mercoledì 10 settembre 2014

Caro Matteo, ho 31 anni, sono fidanzata e voglio sposarmi. Ma non posso di Martina Pennisi

Caro Matteo Renzi,

ho 31 anni e ho un problema. Anzi, avendone 31 e vivendo in Italia ne ho più di uno. Il mercato del lavoro caro Matteo, mi permetto di darti del tu visto l’approccio amichevole e giovanile che sfoggi, è quello che è ma, per fortuna, passione e voglia di fare mi hanno permesso di posizionarmi in modo decente. Sufficiente, diciamo. O meglio, vista la situazione dei miei coetanei, facciamo che non mi lamento. E non lo farei comunque in questo contesto perché il problema è un altro. Sono fidanzata, una cosa seria. Sai, Matteo, di questi tempi c’è quasi da vantarsene. Dicono che la mia generazione non abbia voglia di impegnarsi sentimentalmente (che sia l’instabilità professionale ad aver inquinato anche le questioni di cuore?). Io mi impegno, eccome: convivo da 3 anni, ho una relazione stabile da 5. Non starò ad annoiarti con il racconto di tutta la (bella) storia, ti basti sapere che andiamo a gonfie vele. Di quei rapporti che fai grandi progetti, sai?

La casa già ce l’abbiamo, grazie alla generazione precedente. Sogniamo una famiglia, un futuro insieme, viaggi, traguardi condivisi, ostacoli superati. Lo sogniamo nel tempo libero, quando ci incrociamo in casa tra turni e scadenze lavorative e nelle domeniche in cui abbiamo il privilegio di poltrire po’. Lo sogniamo quando vediamo i nostri amici, quelli che non hanno paura di impegnarsi, fare lo stesso. Mentre sfogliamo le liste nozze altrui o cerchiamo i vestiti per partecipare al loro grande giorno. Quando ascoltiamo il prete o l’ufficiale dello stato elencare i doveri dei coniugi e ci guardiamo, sorridendo, sapendo quanto siano impegnativi, nel bene e nel male. Partecipiamo con gioia, caro Matteo, a questi momenti e con la carica che ti cresce dentro sapendo che anche il nostro sta arrivando. Il momento di dire sì e iniziare un nuovo capitolo, con tutto l’entusiasmo e l’energia che serve per essere 30enni in questo paese senza pensare alla fuga un giorno sì e l’altro pure. Beh, non possiamo. La mia metà della mela è una donna, e lo sono anche io. Siamo ferme, impantanate, frustrate e in attesa di qualcosa di cui in campagna elettorale si è parlato chiaramente e a proposito del quale in questi mesi sono stati fatti solo accenni sporadici. Civil partnership alla tedesca le hai sempre chiamate, furbescamente attento a non scivolare sulla buccia di banana del termine ‘matrimonio’ e a tenere lontano le temute adozioni con un modello già utilizzato altrove. Il Pil ti ha aiutato a metterle da parte: potrei scrivere da sola i commenti di chi “sì certo, si potrebbe anche fare, ma le priorità sono altre”. Io non ho 40 anni ma non ne ho più 20 e, guarda un po’, è una mia priorità. Quanto lo è un futuro professionale stabile, perlomeno. Tu rimandi e intanto i tribunali ti ricordano che siamo già oltre, ci dobbiamo già occupare di famiglie vere e proprie. Arcobaleno, ma fantasma. Tu rimandi mentre il mondo intero galoppa; abbiamo tutti gli negli occhi il tweet di David Cameron di congratulazioni alle prime coppie gay a sposarsi nel Regno Unito.

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