Onorevole
Presidente della Repubblica
Onorevole
Presidente della Camera dei Deputati
Onorevole
Presidente del Senato della Repubblica
Onorevoli
Parlamentari
Cari
amici e compagni partigiani,
Ringrazio
per l’invito a questa solenne celebrazione
E’
per me un grande onore parteciparvi e sono commossa ed emozionata per
essere rientrata in quest’aula, nella quale ho trascorso tanti anni
della mia vita parlamentare.
Mi
si consenta di dedicare brevi parole al ruolo delle donne nella
Resistenza.
–
Fu lo sciopero delle lavoratrici torinesi nel marzo del 1943 a
suonare la campana a morto per il regime fascista.
–
L’8 settembre, nella battaglia in difesa di Roma, centinaia di
donne spontaneamente scesero in strada ad aiutare i combattenti e
furono ben ventotto le cadute in quella battaglia!; le donne romane
aprirono la porta delle loro case ai fuggiaschi: li rivestirono,
nutrirono, li nascosero, accolsero come figli i prigionieri alleati,
Russi, Americani, Inglesi, Iugoslavi.
–
Furono le donne, a Napoli, dal 26 settembre al 1 ottobre del 1943 a
dare un contributo determinante all’insurrezione che costrinse
l’esercito nazista a lasciare la città.
–
E’ a una donna, la dottoressa Marcella Monaco, che due futuri
Presidenti della nostra Repubblica, Sandro Pertini e Giuseppe Saragat
debbono la vita e la liberazione dal carcere di Regina Coeli , con
falsi ordini di scarcerazione.
–
Fu una donna, Giulietta (Lina) Fibbi, che con un viaggio avventuroso
recapitò l’ordine dell’insurrezione del Comitato di Liberazione
Nazionale Alta Italia al CLN dell’Emilia
Per
unanime riconoscimento sia del CLN che degli stessi comandi nazisti,
senza la partecipazione di massa delle donne, compresa quella alla
lotta armata, (si pensi ai reparti delle Volontarie della libertà e
alle staffette) la lotta di Liberazione non sarebbe stata vittoriosa.
Le
cifre sicuramente sono approssimative – si è detto che le donne
combattenti fossero 35.000, 70.000 le partecipanti ai Gruppi di
Difesa della Donna, 2900 le donne giustiziate o uccise in
combattimento –
Vorrei
in primo luogo, ricordare le eroine, cadute in combattimento o uccise
tra atroci sofferenze dai nazisti o morte, dopo la deportazione, nei
campi di sterminio e le decorate di medaglia d’oro alla memoria, da
Gabriella degli Esposti a Ines Versari, da Anna Maria Enriquez a
Norma Pratelli Parenti, da Irma Bandiera a Maria Assunta Lorenzoni,
solo per citarne alcune.
Ma
come erano giunte le donne italiane a schierarsi dalla parte giusta?
E’
nella Resistenza che le donne italiane, quelle di cui Mussolini aveva
detto “nello stato fascista la donna non deve contare”; alle
quali tutti i governi avevano rifiutato il diritto di votare, la
possibilità di partecipare alle decisioni da cui dipendeva il loro
destino e quello dei loro cari, entrano impetuosamente nella storia e
la prendono nelle loro mani.
Nel
momento in cui tutto è perduto e distrutto – indipendenza libertà
pace – e la vita, la stessa sussistenza fisica sono in pericolo,
ecco le donne uscire dalle loro case, spezzare vincoli secolari, e
prendere il loro posto nella battaglia, perché combattere era
necessario, era l’unica cosa giusta che si poteva fare.
Nel
moto resistenziale si saldarono la tradizione socialista delle lotte
nelle fabbriche e nelle risaie; le idealità politiche
dell’antifascismo; e l’opposizione segreta, ma profonda che tante
donne avevano coltivato in modo più o meno tacito contro il
fascismo, il regime delle cartoline-precetto, che strappava loro i
figli e che aveva fatto della violenza e della guerra un cardine
della propria politica e ideologia.
Dalle
masse femminili veniva al moto resistenziale un patrimonio di valori
e ideali tramandati nella famiglia e confluì nella Resistenza, in un
comune impegno con le forze laiche e socialiste, la tradizione del
mondo cattolico.
Un
innesto di valori e tradizioni diverse, di esperienze tra loro
lontane che, nella Resistenza si venne strutturando come movimento
unitario, nazionale: i Gruppi di difesa della donna e per
l’assistenza ai combattenti della libertà. (GDD)
Gli
scopi dei GDD, definiti nel programma appello costitutivo, approvato
nel ’44 a Milano: erano finalizzati alla lotta contro il nemico
invasore, cioè a un obiettivo generale e comune a uomini e donne, ma
l’appello conteneva in nuce alcune delle future rivendicazioni
delle donne, in particolare delle lavoratrici, quali la proibizione
del lavoro notturno, del lavoro a catena e del lavoro nocivo alle
donne, un salario femminile (per lavoro eguale) uguale a quello
dell’uomo e un’adeguata assistenza alle madri, E comunque, allora
battersi per tali obiettivi diveniva allora un atto di guerra.
La
Resistenza ha contribuito a far sorgere una comune coscienza
nazionale tra donne di differenti ceti sociali, di diverso livello
culturale e orientamento ideale, e, al tempo stesso, a far loro
acquisire una nuova consapevolezza del proprio ruolo sociale e
l’aspirazione a conseguire pienezza di diritti e di cittadinanza.
Non
a caso i GDD affermavano che logica conseguenza della partecipazione
delle donne alla Resistenza dovesse essere il diritto di voto.
La
partecipazione delle donne alla Resistenza è stata dunque il
fondamento per la conquista dei loro diritti civili, sociali e
politici.
E’
conferma che il cammino delle donne italiane verso la conquista di
piena cittadinanza, che vede oggi tante donne ricoprire cariche di
responsabilità nel governo, nel parlamento, nelle Regioni e negli
enti locali, e svolgere ruoli importanti nella vita culturale,
economica e produttiva, ha le radici nella loro partecipazione alla
Resistenza.
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