martedì 17 marzo 2015

Cinzia, la camionista gentile che sfida la mafia| di Annalisa Vandelli

Viviamo strani giorni: la mafia è emiliana e chi ne denuncia da anni le infiltrazioni nel campo dell’autotrasporto è una donna bella, gentile e coraggiosa. Una camionista, insomma. Cinzia Franchini ha 43 anni, è di Modena, diploma magistrale. Inizia a guidare il camion per amore (il marito infatti ha un’azienda di autotrasporti), si interessa di questioni sindacali e in poco tempo diventa Presidente Nazionale della Cna-Fita.
Siamo nel 2011. Per Cinzia è evidente che si debba intervenire subito sulle infiltrazioni mafiose che storpiano il mercato e la vita degli onesti; l’Emilia Romagna non fa eccezione. Dunque comincia a denunciare, nomi e cognomi, partendo dagli Ercolano dei quali Angelo Ercolano, nipote del famoso boss Pippo, ricopre il ruolo di vicepresidente nella Federazione degli Autotrasportatori Italiani Sicilia.
Cinzia si rifiuta di sedere ai tavoli delle trattative con sospettati di mafia. Si rifiuta di aderire al fermo dei forconi attirando su di sé ire violente.
Dall’aprile del 2012 riceve lettere anonime di manaccia dal contenuto feroce e proiettili. Pur non avendo la delega alla legalità della sua Associazione di categoria, non si ferma e diventa ben presto reale punto di riferimento dei 26 mila associati Cna-Fita che vivono la fatica quotidiana sulle strade e vedono in quella che don Luigi Ciotti definisce «la nostra camionista gentile e coraggiosa» una reale rappresentante personale, non solo di categoria.
Sono così loro i primi a incoraggiarla, a sentirsi difesi da una donna.
E lei va avanti, depone il giorno 16 febbraio 2015 in commissione antimafia, quando ormai l’inchiesta Aemilia ha reso pubblico quello che in tanti sapevano ma, come affermava Silvano Ambrogi:
«… il mafioso è colui che dice di non esistere a coloro che dicono di non conoscerlo».
In commissione Cinzia parla anche di fondi pubblici per 200milioni di euro circa all’anno destinati agli autotrasportatori per gli sconti pedaggi o la formazione, ma per accedervi è necessario aderire a consorzi. Questo passaggio non viene ben controllato e dunque il risultato è che alla fine i fondi rischiano di arrivare anche a imprese che hanno al loro interno elementi malavitosi e che si trovano così a disporre liberamente di ingenti quantità di denaro erogato proprio dallo Stato, ovvero da ciascuno di noi.
Il 18 febbraio Cinzia Franchini riceve una richiesta di intervista dalla Gazzetta di Modena.
«Ad aprile – si legge sul giornale – ricorrerà il terzo anniversario dei primi proiettili che le furono recapitati e a cui seguirono un altro bossolo e varie lettere di minaccia, ma la presidente va avanti come un rullo, anche senza il sostegno dei vertici nazionali dell’associazione “che non hanno mai speso cinque minuti per parlare dei problemi dell’autotrasporto e delle pressioni che subiamo. Sì mi sento sola, ma almeno i miei associati sono al mio fianco anche quando qualcuno ha provato a mandarmi a casa. Se chiedo chiarezza nelle altre organizzazioni, devo farlo anche a casa mia e a qualcuno non sta bene, ma le evidenze ci sono tutte».
Questa dichiarazione scatena la reazione del Presidente Nazionale della Cna Daniele Vaccarino, che sente il buon nome dell’Associazione messo a rischio ed esprime la decisione all’unanimità di una direzione di prendere tutti i provvedimenti necessari per tutelare l’immagine della Cna. Una sibillina, ma neanche poi tanto, minaccia di sospensione dall’incarico?
Siamo ai giorni nostri, agli strani giorni che viviamo. Cinzia pubblica testualmente la dura presa di posizione del suo Presidente; i media ne raccolgono l’indignazione. Nasce così una pagina facebook di sostegno e l’opinione pubblica si manifesta anche attraverso i social; Cinzia riceve attestazioni di vicinanza pubbliche e private, tra le associazioni di categoria del settore, oltre ad esponenti Cna e Fita si sbilanciano Confetra e Agorà.
La mafia non uccide solo d’estate e non uccide solo fisicamente.
Ma inculca un modo di pensare, cambia un vocabolario capace di svilire perfino parole nobili come «onore»; abita una zona grigia della mente che si fa parola o silenzio. La mafia striscia sottilmente e in Emilia non si è inserita con la violenza, ma attraverso le pieghe dell’economia e della politica, prestando soldi e nomi, associandosi a imprese “sane” in crisi, strozzando come un parassita l’essere che lo nutre.
Proprio per questo la nostra camionista gentile e coraggiosa non va lasciata sola a nessun livello. Anzi, deve essere sostenuta a tutti i livelli, perché se questi sono strani giorni, sono anche quelli in cui il grigio non porta bene e si deve scegliere quale colore indossare.
Speriamo che, anche in considerazione di questo, il presidente Vaccarino abbia convocato Cinzia Franchini per uno «scambio di opinioni, poiché il compito del Presidente è anche quello di tentare di comporre i dissidi e tutelare il bene della Cna e della Fita».
Tutelare il bene, l’onorabilità, la verità per conto terzi è certo un’impresa perigliosa; richiama quel «lo faccio per il tuo bene» che solitamente precede azioni poco piacevoli, ma qualcuno le deve pur fare.
E a proposito di fare, Cinzia Franchini continua a fare e a parlare, instancabilmente.
Concludiamo con un aneddoto. A poco più di cento passi da Modena, a Sassuolo, risiedeva al confino il boss Tano Badalamenti, il quale, oltre a farsi arrivare il pesce fresco in aereo dalla Sicilia ogni venerdì mattina, nella capitale mondiale della piastrella già a metà degli anni ’70 pianificava di mettersi in affari proprio nei trasporti.


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