Il giornalismo, la politica, l’impegno sociale. Era editorialista de La Stampa. diceva: «Il femminismo è stata la più grande scoperta della mia vita».
L’ultima vita di
Mariella Gramaglia è stata ancora e sempre a fianco delle donne ma
in India, dove aveva iniziato a collaborare con Sewa, il più
importante sindacato femminile di un Paese dove le pari opportunità
sono un sogno ancora più che in Italia.
«Non sto scappando
dall’impegno né dalla politica», spiega la scelta nel suo blog.
Non c’è nemmeno voglia di eroismi o di rischiare, continua.
Più
semplicemente: «Mi sto facendo un bellissimo regalo di libertà».
Parole che suonano ancora più belle e piene di significato lette
ora, dopo che una malattia ha spento anche quest’ultima vita di
Mariella Gramaglia.
Sono state tante le
sue vite, a partire dall’infanzia a Ivrea, la laurea in filosofia
nel 1972, l’arrivo a Roma, il femminismo che le i definisce “la
più grande scoperta della mia vita”. Da quel momento inizia a
lavorare nei giornali: al Manifesto, alla Rai, al Lavoro, fino a
diventare editorialista della Stampa in questi ultimi anni. Nel 1985
inizia a dirigere Noidonne, incarico che segnerà una svolta
ulteriore nel suo impegno.
Nel 1987 entra in
Parlamento come deputato della sinistra indipendente. Appoggia
Occhetto nel difficile passaggio dal Partito Comunista al Pds, lavora
in Campidoglio con Rutelli e con Veltroni.
Di quel periodo ricorda la fatica ma ne rivendica i risultati con un 0rgoglio sempre più raro da trovare nella classe politica:
«L’elenco tecnico delle cose fatte per cercare di semplificare la vita dei cittadini, comunicare con loro e ascoltare il loro punto di vista, sarebbe lungo e noioso. Quello che conta è la sostanza: la consapevolezza vissuta che i diritti dei cittadini non si esercitano solo una volta ogni cinque anni per votare, ma sono il sale della democrazia ogni giorno. E che la loro dignità, la loro uscita dal ruolo di sudditi o di clientes, è uno straordinario valore per il quale impegnarsi».
Di quel periodo ricorda la fatica ma ne rivendica i risultati con un 0rgoglio sempre più raro da trovare nella classe politica:
«L’elenco tecnico delle cose fatte per cercare di semplificare la vita dei cittadini, comunicare con loro e ascoltare il loro punto di vista, sarebbe lungo e noioso. Quello che conta è la sostanza: la consapevolezza vissuta che i diritti dei cittadini non si esercitano solo una volta ogni cinque anni per votare, ma sono il sale della democrazia ogni giorno. E che la loro dignità, la loro uscita dal ruolo di sudditi o di clientes, è uno straordinario valore per il quale impegnarsi».
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