Sono
migliaia le donne e le bambine che muoiono per la violenza che
subiscono in famiglia (più spesso) o per mano di sconosciuti ogni
giorno sul pianeta, nel silenzio o nel disinteresse del loro paese e
della comunità internazionale. Il pensiero è insopportabile, così
come lo è quello per ogni ingiustizia compiuta sulle persone e
sull’ambiente, e per questo non possiamo costantemente avere in
mente sangue e dolore: se lo facessimo sempre saremmo già alla
pazzia.
Però
è vero che quando la vittima della violenza ha un volto e un nome
ciò dà corpo e spessore alla realtà che si elude ogni giorno, e
scegliendo di non abbassare lo sguardo o di coprirsi le orecchie
l’impatto del reale è ineludibile, se si ha una coscienza.
Alla
Secular Conference di Londra, indetta da alcune reti laiche tra le
quali One Law for all, Women living under muslim laws e Secularism is
a women issue la studiosa Karima Bennoune, docente arabo americana di
legislazione internazionale ha scelto di parlare delle vittime del
fondamentalismo facendo scorrere dietro di lei i volti di uomini e
donne di varie provenienze geografiche, attiviste e attivisti per la
laicità, che hanno trovato la morte negli ultimi anni per mano degli
islamisti.
Non
c’è stato nulla di enfatico o di eroico nel breve racconto delle
biografie: Karima ha chiesto che si ricordino queste persone perchè
fare memoria è un gesto politico prioritario per avere futuro e
ricordare che “la libertà di vivere senza il giogo dell’ideologia
religiosa non è realtà in molti luoghi del pianeta. Non si tratta
di fede – ha scandito – ma di fanatismo, di politica, e di
regime”.
Fa
impressione il coraggio di Reyhaneh Jabbari, la donna iraniana
impiccata dal regime perché, avendo reagito e ucciso il suo
stupratore, si è rifiutata di aver salva la vita ‘riabilitando’
la memoria dell’uomo ritrattando l’accusa di violenza. Reyhaneh
non ha ceduto, pur nella solitudine della sua cella, dopo anni di
reclusione e forse di tortura, all’umanissima tentazione nella
quale cadde la pur fiera e determinata Olympe de Gouges: tre secoli
fa l’autrice della Dichiarazione dei diritti della donna e della
cittadina, condannata a morte per questo dai ‘rivoluzionari’,
tentò di avere risparmiata la vita affermando di essere incinta.
Alcuni precedenti negli anni scorsi che si erano risolti
positivamente, tra i quali quelli di Safiya Husaini e Meriam Yehya
Ibrahim avevano fatto sperare in una svolta favorevole. Ma in tempi
di Isis e di febbre fondamentalista l’occasione, nel regimi
teocratico iraniano, per ribadire che non si sgarra era servita sul
piatto d’argento.
Così
la forca per Reyhaneh è l’allungarsi della scura ombra del terrore
e dell’inumanità che rischia, come si è stato detto a Londra, di
travolgere il mondo.
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