Nella
valigia ho messo diversi articoli che dovevo assolutamente leggere
entro il 2014. Avendo davanti a me un lungo viaggio in treno, avrei
avuto tutta la notte per leggere.
Uno di questi è tratto da Die
Zeit, il settimanale tedesco che ormai leggo fedelmente da quasi 20
anni e che non mi ha mai deluso: “Donna. Presidentessa di CDA.
Sospesa”, di Kerstin Bund.
L’articolo
cerca di rispondere alla domanda del perché tante donne, una volta
arrivate nella stanza dei bottoni, falliscano.
“Per
motivi personali” è la classica motivazione di tante donne che in
Germania spariscono dalla scena.
Nel
2014 nei Consigli di Amministrazione una donna ogni due si ritira,
mentre tra gli uomini se ne ritira solo uno ogni quattro.
Un
uomo che si ritira lo fa per migliorare la sua posizione e cercare un
posto migliore, mentre una donna che si ritira sparisce spesso
completamente dal mondo del lavoro. Il fenomeno non riguarda solo le
donne tedesche. Oggi si discute sulle “quote donna” e la legge
che deve essere fatta al riguardo. Nel 2016 la percentuale di donne
al timone dovrebbe passare al 30%.
Se
si chiede direttamente alle interessate il perché del loro “ritiro”,
sono loro stesse a non voler affrontare l’argomento. Spesso i
contratti non sono ancora conclusi, per molte è meglio dunque
tacere. Poche hanno il coraggio e la forza di parlare e denunciare il
trattamento che si è avuto nei loro riguardi.
Una
donna che ha “fallito” prova vergogna, imbarazzo, pensa di avere
sbagliato qualcosa, è probabilmente colpa sua.
Interessante
è l’opinione di due uomini intervistati da Kerstin Bund di Die
Zeit sull’argomento.
Heiner
Thorborg, uno dei più noti intermediari d’impresa in Germania,
ritiene che spesso le donne si ritirino perchè non sono all’altezza
dei loro compiti, perché non hanno abbastanza esperienza. Una legge
sulle “quote donna” sarebbe per lui controproducente.
La
seconda intervista è stata fatta a Thomas Sattelberger, ex capo
della Telekom in Germania.
Secondo
lui rendere responsabili le donne del loro fallimento è un modo
disonesto di capovolgere i fatti reali. Non sono le donne ad essere
responsabili del loro fallimento , ma gli uomini che vogliono tenere
il potere per sè. Le donne dal canto loro devono imparare a stare in
cordata . Quando si scala una montagna si è legati e ci si assicura
uno con l’altro per evitare di cadere. Attraverso la competenza e
il sapere, stando uniti, si riesce ad arrivare in vetta. Le donne ai
vertici sono spesso guerriere solitarie, lottano preferibilmente da
sole. Una donna che arriva al potere e rimane un caso isolato non
cambierà nulla: bisogna raggiungere la massa critica del 30% e stare
in cordata con le altre donne.
Anch’io
sono d’accordo con il signor Sattelberger. Perciò oggi penso che
una vera rivoluzione non sarà avere una donna come capo di Stato,
rivoluzionario sarà il fatto di considerarlo un fatto normale. E
questo forse avverrà dopo che avremo raggiunto la massa critica del
30% di donne ai vertici d’azienda.
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