mercoledì 11 marzo 2015

Luci e ombre sull'approvazione della risoluzione Tarabella in tema di diritto all'aborto di Maddalena Robustelli, Zeroviolenza

Alle dodici di stamane (ndr 10 marzo) si è diffusa in rete la notizia dell'approvazione al Parlamento di Strasburgo della risoluzione Tarabella relativa alla "Relazione sulla Parità tra donne ed uomini nell'Unione europea per l'anno 2013". Al suo interno sono affrontati vari temi, il congedo parentale, il gap salariale di genere, il divario pensionistico e l'implementazione di politiche proattive per l'occupazione femminile.
C'è anche un esplicito riferimento al diritto delle donne di disporre del proprio corpo, allorchè il testo "insiste sul fatto che le donne debbano avere il controllo dei loro diritti sessuali e riproduttivi,
segnatamente attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all'aborto; sostiene pertanto le misure e le azioni volte a migliorare l'accesso delle donne ai servizi di salute sessuale e riproduttiva e a meglio informarle sui loro diritti e sui servizi disponibili".
Certamente questa risoluzione è a carattere generale e non si focalizza esclusivamente sul diritto all’aborto, ma tant’è che molte donne europee ne auspicavano il voto favorevole perché, riconosciuto il diritto, ne sarebbe conseguito l’eliminazione dell’ odierno principio di sussidiarietà in materia di libertà riproduttiva. Un principio che consente ai singoli Stati membri della U.E. di legiferare a proprio piacimento, denegando di fatto la tutela dell’autodeterminazione delle donne, come in Italia per il tramite dell’alta percentuale di obiezione di coscienza degli operatori sanitari pubblici, o contrastandola di diritto,come in Polonia, Irlanda e Malta, dove l’aborto non è consentito.
Senonchè il tam tam di soddisfazione è cessato all’improvviso appena letto un tweet dell’europarlamentare Silvia Costa, dal quale si è compreso che il testo era stato emendato. Nello specifico, laddove è stata prevista che “l'elaborazione e l'applicazione delle politiche in materia di salute e diritti sessuali e riproduttivi nonché in materia di educazione sessuale sono di competenza degli Stati membri” Si sono allora incalzati di domande i rappresentanti istituzionali a Strasburgo, che hanno dovuto ammettere il sacrificio del diritto all’aborto sull’altare del rispetto del principio di sussidiarietà.
Un obiettivo fortemente perseguito dagli esponenti del Ppe e avallato dalla mediazione accettata dal Pse, con il voto favorevole all’emendamento suindicato. Lasciare ai singoli Stati la facoltà di decidere le politiche sanitarie in materia di diritto all’aborto consente di dire che il Parlamento di Strasburgo offre alle donne europee una scatola vuota. Riconoscere a livello comunitario un diritto e non consentirne la tutela laddove nella pratica è negato, potrà anche sembrare una vittoria parziale, ma sa tanto l’amaro sapore della beffa.
Ad una europarlamentare che mi ha sottolineato che “I trattati, come sai, sanciscono in questa materia la sovranità degli stati membri. E' a questo che si attaccano gli antiabortisti. La battaglia deve continuare a partire dai territori. Noi oggi abbiamo portato a casa un piccolo ma incoraggiante risultato”, ho risposto: “Non metto in dubbio che rispetto alla risoluzione Estrela il risultato sia favorevole, ma non potete da europarlamentari chiedere alle donne italiane di ripartire dai territori. Se in uno specifico ospedale 7 ginecologi su 7 sono obiettori e da anni si richiede invano l'intervento delle istituzioni pubbliche, come si possono ottenere risultati diversi?
Comprendete che speravamo tanto nell'Europa e nelle sue istituzioni, che con disposizioni specifiche consentisse multe agli Stati membri che non tutelassero il diritto delle donne alla salvaguardia della propria capacità riproduttiva? Certo la risoluzione Tarabella non è a carattere legislativo ma, ove non fosse rimasto il principio della sussidiarietà che avete salvato oggi, le donne europee avrebbero sperato in successive disposizioni cogenti al riguardo del riconoscimento della libertà di decidere in piena scienza e coscienza se divenire o no madri”.
La mediazione al ribasso messa in campo oggi, consistita nell'avere emendato il testo secondo i desiderata del Ppe, determinerà che l'Europa continuerà a negare alle donne polacche la tutela sovranazionale del diritto all'aborto negato in patria, come anche alle irlandesi e alle maltesi. Senza contare il fatto che se nel comunicato stampa successivo alla votazione odierna si legge che "I deputati ribadiscono che le donne dovrebbero avere il controllo sulla loro salute sessuale e riproduttiva, compreso un facile accesso alla contraccezione e all'aborto", vuol dire gli stessi parlamentari sono consapevoli del parziale risultato ottenuto.

Non ci resta, quindi, che constatare che i diritti delle donne in Europa sono declinati al condizionale e non all'indicativo, a differenza degli altri. Ingenue noi donne, di qualsiasi Stato appartenente alla U.E., ad avere pensato che non fosse così.  

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