschile su questi temi,
a partire dalle proprie esperienze di cura, di accudimento, di
relazione» sottolineano Deiana e Greco.
Recentemente
un’altra campagna mediatica Noino ha visto protagonisti uomini
famosi in vari ambiti (musica, sport, cinema) mettere la faccia
contro la violenza sulle donne, dando risalto alla violenza
psicologica ed a quei comportamenti più difficilmente identificabili
come violenti, anche a causa dell’accento posto a livello di mass
media quasi esclusivamente sulla violenza fisica attraverso un uso
smisurato di immagini di donne tumefatte e lacerate. «Tormentare,
mortificare, ferire, costringere, insultare, molestare ricattare,
spiare, impaurire, opprimere, denigrare: questa è violenza».
L’utilizzo di personaggi famosi permette l’identificazione
soprattutto a quei ragazzi che vivono con disagio il dover incarnare
modelli maschili aggressivi.
«Quando
ti sei accorto di essere maschio e di poter godere di alcuni
privilegi rispetto alle donne?» simili interrogativi vengono posti
in laboratori sulle maschilità contemporanee, in cui numerosi uomini
partendo da sé e dal proprio genere, prendono le distanze dal
modello maschilista, nocivo anche per loro.
Questa
è la direzione per smettere di identificare il maschile come
violenza ed il femminile come fragilità e sottomissione. Servono
spazi di libertà e di discussione in cui declinare le relazioni
amorose in modo politico, lavorando sui legami affettivi al fine di
liberarli da tutta la violenza sommersa.
L’utopia
della fine della violenza patriarcale e sessista passa dalla
decostruzione degli stereotipi di genere, dalle azioni delle donne
resistente alla violenza, dalla presa di parola degli uomini, dalla
formazione e diffusione di mascolinità diverse, dalla pratica
quotidiana di relazioni autentiche. Il personale è politico
significa proprio questo.
Salvatore
Deiana, Massimo M. Greco (a cura di), Trasformare il maschile. Nella
cura, nell’educazione, nelle relazioni, Cittadella editrice,
Assisi, 2012, 227 pagine, 16,50 euro
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