venerdì 3 ottobre 2014

Nuova ricerca, ancora differenze di genere tra gli scienziati dello spazio di Alessia Schiavon

Lo studio dello spazio è da sempre sinonimo di evoluzione dell’uomo. Le grandi conquiste dell’Universo che ci circonda, come da ultimo il raggiungimento di Marte da parte della sonda indiana Mangalayaan, rappresentano l’avanzamento progressivo della conoscenza umana, che non pare però ancora orientato verso la parità di genere. Lo Space Telescope Science Institute, che sovraintende alle operazioni del famoso telescopio Hubble, ha recentemente condotto un’approfondita ricerca su diversi cicli di proposte di osservazione rivolte all’Istituto e il risultato ha suscitato un’evidente interesse della comunità scientifica, e non solo, al punto che lo studio verrà prossimamente pubblicato sulla prestigiosa rivista Publications of the Astronomical Society of the Pacific.
La ricerca, che ha avuto inizio due anni fa, si è concentrata precisamente sulle richieste di osservazione attraverso il telescopio Hubble, il quale è a disposizione della comunità scientifica internazionale.
Per uno scienziato poter accedere all’Hubble Space Telescope rappresenta un successo importante, non solo per poter procedere con la propria ricerca, ma anche perché si tratta di un privilegio concesso a pochi scienziati. È stato calcolato, infatti, che tre quarti delle proposte ricevute dallo Space Telescope Science Institute sono state rifiutate. Tuttavia, la ricerca ha dimostrato che la maggior parte di queste erano state presentate da team scientifici guidati da donne. Un dato di fatto che ha portato a concludere che le richieste avanzate da scienziati di genere maschile risultano avere una percentuale di successo molto più elevata.
La ricerca è stata condotta prendendo in esame il tempo di osservazione del telescopio, il quale è comunemente diviso in cicli, la cui durata tipica è di un anno. Dopo ventiquattro anni dal suo lancio nello spazio, il telescopio è ora al suo ventunesimo ciclo di osservazione. Nello specifico, sono stati analizzati i cicli di osservazione dal numero 11 al numero 20, ovvero il periodo di tempo compreso tra il novembre 2001 e il maggio 2012, durante il quale lo Space Telescope Science Institute ha ricevuto più di 9.400 proposte. Queste sono state prima revisionate manualmente e poi categorizzate sulla base del genere dello scienziato sponsorizzatore della richiesta.
I dati statistici hanno mostrato una media di successo delle richieste promosse da uno scienziato di genere maschile pari al 23,5%, a fronte di un 18,1% nel caso di proposte con un team leader donna, raggiungendo picchi di insuccesso dell’11%-9% e in alcuni casi anche dell’1,5%-2.2%.
«Si potrebbe cercare di spiegare quest’effetto come semplici campionature statistiche, ma ciò accade ogni anno» ha affermato Neil Reid, scienziato a capo della ricerca. «Si tratta di un effetto sistematico, di sicuro maggiormente presente nelle proposte più datate. Più ci si avvicina al tempo attuale più si coglie un avvicinamento delle percentuali di successo tra donne e uomini».
«Un risultato in ogni caso inquietante» ha commentato l’astronoma della Yale University Meg Urry, la quale per ben sette anni è stata alla guida della commissione dello Space Telescope Science Institute che ha il compito di pronunciarsi in merito alle proposte di osservazione. «Da parte mia ho lottato molto perché la commissione stessa fosse composta da donne. Si tratta di una discriminazione sottile da percepire, ma i bias sono senza dubbio presenti».
Attualmente gli scienziati possiedono solo dati e nessuna informazione a riguardo delle cause di tale disparità. Per questo motivo l’istituto ha deciso di proseguire nella ricerca, richiedendo anche il contributo dei sociologi che si occupano di bias di genere.
Nel frattempo lo Space Telescope Science Institute ha precisato che sono state modificate le procedure relative alle proposte di osservazione, il cui format non prevede più l’indicazione del nome dello scienziato sponsorizzatore della ricerca, sostituito da semplici iniziali, così da neutralizzare almeno in una prima fase i rischi derivanti dalle differenze di genere.



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