venerdì 26 settembre 2014

Famiglia, sesso, donne al potere I tabù che Bergoglio non supera dI Daniela Minerva e Francesca Sironi

Convivenze, contraccezione, gay. La morale sessuale della Chiesa respinge la società contemporanea. È la spina nel fianco di Francesco. Che convoca un Sinodo per discuterne
La partita si apre il 5 ottobre col passo felpato dei Sacri Palazzi. Quando 253 tra vescovi, presbiteri e fedeli di alto rango arriveranno a Roma provenienti dai quattro angoli del pianeta. Con il compito di decidere se le parole su famiglia, sesso e donne di Santa Romana Chiesa hanno ancora senso al tempo delle unioni civili che si avviano a sorpassare i matrimoni, delle coppie gay di fede cattolica, dei divorzi, dell’amore che non è tale senza un passaggio tra le lenzuola; ma anche al tempo dei femminicidi, degli abusi sui bambini, dei matrimoni combinati di adolescenti, della prostituzione coatta. Papa Francesco ha promesso di riportare la Chiesa tra la gente e sa che la sua promessa resterà lettera morta se non entrerà nella carne viva delle nuove famiglie, che significa nei fatti affrontare il tabù dei tabù per i prelati: la questione sessuale. Per questo il Gesuita ha convocato, fino al 19 ottobre, il Sinodo straordinario sulla famiglia : 15 giorni di assemblea e di discussioni su un documento, l’Instrumentum Laboris, che squaderneranno dinanzi al mondo se Bergoglio ha intenzione o no di fare sul serio.
Anche se, nella migliore delle tradizioni vaticane, prima ancora di cominciare il Papa ha messo dei paletti: questo sinodo precede un anno di riflessioni, poi ci sarà un altro Sinodo nel 2015 e infine si vedrà se cambiare qualcosa nella pastorale della Chiesa. Ma attenzione, non si pensi che questo dilungarsi ammorbidisca le spine di Francesco incalzato dalla realtà dell’amore e degli amori, né appanni il suo coraggio di affrontare il Grande Tabù. Lui sa che non si può scuotere il corpaccione ecclesiastico tutto d’un botto, soprattutto se si parla di sesso e donne. E un anno non è poi molto, se servisse a decidere che, come ha detto il cardinale Oscar Rodriguez Mariadaga, il Vangelo può essere interpretato, non va preso alla lettera quando parla di famiglia; e che è ora di farla finita con la sessuofobia.
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Sarà veramente così? A giudicare dall’Instrumentum Laboris, no: il documento vaticano ribadisce le chiusure di sempre, dalla contraccezione alle unioni fuori dal matrimonio, all’amore omosessuale. Ma Bergoglio ci ha abituato alle sorprese e sono in molti a sperare che il Papa si liberi, in un anno, almeno di una parte della polvere bigotta che segna una così grande distanza tra la realtà e il Verbo. Magari basandosi sul fatto che è lo stesso Instrumentum a mettere nero su bianco una verità scomoda: i cattolici di tutto il mondo si comportano in maniera molto differente da come vorrebbero i vescovi. I quali, nel documento, ne danno la colpa ai media, alla secolarizzazione, all’edonismo, a quelle streghe delle femministe, alle legislazioni permissive; e vanno sulle barricate col solo scopo di mirare meglio l’insegnamento e affilare le armi per combattere quella che sembra ormai a tutti la normalità sessuale.
L’idea di Francesco è stata quella di scrivere un questionario, di inviarlo in giro per il mondo e ascoltare la cosiddetta voce dei fedeli. Sulla base delle risposte, Roma ha poi redatto l’Instrumentum Laboris. Molte le questioni affrontate: dalla comunione che la Chiesa nega ai divorziati all’educazione cristiana dei bambini. Ma il cuore è chiaro e netto: l’etica sessuale, cosa chiede il Vangelo e cosa, invece, fanno gli uomini e le donne del XXI secolo.
«Il documento è deludente», boccia il teologo Vito Mancuso: «Se il Sinodo si attesterà su questo, allora non cambierà nulla. Ma se i vescovi vogliono servire la vita vera allora dovranno accettare il fatto che dalla rivelazione cristiana non discendono necessariamente una serie di no. E da quel che accadrà capiremo anche cosa vuole fare Bergoglio». Già, perché, comunque, sarà poi il Papa a tirare le fila e a decidere se e come cambieranno i diktat vaticani. Tutti confermano che, in realtà, Francesco è concentrato sulla moralizzazione della sua Chiesa più che sulla sua modernizzazione. Sue priorità sono la povertà, le periferie, la pace, lo stile di vita degli ecclesiastici. Ma, chiosa Mancuso: «Non è uno che si fa imporre dei cliché. Non recita. E sa che se vuole restituire la Chiesa allo spirito del Vangelo la questione femminile è tra le prime che vanno affrontate».
Cosa c’entra la questione femminile con la famiglia cristiana? A costo di essere pedanti, ripeteremo il sillogismo che riempie i cuori di vescovi e cardinali, e che segna passo passo il documento di cui discuterà il Sinodo: modello di tutte le donne è Maria, vergine e madre; alle femmine Dio ha affidato il compito di figliare, per legge naturale, all’interno della famiglia che ha come modello unico quella di Nazareth (madre vergine, padre e figlio) e che è la cellula fondante della società; l’incontro tra un uomo e una donna ha come suggello naturale la gravidanza. Qualunque grillo abbiano per la testa le donne del XXI secolo che non rientri in questo schemino è contrario alla legge di natura.
Il lavoro femminile? È una costrizione. Gli asili nidi? Da combattere, perché la madre deve restare col bambino nei primi anni di vita. E la contraccezione? Va eliminata. Parla Don Pietro Cesena, il parroco di Borgotrebbia, quartiere di Piacenza.
La questione sessuale e la questione femminile sono la stessa cosa sia nelle teste dei cardinali sia nel magistero di Santa Romana Chiesa. E se siete convinti che poi, nei fatti, i preti sappiano bene che le cose non stanno così, state ad ascoltare cosa ci ha detto Don Pietro Cesena, da 14 anni guida della parrocchia di Borgotrebbia, a Piacenza e che sulla scrivania, quando ci riceve, ha un libro dal titolo “Contro gli asili nido”: «Il lavoro femminile è una costrizione. Una necessità dettata dal falso bisogno di guadagnare di più per consumare di più. Nella coppia cristiana invece la donna può decidere di rinunciare ad alcune capacità per amore, per donarsi alla famiglia». Di Don Pietro, dalle Alpi alla Sicilia ce ne sono migliaia: insegnano ai giovani la verginità, tuonano contro i contraccettivi e le convivenze, nella convinzione che: «La donna è creata per essere feconda».
Non stupisce allora leggere nei questionari inviati dalle diocesi a Roma per il Sinodo che la Chiesa è percepita dai fedeli come ostile e giudicante e che questo allontana i giovani. È un fatto, che però non piace al cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi: «Urge permettere alle persone ferite di guarire e di riconciliarsi. Si tratta di proporre, non imporre; accompagnare, non spingere; invitare, non espellere». Baldisseri estrapola la madre di tutte le soluzioni proposte dal documento su cui discuterà il Sinodo che invoca lo sguardo amorevole sui peccatori, da perdonare e convincere a non sbagliare più. E che spinge a una previsione sull’esito: finiranno col concedere la comunione ai divorziati, e chiuderanno così, è l’opinione dei più. Confortati dal gesto plateare del Papa che domenica 14 settembre ha sposato in San Pietro venti coppie “moderne”: conviventi, alcuni con bambini, magari avuti da una precedente unione. E ha chiosato con un significativo: «Gesù sta in mezzo alla gente e sceglie i peccatori». Riportando la macchina del Sinodo a quanto suggerisce l’Instrumentum Laboris: siate misericordiosi.
«Quel documento è totalmente estraneo a 100 anni di storia delle donne: a questa storia, purtroppo, la struttura ecclesiastica è rimasta pressoché impermeabile», commenta la teologa Marinella Perroni, della Facoltà Sant’Anselmo di Roma: «Io credo che il Papa sarebbe forse disponibile ad ascoltarci. Ma viene anche lui da un mondo rimasto per troppo tempo lontano dalla consapevolezza critica delle donne e non so quale possibilità reale abbia di studiare a fondo come si è andata configurando e evolvendo la cosiddetta questione femminile».
Così il pallino torna nelle mani del Papa che da mesi dice un gran bene delle donne, della loro intelligenza di cui il mondo e la Chiesa hanno bisogno, del «genio femminile», ha detto al congresso del Centro italiano femminile il 25 gennaio scorso. Certo è un genio che ha la sua lampada nella famiglia. Che si esprime nelle opere della Madonna. Preistoria per le donne di mezzo mondo. E così anche il Papa finisce per scivolare quando dice alle suore: «Siate madri, non zitelle».
Ma la decisione finale spetterà a Francesco
Il sinodo appena convocato vedrà un acceso confronto tra le due fazioni sui temi della modernità: dal celibato dei preti alla comunizione ai divorziati. Ma l'ultima parola sarà di Bergogllo e non arriverà prima del 2015

