Oggi
nel nostro Paese le donne possono votare, si vedono riconosciuti
diritti umani al pari degli uomini e godono di maggiori libertà. Ma
la strada da percorrere per una reale uguaglianza tra i sessi è
ancora lunga e richiede molti cambiamenti nella mentalità e nelle
azioni. Il tema sarà al centro della 59esima sessione della
Commissione sulla condizione femminile nel mondo in programma a New
York. La Piattaforma italiana delle organizzazioni delle donne e sui
diritti umani sarà lì con Fondazione onlus Pangea, organizzazione
attiva in Italia sul fronte della sensibilizzazione alle questioni di
genere, per fare il punto sulla situazione in Italia. Ne abbiamo
parlato con la vicepresidente di Pangea, Simona Lanzoni
Donne
e diritti: a che punto siamo in Italia? L’8 marzo per Simona
Lanzoni, vicepresidente di Fondazione Pangea Onlus, organizzazione
attiva in Italia sul fronte della sensibilizzazione alle questioni di
genere, è una data importante. Perché è doveroso ricordare il
lavoro fatto dalle generazioni femminili venute prima di noi per
permetterci, oggi, di godere di libertà e diritti che fino a un
secolo fa non esistevano, che abbiamo e spesso ignoriamo, o che non
facciamo abbastanza per far rispettare, in Italia e in Europa.
“Spesso
questo giorno viene percepito come il momento per andare a mangiare
la pizza con le amiche, e il clou della celebrazione sta nel fatto di
ricevere la mimosa. Siamo noi stesse a svuotare di senso l’8
marzo”, spiega Lanzoni che dal 2002 lavora con la onlus per
promuovere l’empowerment sociale ed economico delle donne nel
nostro Paese e nel mondo. Eppure non possiamo dimenticare quanto
ancora resta da fare, nel mondo, sul fronte dei diritti delle donne:
“Penso alle mie amiche afghane, indiane, nepalesi, alle donne
kurde, turche, siriane e libanesi, egiziane, libiche, tunisine,
palestinesi, israeliane. Penso alle giovani nigeriane sfruttate nella
tratta dei corpi”. Secondo la vicepresidente, dovremmo anche
interrogarci sul perché esiste una giornata internazionale della
donna e non dell'uomo, e su qual è lo svantaggio che paghiamo per
vederci festeggiare ogni anno, un giorno solo e non 365 di fila. Di
questo e altro si parlerà a New York da lunedì 9 al 20 marzo, in
occasione della 59esima sessione della Commissione sulla condizione
femminile nel mondo. Durante questa occasione la Piattaforma italiana
per i diritti delle donne, coordinata da Pangea, farà il punto della
situazione in Italia con un panel ricco di dati.
L’evento
quest’anno riveste una particolare importanza. Venti anni fa
migliaia di attivisti, diplomatici e leader mondiali, si sono
ritrovati a Pechino in occasione della IV Conferenza mondiale sulle
donne per articolare la visione di un mondo in cui tutta la
popolazione potesse vivere una vita piena e alla pari. Il risultato è
stato una dichiarazione che fa il punto su alcuni dei maggiori
ostacoli alla parità di genere nel pianeta, con la creazione di una
piattaforma d'azione (di Pechino) che fornisce le indicazioni e gli
strumenti per superarli. Da allora, ogni cinque anni i Paesi di tutto
il mondo redigono un rapporto per mostrare quali passi avanti hanno
fatto su questi temi e questo è appunto l’anno in cui l’Italia
dovrà tirare le somme. A giugno 2014, il Governo ha inviato il
proprio rapporto ufficiale 2009-2014 all'Onu ma il quadro che ne
emerge rappresenta, secondo la Piattaforma per i diritti delle donne,
solo parzialmente la realtà della condizione femminile in Italia. Da
qui la decisione di redigere un rapporto alternativo (per conoscere
le organizzazioni che lo hanno stilato o leggerlo si può andare su
www.pangeaonlus.org/2014/07/24/rapporto-sull-attuazione-della-piattaforma-azione-pechino-0rFgjTDWqfCFoUMvAebKaM/index.html).
“Nel 2011 lo abbiamo fatto in occasione di un'altra scadenza, il
rapporto ombra relativo alla Convenzione Onu sull'eliminazione di
tutte le discriminazioni sulle donne (Cedaw). Si procede a piccoli
passi, ma incessantemente”, spiega Lanzoni. Qualcosa di positivo
dal governo italiano, grazie anche all’impegno delle associazioni,
è arrivato. I rapporti ombra sono studi che possono essere
utilizzati per far pressione su chi governa, riuscendo a ottenere
risultati anche importanti (in Italia, uno per tutti, la ratifica e
l'entrata in vigore della Convenzione di Istanbul, sulla violenza di
genere).
