giovedì 2 ottobre 2014

E se le quote servissero anche nel mondo della regia? di Laura Zangarini

«Le donne hanno ancora bisogno di “padri” e “padrini” nel cinema. Non avrei mai pensato di poterlo dire ma oggi chiedo che le “quote rosa” vengano introdotte anche per il cinema»
Il cinema è appannaggio dell’universo maschile? I risultati dello studio condotto dall’Osservatorio dell’audiovisivo del consiglio d’Europa riportati nella prima ricerca dedicata alle donne registe europee suggeriscono di si. Come in molti altri ambiti professionali (uno su tutti: i dati Istat sui dirigenti italiani parlano di 12 donne su 100), anche le cineaste vengono discriminate. Dallo studio emerge che nel periodo 2003-2012 le donne hanno diretto solo il 16,3% di tutti i film arrivati nelle sale europee (in Italia la percentuale scende al 10,05%, nonostante il nostro Paese nello stesso periodo sia il secondo, dietro alla Francia, per numero di film prodotti). La ricerca riporta inoltre che la quota di biglietti venduti dalle produzioni femminili è solo l’8,9% del totale (in Italia le cose sono andate anche peggio: la percentuale si è arrestata al 3,67%).
Risultati che non sorprendono Diana Dell’Erba, 32 anni, attrice e regista torinese, autrice nel 2013 di Registe, documentario (il 24 settembre uscirà in dvd per Eagle) in cui ripercorre la regia italiana al femminile sia da un punto di vista storico che di quello delle pari opportunità, «tentando di comprendere e spiegare – sottolinea – perché su 100 registi solo 7 siano donne. Un dato che è simile per tutte le nazioni del mondo e per molti ruoli di potere e che è stato anche il punto di partenza della mia tesi di laurea». Poiché i dati raccolti non sono sufficienti per raggiungere conclusioni certe, il rapporto si limita a formulare delle ipotesi per spiegare il fenomeno. È possibile, si legge, «che la causa sia da ricercare nel genere di film che donne e uomini dirigono. Le prime propongono per lo più pellicole che hanno una protagonista donna, o offrono una visione femminile della realtà o, ancora, sono incentrate sulle relazioni interpersonali. Mentre gli uomini dirigono più film d’avventura, azione e fantascienza, che sono anche quelli che vendono un maggior numero di biglietti». «Sono totalmente d’accordo» sottoscrive la regista e sceneggiatrice siciliana Roberta Torre (Tano da morire, 1997; Angela, 2002; Mare Nero, 2006). Che aggiunge: «Le donne hanno ancora bisogno di “padri” e “padrini” nel cinema. Chi ne ha, parte avvantaggiata. Per le altre esiste un problema di fiducia, quasi nessuno si azzarda a dare in mano a una donna un film con un budget importante. E con la crisi economica la situazione è peggiorata. Non avrei mai pensato di poterlo dire ma oggi chiedo che le “quote rosa” vengano introdotte anche per il cinema».

«Non è sempre una lotta drammatica o triste – sostiene la regista Francesca Archibugi nel documentario di Dell’Erba -. A volte è anche esaltante». Ilaria Borrelli fa notare che «la regia permette di essere psicanalisti di se stessi perché permette di dare voce alle emozioni» mentre Alina Marrazzi sottolinea che «In Italia gli studi di genere praticamente quasi non esistono». Un dato su cui si sofferma anche Dell’Erba: «nel mondo anglosassone è dagli anni 70 che si parla e si studia la figura femminile nel cinema. Quando invece nel nostro Paese si parla di registe donne si tende a etichettare i loro film come “drammatici”, di fatto ghettizzando lo sguardo delle autrici su tematiche specifiche, come se fossero incapaci di affrontare altro. Mentre uno sguardo alternativo a quello maschile è semplicemente necessario. Negli Stati Uniti c’è un interesse maggiore rispetto a questi temi – aggiunge –. Due biblioteche americane i cui allievi studiano il cinema italiano hanno chiesto di poter averne una copia di Registe per la consultazione». Resta un fatto: a prescindere dalla causa, il divario tra uomini e donne che decidono di intraprendere la carriera di registi è enorme. Tanto che, conclude lo studio, «se tutto rimane invariato ci vorrà mezzo secolo per ottenere la parità tra i sessi sul fronte del numero di film diretti, e tre quarti di secolo per ottenerla al botteghino».

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