La morte di Özgecan
Aslan, 20 anni, studentessa universitaria, ha sconvolto il Paese per
le modalità e l’efferatezza e dato vita a un’ondata di protesta
che ha portato di nuovo in primo piano con forza la condizione delle
donne nel Paese. Tutto si è svolto la scorsa settimana. L’ 11
febbraio i genitori della ragazza, che studiava psicologia a Mersin,
nel sud-est della Turchia, hanno denunciato la sua scomparsa alla
polizia. In poco più di 48 ore, è arrivata la brutale verità.
Özgecan si trovava su un minibus che doveva riportarla a casa,
quando, una volta fatti scendere tutti gli altri studenti, l’autista
del veicolo, aiutato da un complice, ha cambiato il percorso,
arrivando in un luogo isolato.
Qui i due hanno
cercato di violentarla, ma la ragazza si è difesa, rispondendo con
gas urticante al peperoncino. A quel punto, la perversione sessuale
si è trasformata in follia omicida e la ragazza è stata prima
accoltellata e poi uccisa con una spranga.
Non solo. Uno dei
due assassini le ha anche tagliato le dita e bruciato il corpo, in
modo tale che non fosse possibile risalire al loro DNA. Una lezione
appresa dalle decine di serie televisive su casi di omicidi
irrisolti, faide familiari, veri e propri inni alla violenza, che
vengono proposte dalle tv turche.
Gli assassini si
sono poi presentati dal padre di uno dei due con il corpo
carbonizzato, chiedendo di essere aiutati a occultarlo. Erano
convinti di averla fatta franca, ma, nella fretta, si sono
dimenticati di ripulire il pulmino dalle tracce di sangue, e
soprattutto di fare sparire il cappellino che Özgecan
indossava e che è
stato riconosciuto dalla famiglia venerdì. Nel fine settimana
l’arresto dei tre, che ora rischiano pene severe.
La morte brutale
della giovane ha dato come una scossa alle associazioni per i diritti
delle donne della Mezzaluna che si sono riversate in piazza.
Manifestazioni alle quali hanno partecipato migliaia di persone, per
prime le compagne di università della vittima, che l’avevano vista
sorridente per l’ultima volta sul pulmino della morte. Scandivano
slogan che chiedevano più uguaglianza e rispetto e mostravano
cartelli con la foto della vittima e la scritta “dimenticare è
come uccidere”.
Centinaia di donne
turche hanno sfidato l'imam di Mersin che aveva chiesto loro di stare
in disparte durante la cerimonia funebre di Ozgecan Aslan, uccisa a
vent'anni durante un tentativo di stupro. Tra le migliaia di persone
presenti al funerale, infatti, le donne hanno disubbidito all'imam e
partecipato alla preghiera funebre in prima linea, portando a spalla
la bara di Aslan.
Quelle donne sono
le stesse che adesso puntano il dito contro il governo
islamico-moderato guidato dall’Akp, il Partito fondato dal
presidente Erdogan e che guida il Paese dal 2002. Oggi in Turchia per
protesta, milioni di persone indosseranno qualcosa di nero per
ricordare la brutale morte della giovane e una situazione, quella
delle donne, sempre più drammatica.
Dati inquietanti del
Ministero delle Politiche Sociali, pubblicati negli scorsi giorni,
hanno rivelato che 4 donne turche su 10 sono esposte a violenze
fisiche o psicologiche. Il 38% delle donne sono state vittima di atti
di violenza commessi in famiglia. Il 12% delle donne sposate e il 10%
delle donne in gravidanza a violenze sessuali. L’89% non denuncia
gli abusi a cui viene sottoposta, un po’ per paura un po’ perché
non sa a chi rivolgersi, ed è per questo che secondo le autorità
quello che si vede dalle statistiche sia solo la punta di un
terribile iceberg.
Il Premier Ahmet
Davutoglu sconvolto dalla notizia della morte di Özgecan e
preoccupato per l’influsso che le proteste potrebbero avere sul
voto del prossimo giugno, ha promesso provvedimenti severi in tempi
rapidi. E nel Paese è tornato in primo piano il dibattito se
ripristinare la pena di morte per i reati più gravi, ipotesi
sostenuta qualche anno fa anche dall’allora premier Erdogan.
L’abolizione definitiva della pena capitale, nel 2004, era stato il
lascia passare turco per l’avvio dei negoziati per l’ingresso in
Unione Europea.
Nessun commento:
Posta un commento