Parità
di genere. "Ultimamente si sono registrati passi in avanti,
seguendo un trend internazionale e si è scelto di coinvolgere
maggiormente le donne in politica. È cresciuta la percentuale
femminile tra i parlamentari", conferma Lanzoni. "Sono
state nominate diverse donne ai vertici di aziende pubbliche e
parapubbliche anche importanti ed è aumentata la presenza femminile
nei cda di aziende quotate in borsa. Tutto questo però non migliora
le condizioni di vita delle donne in Italia". Ecco perché,
sulla parità di genere, il nostro Paese negli ultimi cinque anni ha
più volte attirato le critiche delle istituzioni internazionali. Per
fare un esempio, secondo i dati dell'ultimo rapporto Istat sul
benessere economico in Italia (2014), le disuguaglianze nell'accesso
al lavoro tra donne e uomini negli ultimi anni si sono accentuate e
il divario di genere resta molto elevato. A febbraio 2014 risultava
occupato solo il 46,6% delle donne, contro il 64% degli uomini. Tutte
devono affrontare la mancanza e la precarietà di lavoro e di welfare
che si accompagna al retaggio culturale che le vede "responsabili"
della cura dell'infanzia, degli anziani e della famiglia.
“Siamo
un Paese in cui mancano vere politiche di welfare, a partire da asili
nido, scuola a tempo pieno, cura di anziani e disabili. Mancano
misure che favoriscano il mantenimento di un posto di lavoro con uno
stipendio in grado di sostenere tutte le spese che una persona e una
famiglia devono affrontare. Le giovani donne si trovano costrette a
scegliere tra mantenere un lavoro o fare figli. Il nostro tasso di
natalità è tra i più bassi in Europa perché non abbiamo scelta”.
Violenza
di genere, media e carriera. Sul fronte dei maltrattamenti, non
abbiamo ancora un piano antiviolenza concordato con le organizzazioni
specializzate su questo tema, nonostante i media ci bombardino di
notizie negative, con femminicidi ogni due, tre giorni. Ecco perché
la onlus sta lavorando per attivare una campagna di raccolta fondi
nazionale per contrastare la violenza domestica dal titolo
"#maipiùinvisibili", finalizzata anche a sostenere cinque
centri antiviolenza nel Sud del Paese, così da evitarne la chiusura.
Tornando
a parlare di media e donne, l'immagine veicolata da pubblicità e
programmi è fuorviante e non rispecchia la realtà: “Siamo ancora
ipersessualizzate o presentate come donne-sante. Ma nella vita di
tutti i giorni siamo ben altro”. Ossia persone che studiano,
lavorano, pensano alla famiglia, fanno di tutto per essere, come si
dice, “multitasking”. Nel 2012 la quota di giovani che ha
interrotto precocemente gli studi è stata pari al 17,6%, il 20,5%
tra gli uomini e il 14,5% tra le donne. Ma non sempre questi sforzi
vengono premiati. Pur rappresentando il 58% dei laureati, le
ricercatrici universitarie sono infatti 10mila su 24mila, le
professoresse associate 5.600 su 16mila, le ordinarie 3mila su 14.457
e sono solo 5 le donne su 78 rettori in tutta Italia.
Salute.
Mancanza di politiche adeguate sul fronte del welfare,
dell’istruzione, dell’inserimento nel mondo del lavoro e della
sanità: un campanello di allarme è rappresentato dalla diminuzione
della speranza di vita delle donne (notoriamente superiore a quella
degli uomini) che in Italia si sta allineando a quella maschile. “Per
non parlare del mancato rispetto delle leggi che garantiscono i
diritti sessuali e riproduttivi”, precisa Lanzoni. “L'Italia è
un Paese con una specificità culturale e religiosa che a volte entra
in collisione con il rispetto di leggi e convenzioni internazionali”.
Il tema salute, inoltre, si collega automaticamente a quello dei
disastri ambientali. Diversi studi hanno indagato, ad esempio, la
connessione tra l'esposizione a composti diossina-simili e la
crescente incidenza di endometriosi. “Da noi mancano il
riconoscimento delle problematiche ambientali legate alle donne e una
politica che garantisca sicurezza e risorse pulite e rinnovabili”.
Altra questione che verrà presentata a New York è il trattamento
che il nostro Paese riserva alle migranti, donne che vivono
situazioni di precarietà e diritti non riconosciuti e non applicati:
“Cosa stiamo facendo per riconoscere i loro bisogni e salvaguardare
la loro dignità, dopo gli orrori che hanno vissuto? Perché invece
di spedire armi non rafforziamo le risorse a disposizione di queste
donne e delle loro organizzazioni?”, domanda Lanzoni.
Ma
l’Italia non è l’unico Paese a indossare la maglia nera nel
mal-trattamento della popolazione femminile e a livello mondiale le
Nazioni Unite hanno detto di non aver raggiunto gli obiettivi di
sviluppo che si erano poste nel 2000 (obiettivi del millennio -
MDGs). “Se guardiamo l'andamento dei diritti delle donne in una
prospettiva storica, partendo da 100 anni fa", conclude Lanzoni,
"non possiamo dire che non ci siano stati miglioramenti. Oggi
possiamo votare, ci sono riconosciuti i diritti umani al pari degli
uomini, abbiamo convenzioni importanti che ci tutelano, godiamo di
maggiori libertà”. Quello che rimane da fare è declinare quanto
raggiunto sulla carta nella vita reale, nei linguaggi, nei pensieri,
nelle azioni. Impresa ardua ma non impossibile.
Nessun commento:
Posta un commento