Convivenze,
contraccezione, gay. La morale sessuale della Chiesa respinge la
società contemporanea. È la spina nel fianco di Francesco. Che
convoca un Sinodo per discuterne
La
partita si apre il 5 ottobre col passo felpato dei Sacri Palazzi.
Quando 253 tra vescovi, presbiteri e fedeli di alto rango arriveranno
a Roma provenienti dai quattro angoli del pianeta. Con il compito di
decidere se le parole su famiglia, sesso e donne di Santa Romana
Chiesa hanno ancora senso al tempo delle unioni civili che si avviano
a sorpassare i matrimoni, delle coppie gay di fede cattolica, dei
divorzi, dell’amore che non è tale senza un passaggio tra le
lenzuola; ma anche al tempo dei femminicidi, degli abusi sui bambini,
dei matrimoni combinati di adolescenti, della prostituzione coatta.
Papa Francesco ha promesso di riportare la Chiesa tra la gente e sa
che la sua promessa resterà lettera morta se non entrerà nella
carne viva delle nuove famiglie, che significa nei fatti affrontare
il tabù dei tabù per i prelati: la questione sessuale. Per questo
il Gesuita ha convocato, fino al 19 ottobre, il Sinodo straordinario
sulla famiglia : 15 giorni di assemblea e di discussioni su un
documento, l’Instrumentum Laboris, che squaderneranno dinanzi al
mondo se Bergoglio ha intenzione o no di fare sul serio.
Anche
se, nella migliore delle tradizioni vaticane, prima ancora di
cominciare il Papa ha messo dei paletti: questo sinodo precede un
anno di riflessioni, poi ci sarà un altro Sinodo nel 2015 e infine
si vedrà se cambiare qualcosa nella pastorale della Chiesa. Ma
attenzione, non si pensi che questo dilungarsi ammorbidisca le spine
di Francesco incalzato dalla realtà dell’amore e degli amori, né
appanni il suo coraggio di affrontare il Grande Tabù. Lui sa che non
si può scuotere il corpaccione ecclesiastico tutto d’un botto,
soprattutto se si parla di sesso e donne. E un anno non è poi molto,
se servisse a decidere che, come ha detto il cardinale Oscar
Rodriguez Mariadaga, il Vangelo può essere interpretato, non va
preso alla lettera quando parla di famiglia; e che è ora di farla
finita con la sessuofobia.
Il
nodo del sacerdozio femminile. I ruoli che potrebbero essere dati da
subito alle donne. I temi su cui il Pontefice dovrebbe intervenire
secondo Suor Elisa Kidanè, missionaria comboniana
Sarà
veramente così? A giudicare dall’Instrumentum Laboris, no: il
documento vaticano ribadisce le chiusure di sempre, dalla
contraccezione alle unioni fuori dal matrimonio, all’amore
omosessuale. Ma Bergoglio ci ha abituato alle sorprese e sono in
molti a sperare che il Papa si liberi, in un anno, almeno di una
parte della polvere bigotta che segna una così grande distanza tra
la realtà e il Verbo. Magari basandosi sul fatto che è lo stesso
Instrumentum a mettere nero su bianco una verità scomoda: i
cattolici di tutto il mondo si comportano in maniera molto differente
da come vorrebbero i vescovi. I quali, nel documento, ne danno la
colpa ai media, alla secolarizzazione, all’edonismo, a quelle
streghe delle femministe, alle legislazioni permissive; e vanno sulle
barricate col solo scopo di mirare meglio l’insegnamento e affilare
le armi per combattere quella che sembra ormai a tutti la normalità
sessuale.
L’idea
di Francesco è stata quella di scrivere un questionario, di inviarlo
in giro per il mondo e ascoltare la cosiddetta voce dei fedeli. Sulla
base delle risposte, Roma ha poi redatto l’Instrumentum Laboris.
Molte le questioni affrontate: dalla comunione che la Chiesa nega ai
divorziati all’educazione cristiana dei bambini. Ma il cuore è
chiaro e netto: l’etica sessuale, cosa chiede il Vangelo e cosa,
invece, fanno gli uomini e le donne del XXI secolo.
«Il
documento è deludente», boccia il teologo Vito Mancuso: «Se il
Sinodo si attesterà su questo, allora non cambierà nulla. Ma se i
vescovi vogliono servire la vita vera allora dovranno accettare il
fatto che dalla rivelazione cristiana non discendono necessariamente
una serie di no. E da quel che accadrà capiremo anche cosa vuole
fare Bergoglio». Già, perché, comunque, sarà poi il Papa a tirare
le fila e a decidere se e come cambieranno i diktat vaticani. Tutti
confermano che, in realtà, Francesco è concentrato sulla
moralizzazione della sua Chiesa più che sulla sua modernizzazione.
Sue priorità sono la povertà, le periferie, la pace, lo stile di
vita degli ecclesiastici. Ma, chiosa Mancuso: «Non è uno che si fa
imporre dei cliché. Non recita. E sa che se vuole restituire la
Chiesa allo spirito del Vangelo la questione femminile è tra le
prime che vanno affrontate».
Cosa
c’entra la questione femminile con la famiglia cristiana? A costo
di essere pedanti, ripeteremo il sillogismo che riempie i cuori di
vescovi e cardinali, e che segna passo passo il documento di cui
discuterà il Sinodo: modello di tutte le donne è Maria, vergine e
madre; alle femmine Dio ha affidato il compito di figliare, per legge
naturale, all’interno della famiglia che ha come modello unico
quella di Nazareth (madre vergine, padre e figlio) e che è la
cellula fondante della società; l’incontro tra un uomo e una donna
ha come suggello naturale la gravidanza. Qualunque grillo abbiano per
la testa le donne del XXI secolo che non rientri in questo schemino è
contrario alla legge di natura.
