La
battaglia per il raggiungimento della parità di genere si combatte
(anche) con il linguaggio. È questo il messaggio lanciato da
Sandrine Mazetier, vicepresidente dell’Assemblea Nazionale
francese, resasi protagonista di un episodio significativo destinato
a creare discussione e a riaprire il mai veramente chiuso discorso
sulla connessione tra la parità di genere e l’utilizzo di un
linguaggio appropriato.
Sandrine
Mazetier, vicepresidente dell'Assemblea Nazionale francese, ha
multato un deputato per averla chiamata ripetutamente "Il
Presidente"
La
Mazetier, infatti, ha multato un deputato che ha insistito nel
rivolgersi a lei definendola “Il Presidente” nonostante l’invito
della stessa a correggere l’espressione linguistica in “la
Presidente”. La sanzione disposta per il deputato è di 1378 euro
ed andrà ad intaccare l’indennità mensile percepita.
Una
reazione sconsiderata? Non in Francia dove il rispetto di genere è
citato e tutelato nel regolamento dell’Assemblea Nazionale
francese, a differenza del vuoto regolamentare esistente in Italia
dove la parità di genere costituisce da sempre un obiettivo ancora
lontano e di difficile piena realizzazione.
A
sottolineare la profonda differenza esistente nelle due nazioni
geograficamente così vicine ma culturalmente mai così lontane
sull’argomento, è stata la Presidente della Camera Laura Boldrini,
da sempre sensibile alla tematica della parità di genere e
sostenitrice delle battaglie delle donne per l’affermazione della
stessa. Dopo aver inviato una lettera di apprezzamento a Sandrine
Mazetier, la Boldrini ha così evidenziato sul suo profilo Facebook
la situazione ancora oggi esistente nel nostro paese, che ci
distanzia in maniera netta da quanto avvenuto in Francia:
«[...]da
noi l’uso scorretto del linguaggio, quello che declina solo al
maschile alcuni ruoli di responsabilità rivestiti da donne, è
questione che viene liquidata generalmente come una perdita di tempo,
un’impuntatura tardo-femminista, talvolta da deridere.
Non
conta nemmeno il fatto che l’Accademia della Crusca, la nostra più
prestigiosa istituzione linguistica, abbia chiaramente detto che nel
denominare le professioni va rispettato il genere di appartenenza.
La
Francia ci conferma, se ce ne fosse bisogno, che il tema è serio, e
che il rispetto di noi donne passa anche attraverso le parole
giuste.»
La
battaglia sulla parità di genere nel linguaggio è stata, in
effetti, da sempre sostenuta dall’Accademia della Crusca,
l’istituto nazionale per la salvaguardia e lo studio della lingua
italiana, una vera e propria istituzione per la nostra lingua. Nel
maggio 2012, infatti, l’Accademia aveva collaborato alla
realizzazione del progetto “Genere e linguaggio. Parole e immagini
della comunicazione”. Il progetto, realizzato grazie al
finanziamento della Regione Toscana, era nato da una riflessione
avviata da tempo dal Comitato Pari Opportunità sul modo in cui il
mondo femminile viene rappresentato attraverso le parole e le
immagini. In quell’occasione la Presidente dell’Accademia,
Nicoletta Maraschio, aveva lavorato alla prefazione dello scritto
«Linee Guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo».
Una presa di posizione non del tutto nuova da parte della presidente
che già nel 2011 aveva curato insieme all’Istituto di teoria e
tecniche dell’informazione giuridica, una Guida alla redazione
degli atti amministrativi. Segni inequivocabili della posizione
assunta dall’Accademia della Crusca nell’annosa questione sul
linguaggio e la parità di genere.
Nessun commento:
Posta un commento