domenica 12 aprile 2015

Azioni concrete: #194 e diritti delle donne di Simona Sforza



Il 12 marzo ho partecipato a questa conferenza, presso l’Università Statale di Milano:
Cristina Obber ha ribadito l’importanza di continuare ad occuparci di stereotipi di genere, che sono trasversali, senza confine di ceto, livello culturale o professionale. Ci sono ancora tanti piccoli tasselli che compongono il puzzle della discriminazione per genere: dobbiamo ancora fare molta strada per superare questi elementi che ci separano da una piena eguaglianza e partecipazione. Nonostante la percezione diffusa, sono tanti gli elementi che ci portano a dire che c’è ancora un grande bisogno di affrontare queste tematiche, per scardinare secoli di stereotipi di ruolo e gabbie culturali che hanno impedito alle donne di essere pari e di dare un proprio autonomo e essenziale contributo al progresso della società. Ognuno di noi, nel privato, ma anche nella vita professionale, può dare il proprio contributo al cambiamento culturale necessario per risalire la china. Secondo il rapporto Gender Global Gap del 2014, del World Economic Forum, l’Italia è al 69° posto su 142 Paesi. Per questo è importante essere medici consapevoli, capaci di andare oltre il mero aspetto tecnico, facendo meglio il proprio lavoro. Consapevolezza che parte da sé come individui e arriva nell’ambito lavorativo.
L’intervento deciso e concreto di Mercedes Lanzillotta è stato ricco di spunti di riflessione e di azione. Perché soprattutto di azione concreta si tratta e su questo dobbiamo investire le nostre energie. Conosciamo tutti cosa sia la relazione annuale sull’applicazione della Legge 194.
Ne aveva fatto un’analisi molto interessante Eleonora Cirant, che mi fa piacere riproporvi (qui).
L’ultima relazione ci riporta un numero: 102.644 IVG nel 2013, dato da prendere con le pinze, perché la relazione ha dei buchi, i dati non sono completi, non tutte le strutture/regioni riescono a fornire dati in materia. Eppure secondo il Ministero, il numero dei medici è sufficiente a garantire un servizio adeguato su tutto il territorio nazionale. Scarsa conoscenza di cosa avviene in Italia? Fate voi.
Mercedes Lanzillotta ci porta a riflettere sui dati e su quel -56,3% di IVG tra il 1984 e il 2013. Questa percentuale va letta anche alla luce di una riduzione della natalità in Italia, per cui il numero delle IVG in proporzione non è da considerarsi poi tanto basso.
Dal 1978 ad oggi la 194 è stata svilita e attaccata da più fronti.
– riduzione del numero di consultori e delle loro attività. Vedasi il caso lombardo di cui ho più volte parlato.
– proliferazione dei cimiterini dei feti;
– smisurato numero di medici obiettori.
Al Niguarda dove son tutti obiettori, chiamano medici dal Sacco per garantire l’applicazione della 194. Con un business che cresce a spese del corpo delle donne.
Su questo blog e altrove si è spesso sottolineato come vi sia un pericoloso ritorno alla clandestinità. Con tutto quello che comporta l’aborto senza le opportune cure e assistenza. L’aumento degli aborti spontanei parla chiaro: 1/3 di questi si stima che sia stato procurato. Si torna alle mammane o ai farmaci venduti al mercato. Si stimano circa 15.000 aborti clandestini. Siamo tornati al faidate e alla clandestinità. Sono aperti ben 188 procedimenti penali per violazione della 194.
Costringere le donne italiane o europee alla migrazione territoriale per poter interrompere la gravidanza è un’altra violenza inaccettabile.
Abbiamo problemi a reperire la pillola del giorno dopo, per quella dei cinque giorni dopo si sono imposti nuovi ostacoli, per la RU486 è prevista l’ospedalizzazione con quello che comporta.
Mercedes Lanzillotta ci ha parlato del boom di cliniche private convenzionate sorte in Puglia per sopperire alle domande di IVG, che il pubblico non riesce a soddisfare per il numero elevato di obiettori. Obiezione che sembra concentrarsi nel pubblico, e magicamente diventa rara nel privato. E c’è un giro di milioni di euro intollerabile.