Il
lavoro femminile? È una costrizione. Gli asili nidi? Da combattere,
perché la madre deve restare col bambino nei primi anni di vita. E
la contraccezione? Va eliminata. Parla Don Pietro Cesena, il parroco
di Borgotrebbia, quartiere di Piacenza.
La
questione sessuale e la questione femminile sono la stessa cosa sia
nelle teste dei cardinali sia nel magistero di Santa Romana Chiesa. E
se siete convinti che poi, nei fatti, i preti sappiano bene che le
cose non stanno così, state ad ascoltare cosa ci ha detto Don Pietro
Cesena, da 14 anni guida della parrocchia di Borgotrebbia, a Piacenza
e che sulla scrivania, quando ci riceve, ha un libro dal titolo
“Contro gli asili nido”: «Il lavoro femminile è una
costrizione. Una necessità dettata dal falso bisogno di guadagnare
di più per consumare di più. Nella coppia cristiana invece la donna
può decidere di rinunciare ad alcune capacità per amore, per
donarsi alla famiglia». Di Don Pietro, dalle Alpi alla Sicilia ce ne
sono migliaia: insegnano ai giovani la verginità, tuonano contro i
contraccettivi e le convivenze, nella convinzione che: «La donna è
creata per essere feconda».
Non
stupisce allora leggere nei questionari inviati dalle diocesi a Roma
per il Sinodo che la Chiesa è percepita dai fedeli come ostile e
giudicante e che questo allontana i giovani. È un fatto, che però
non piace al cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del
Sinodo dei vescovi: «Urge permettere alle persone ferite di guarire
e di riconciliarsi. Si tratta di proporre, non imporre; accompagnare,
non spingere; invitare, non espellere». Baldisseri estrapola la
madre di tutte le soluzioni proposte dal documento su cui discuterà
il Sinodo che invoca lo sguardo amorevole sui peccatori, da perdonare
e convincere a non sbagliare più. E che spinge a una previsione
sull’esito: finiranno col concedere la comunione ai divorziati, e
chiuderanno così, è l’opinione dei più. Confortati dal gesto
plateare del Papa che domenica 14 settembre ha sposato in San Pietro
venti coppie “moderne”: conviventi, alcuni con bambini, magari
avuti da una precedente unione. E ha chiosato con un significativo:
«Gesù sta in mezzo alla gente e sceglie i peccatori». Riportando
la macchina del Sinodo a quanto suggerisce l’Instrumentum Laboris:
siate misericordiosi.
«Quel
documento è totalmente estraneo a 100 anni di storia delle donne: a
questa storia, purtroppo, la struttura ecclesiastica è rimasta
pressoché impermeabile», commenta la teologa Marinella Perroni,
della Facoltà Sant’Anselmo di Roma: «Io credo che il Papa sarebbe
forse disponibile ad ascoltarci. Ma viene anche lui da un mondo
rimasto per troppo tempo lontano dalla consapevolezza critica delle
donne e non so quale possibilità reale abbia di studiare a fondo
come si è andata configurando e evolvendo la cosiddetta questione
femminile».
Così
il pallino torna nelle mani del Papa che da mesi dice un gran bene
delle donne, della loro intelligenza di cui il mondo e la Chiesa
hanno bisogno, del «genio femminile», ha detto al congresso del
Centro italiano femminile il 25 gennaio scorso. Certo è un genio che
ha la sua lampada nella famiglia. Che si esprime nelle opere della
Madonna. Preistoria per le donne di mezzo mondo. E così anche il
Papa finisce per scivolare quando dice alle suore: «Siate madri, non
zitelle».
Ma
la decisione finale spetterà a Francesco
Il
sinodo appena convocato vedrà un acceso confronto tra le due fazioni
sui temi della modernità: dal celibato dei preti alla comunizione ai
divorziati. Ma l'ultima parola sarà di Bergogllo e non arriverà
prima del 2015
«Anche
per lui il femminile coincide col materno e il maschile con
l’esercizio dell’autorità. Pur se alcuni suoi punti di vista
sembrano aprire nuove prospettive, Bergoglio continua a muoversi, non
diversamente dai suoi predecessori, dentro il sistema di pensiero
appreso durante la sua formazione. La teologia che si insegna e si
impara ancora oggi nei seminari e nelIe Facoltà è espressione di un
universo mentale e esistenziale solo maschile: di fronte alle
istanze delle donne che, prima che essere rivendicazioni di potere,
sono richieste di un radicale cambio di mentalità, gli ecclesiastici
restano spesso atterriti e per questo, forse, le demonizzano»,
riassume Marinella Perroni. E le fa eco Don Cristiano Mauri,
brianzolo, classe 1972, un prete giovanotto che va in giro in jeans e
ha un blog, “ La bottega del Vasaio ”: «Ti preparano a fare il
prete in un ambiente totalmente maschile come il seminario. Poi tu
esci e hai a che fare per il 90 per cento del tempo solo con donne. E
ti rendi conto di come la tua vita, e lo dico da celibe, ha bisogno
dell’apporto delle donne, del loro sguardo, della loro
sensibilità». Invece, aggiunge Don Cristiano: «Questo di ottobre è
di sicuro un Sinodo con un’impronta molto maschile. Il modello
familiare proposto è ancora unico, ancora lo stesso portato in scena
al Family day di due anni fa, quando sul palco salirono tutte coppie
bellocce, con 4-5 figli, dove la donna faceva la madre. Continuiamo a
restituire un’immagine di noi gerarchica e al maschile».
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