Una
ragazza che sceglie di studiare matematica, astrofisica o geologia ha
davanti a sé un surplus di ostacoli solo perché è donna. Il vero
problema è però che la maggioranza dei colleghi si rifiuta di
riconoscerl
Meno
opportunità di lavoro, salari più bassi dei colleghi, un'alta
probabilità di essere vittime di molestie. La vita delle donne che
scelgono di svolgere lavori considerati “maschili” come
l'ingegnere, l'informatica o la statistica è piena di ostacoli. Il
divario non sembra diminuire, nonostante le numerose iniziative che
vengono portate avanti soprattutto negli Usa, come il sistema di
tutorato per le studentesse universitarie o le prime linee di
giocattoli per bambine ispirati alle scienziate famose.
Tre
ricercatrici dello Skidmore College, nello stato di New York, hanno
deciso di scoprire perché la parità di genere nelle professioni
scientifiche procede così a rilento. Sono giunte alla conclusione
che gli uomini non si rendono conto – o non vogliono rendersi conto
- che esiste un problema. E ritengono inutili, quando non dannose, le
misure di compensazione proposte. Lo studio, pubblicato sulla rivista
Psychology of Women Quarterly ha preso in esame le risposte dei
lettori ad alcuni articoli pubblicati su New York Times, Discover
Magazine e IFL Science. Si tratta di un totale di 1335 commenti, di
utenti di entrambi i sessi, a pezzi che hanno come argomento la
discriminazione nei confronti delle studentesse e delle lavoratrici
del settore scientifico.
Le
ricercatrici hanno constatato che anche di fronte a dati statistici
difficili da smentire, gli uomini tendono a ignorare o addirittura
giustificare il gap, accusando le donne di minore forza di volontà o
di essere poco affidabili. Nel 67% dei commenti esaminati si
ammetteva effettivamente l'esistenza di un problema. Peccato che il
70% di questi fosse scritto da donne. Un altro 10% di tutte le
risposte, in grande maggioranza pubblicate da utenti maschi, negava
il sessismo e il 22% (per più dell'80% provenienti da uomini)
riconosceva la disparità ma la giustificava, adducendo motivi
biologici o accusando le donne di farsi la guerra fra loro. Tutti i
commenti che esprimevano gratitudine per aver sollevato la questione
venivano da donne, mentre quelli che chiedevano un cambio di rotta
(circa il 10%) erano ugualmente divisi tra i due sessi.
Il
punto di forza dello studio, secondo le relatrici, è che analizzare
i post su internet consente di prendere in considerazione anche
opinioni “di pancia” che difficilmente verrebbero espresse in
presenza delle colleghe, come quelle di chi invita le donne a
«sperimentare in cucina» o che pensa siano «inaffidabili a causa
delle mestruazioni». E che quindi fornisce una visione più
realistica della situazione nelle aule e negli uffici. I risultati
dimostrano anche che raramente leggendo i risultati di raccolte
statistiche o di esperimenti scientifici si è disposti a cambiare la
propria opinione. Lo ha fatto solo lo 0,5% del campione, distribuito
tra uomini e donne, che ha scritto commenti come: «Accidenti! Ero
convinto che ormai il gender gap fosse un problema superato!». Poco,
ma pur sempre un inizio.
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