Quindi che fare? Zingaretti ci aveva provato, consentendo l’obiezione solo a livello di operatività tecnica. La delibera è stata bocciata dal Consiglio di Stato, dopo aver ricevuto l’approvazione dal TAR della Regione Lazio. Nichi Vendola qualche anno fa aveva provato a bandire un concorso aperto solo ai non obiettori, tentativo fallito e sanzionato dal Tar.
Anziché flagellarci e non far niente, occorre trovare una soluzione alle crepe della 194, che sia conforme alla nostra Carta. La legge 194 è una legge ad impianto costituzionale, fondata sul secondo comma dell’art. 3 della Costituzione italiana, per questo è molto complicato intervenire su questo testo. Inoltre, la Corte Europea dei diritti dell’uomo nel 2011 stabilisce che “gli stati membri sono tenuti a organizzare i loro servizi sanitari in modo da assicurare l’esercizio effettivo della libertà di coscienza del professionista della salute”.
E’ normale che nelle strutture pubbliche non si applichi la 194? Se hai delle forti motivazioni religiose, che senso ha scegliere una professione che implica certi compiti, che vanno contro la tua coscienza? Giuste le obiezioni che pone Mercedes Lanzillotta.
La strada per avere un servizio h 24 che applichi la 194 è quella di bandire concorsi che prevedano una quota del 50% di posti riservati ai non obiettori (in linea con la proposta di Marina Terragni di qualche mese fa), prevedendo altresì tempi di “riposo” per gli obiettori, per evitare che si occupino unicamente di IVG.
Molto interessante l’intervento di Maria Rosaria Iardino sul tema della medicina di genere e più in particolare sui trial clinici, affinché tengano maggiormente conto delle specificità fisiologiche delle donne nei test dei farmaci, nei quali è ancora molto bassa la presenza di donne, specialmente nelle prime fasi dei test dei farmaci. Le case farmaceutiche motivano in vari modi la scarsa presenza delle donne nei test (possibili gravidanze, menopausa, ciclo mestruale, eventuale introduzione di ormoni). In realtà è essenziale che sin dalle prime fasi dei test (assorbimento, distribuzione nel corpo, metabolizzazione ed eliminazione del farmaco, definizione della dose ottimale) si verifichi il comportamento del corpo delle donne. Questa discriminazione può portare a gravi conseguenze. Una simile attenzione andrebbe applicata anche ad altri due gruppi di pazienti: bambini e anziani. Non è sufficiente ri-dosare un farmaco sulla base del peso corporeo, occorre verificare tutti i fattori e ricalibrarli su organismi diversi da quelli di adulti in buona salute.
Cambiare le modalità dei trial è inizialmente più dispendioso per le case farmaceutiche, ma indubbiamente questo costo verrà ripagato nel tempo, perché si tratta di una prassi virtuosa e volta a migliorare l’efficacia stessa dei farmaci.
Accolgo l’invito di Maria Rosaria Iardino: la scelta della professione medica deve avere come obiettivo la salute e non la carriera personale. Un maggior numero di donne, significa un miglioramento, una maggior attenzione a un’ottica di genere ai problemi.
A tutte le donne che restano silenti e attendono una grossa mobilitazione delle donne in Italia prima di attivarsi personalmente, dico: le donne siamo tutte noi, tutte noi dobbiamo muoverci, senza aspettare il movimento di massa, perché quel movimento siamo noi, solo se lo vogliamo e ci crediamo. Quando si attendono le Altre, non si sta capendo che le Altre siamo noi tutte. Sembra quasi che si attenda la venuta delle Aliene, disposte a liberarci e a darci diritti. Se non ci aiutiamo da sole, facendo rete tra di noi, facendoci sentire in ogni occasione e in ogni modo, nessuno penserà a noi, ricordiamocelo!


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