Aprile
è tempo di Liberazione.
Tempo
della memoria e della gratitudine per chi lottò in prima persona per
restituirci la libertà.
Con
questo sentimento ricordiamo le ragazze che nel 1943, pur avendo
ereditato un ruolo codificato da secoli ed essendo cresciute in un
regime che aveva escluso le donne dalla sfera pubblica, scelsero
l’impegno e la Resistenza. Una scelta che cambiava la vita. Senza
quelle ragazze e le tante donne che silenziosamente aiutarono la
lotta di liberazione anche il riconoscimento del diritto di voto alle
donne sarebbe stato più difficile.
Per
questo, pur nella consapevolezza dei salti e della discontinuità che
la storia conosce, vediamo in loro una radice della libertà
femminile nell’Italia repubblicana. Sono le Madri della repubblica.
Quelle che parteciparono alla Costituente e quelle che avevano
guidato la bicicletta sulle strade dell’insurrezione antifascista.
Un popolo femminile. Per riconoscere il loro contributo c’è voluto
lavoro di scavo e indagine storica di altre donne. Abbiamo dovuto
aspettare uno sguardo nuovo, alla ricerca della propria genealogia.
Ancora oggi navigando in rete si possono trovare documenti datati che
parlano del relativo contributo dato dalle donne alla Resistenza.
Circa 35000 furono insignite del titolo di partigiane combattenti,
oltre 4500 vennero arrestate e condannate, più di 600 fucilate o
cadute in combattimento, 19 le Medaglie d’Oro al valor militare.
Se è
evidente il valore dello sciopero delle fabbriche torinesi
nell’Italia settentrionale occupata, si ricorda meno l’otto marzo
del 1943, quando sempre a Torino, a piazza Castello centinaia di
donne manifestarono contro la guerra. Nel novembre a Milano nascono i
Gruppi di difesa della donna, secondo Marisa Ombra, che ne fu una
protagonista, ancora oggi un buco nero della storiografia sulla
Resistenza.
Ben
venga dunque il bando della Fondazione Iotti per finanziare il
progetto di ricerca “protagoniste, azioni, programmi, propaganda
dei Gruppi di Difesa della Donna”. Un nuovo tassello per il
riconoscimento di una storia che è parte fondante della storia del
Paese.
La Costituzione italiana non sarebbe quella che è senza la
traccia di questa alba della cittadinanza femminile.
Queste
madri della Repubblica possono essere compagne di viaggio anche per
attraversare la crisi della rappresentanza che stiamo vivendo, per
non tradire quel sogno di libertà, che faceva dire ad Anna Banti
“quanto al 46 quel che d’importante per me ci ho visto e ho
sentito, dove mai ravvisarlo se non in quel 2 giugno che, nella
cabina di votazione avevo il cuore in gola e avevo paura di
sbagliarmi fra il segno della repubblica e quello della monarchia?
Forse solo le donne possono capirmi e gli analfabeti. Era un giorno
bellissimo…Quando i presentimenti neri mi opprimono penso a quel
giorno, e spero”.
Nessun commento:
Posta un commento