«Anche per lui il femminile coincide col materno e il maschile con l’esercizio dell’autorità. Pur se alcuni suoi punti di vista sembrano aprire nuove prospettive, Bergoglio continua a muoversi, non diversamente dai suoi predecessori, dentro il sistema di pensiero appreso durante la sua formazione. La teologia che si insegna e si impara ancora oggi nei seminari e nelIe Facoltà è espressione di un universo mentale e esistenziale solo maschile: di fronte alle istanze delle donne che, prima che essere rivendicazioni di potere, sono richieste di un radicale cambio di mentalità, gli ecclesiastici restano spesso atterriti e per questo, forse, le demonizzano», riassume Marinella Perroni. E le fa eco Don Cristiano Mauri, brianzolo, classe 1972, un prete giovanotto che va in giro in jeans e ha un blog, “ La bottega del Vasaio ”: «Ti preparano a fare il prete in un ambiente totalmente maschile come il seminario. Poi tu esci e hai a che fare per il 90 per cento del tempo solo con donne. E ti rendi conto di come la tua vita, e lo dico da celibe, ha bisogno dell’apporto delle donne, del loro sguardo, della loro sensibilità». Invece, aggiunge Don Cristiano: «Questo di ottobre è di sicuro un Sinodo con un’impronta molto maschile. Il modello familiare proposto è ancora unico, ancora lo stesso portato in scena al Family day di due anni fa, quando sul palco salirono tutte coppie bellocce, con 4-5 figli, dove la donna faceva la madre. Continuiamo a restituire un’immagine di noi gerarchica e al maschile».

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