«Le
donne hanno ancora bisogno di “padri” e “padrini” nel cinema.
Non avrei mai pensato di poterlo dire ma oggi chiedo che le “quote
rosa” vengano introdotte anche per il cinema»
Il
cinema è appannaggio dell’universo maschile? I risultati dello
studio condotto dall’Osservatorio dell’audiovisivo del consiglio
d’Europa riportati nella prima ricerca dedicata alle donne registe
europee suggeriscono di si. Come in molti altri ambiti professionali
(uno su tutti: i dati Istat sui dirigenti italiani parlano di 12
donne su 100), anche le cineaste vengono discriminate. Dallo studio
emerge che nel periodo 2003-2012 le donne hanno diretto solo il 16,3%
di tutti i film arrivati nelle sale europee (in Italia la percentuale
scende al 10,05%, nonostante il nostro Paese nello stesso periodo sia
il secondo, dietro alla Francia, per numero di film prodotti). La
ricerca riporta inoltre che la quota di biglietti venduti dalle
produzioni femminili è solo l’8,9% del totale (in Italia le cose
sono andate anche peggio: la percentuale si è arrestata al 3,67%).
Risultati
che non sorprendono Diana Dell’Erba, 32 anni, attrice e regista
torinese, autrice nel 2013 di Registe, documentario (il 24 settembre
uscirà in dvd per Eagle) in cui ripercorre la regia italiana al
femminile sia da un punto di vista storico che di quello delle pari
opportunità, «tentando di comprendere e spiegare – sottolinea –
perché su 100 registi solo 7 siano donne. Un dato che è simile per
tutte le nazioni del mondo e per molti ruoli di potere e che è stato
anche il punto di partenza della mia tesi di laurea». Poiché i dati
raccolti non sono sufficienti per raggiungere conclusioni certe, il
rapporto si limita a formulare delle ipotesi per spiegare il
fenomeno. È possibile, si legge, «che la causa sia da ricercare nel
genere di film che donne e uomini dirigono. Le prime propongono per
lo più pellicole che hanno una protagonista donna, o offrono una
visione femminile della realtà o, ancora, sono incentrate sulle
relazioni interpersonali. Mentre gli uomini dirigono più film
d’avventura, azione e fantascienza, che sono anche quelli che
vendono un maggior numero di biglietti». «Sono totalmente
d’accordo» sottoscrive la regista e sceneggiatrice siciliana
Roberta Torre (Tano da morire, 1997; Angela, 2002; Mare Nero, 2006).
Che aggiunge: «Le donne hanno ancora bisogno di “padri” e
“padrini” nel cinema. Chi ne ha, parte avvantaggiata. Per le
altre esiste un problema di fiducia, quasi nessuno si azzarda a dare
in mano a una donna un film con un budget importante. E con la crisi
economica la situazione è peggiorata. Non avrei mai pensato di
poterlo dire ma oggi chiedo che le “quote rosa” vengano
introdotte anche per il cinema».
«Non
è sempre una lotta drammatica o triste – sostiene la regista
Francesca Archibugi nel documentario di Dell’Erba -. A volte è
anche esaltante». Ilaria Borrelli fa notare che «la regia permette
di essere psicanalisti di se stessi perché permette di dare voce
alle emozioni» mentre Alina Marrazzi sottolinea che «In Italia gli
studi di genere praticamente quasi non esistono». Un dato su cui si
sofferma anche Dell’Erba: «nel mondo anglosassone è dagli anni 70
che si parla e si studia la figura femminile nel cinema. Quando
invece nel nostro Paese si parla di registe donne si tende a
etichettare i loro film come “drammatici”, di fatto ghettizzando
lo sguardo delle autrici su tematiche specifiche, come se fossero
incapaci di affrontare altro. Mentre uno sguardo alternativo a quello
maschile è semplicemente necessario. Negli Stati Uniti c’è un
interesse maggiore rispetto a questi temi – aggiunge –. Due
biblioteche americane i cui allievi studiano il cinema italiano hanno
chiesto di poter averne una copia di Registe per la consultazione».
Resta un fatto: a prescindere dalla causa, il divario tra uomini e
donne che decidono di intraprendere la carriera di registi è enorme.
Tanto che, conclude lo studio, «se tutto rimane invariato ci vorrà
mezzo secolo per ottenere la parità tra i sessi sul fronte del
numero di film diretti, e tre quarti di secolo per ottenerla al
botteghino».
Nessun commento:
Posta un commento