Costrette a prendere
le ferie nei periodi più scomodi e spesso molestate psicologicamente
e/o sessualmente: in Italia, così come in molti altri Paesi, il
fatto di essere "libera" non paga, e diventa spesso un'arma
a doppio taglio per donne che, paradossalmente, hanno investito
energie proprio per garantirsi il massimo dell'indipendenza. Ne
abbiamo parlato con Alessandra Menelao, responsabile nazionale dei
centri di ascolto Mobbing&Stalking della Uil, e con Adelia
Lucattini, psichiatra psicoterapeuta e psicoanalista di Roma.
Scoprendo che l'Italia, oltre a non essere un Paese per mamme, non è
neanche un Paese per single
Non è un paese per
single: il mobbing sulle donne "senza famiglia" Si parla
spesso di mobbing ai danni delle donne e, in particolare, di
lavoratrici che sono anche madri, ed è certamente questa la forma
più violenta, subdola e dolorosa di porre in atto questa forma di
maltrattamento psicofisico sul lavoro.
Esiste però anche
un altro tipo di mobbing, meno appariscente, forse anche meno
conosciuto e codificato, figlio di evoluzioni sociali sviluppatesi
negli ultimi 10-15 anni e quindi non ancora ben riconoscibili e
riconosciute: il mobbing a danno delle donne single.
Lavoratrici, cioè,
che non hanno figli e in molti casi neanche un compagno e che quindi,
per il solo fatto di essere considerate totalmente "libere",
sono costrette a sopportare un sovraccarico lavorativo e psicologico
che da colleghi e superiori viene talvolta sottovalutato se non
completamente ignorato.
Ferie scomode e
molestie sessuali
"Le ferie sul
lavoro - spiega Alessandra Menelao, responsabile nazionale dei
centri di ascolto Mobbing&Stalking della Uil - sono organizzate
sulla base di scelte organizzative che, talvolta, possono essere
influenzate anche dal fattore "singletudine", favorendo le
donne con i figli. Questo è un fenomeno che si verifica molto spesso
nei luoghi di lavoro privati. Le donne single subiscono, inoltre, il
mobbing sessuale, ovvero molestie messe in atto da colleghi e
superiori, finalizzate a danneggiare immagine e carriera della
persona in questione".
"Ogni giovane
donna - spiega Adelia Lucattini, psichiatra psicoterapeuta e
psicoanalista di Roma - si è trovata a dover affrontare le forche
caudine degli ammiccamenti o delle battute a sfondo sessuale, o
tentativi di seduzione e inviti, almeno una volta nella propria vita
professionale. Ma questa è un'evenienza meno frequente di quello che
si pensi, soprattutto dopo la regolamentazione dal punto di vista
legislativo delle molestie sul posto di lavoro. Da una single sul
posto di lavoro ci si aspetta, inoltre, maggiore flessibilità negli
orari, maggiore disponibilità di tempo e flessibilità
nell'accettare trasferte esterne o spostamenti in altre sedi. Di
fatto, anche queste donne subiscono una sorta di discriminazione che
le porta a rinunciare, all'inizio magari volontariamente, in seguito
per non perdere le posizioni professionali acquisite, a una vita
privata, sia con un compagno che con dei figli".
Le ferie sono un
punto critico e, spiega Lucattini, anche se ufficialmente questo non
è riconosciuto né viene ammesso, i turni più scomodi, i ponti, i
periodi in cui ci sono vacanze scolastiche, vengono solitamente dati
a donne che non hanno famiglia. "Tutti i single, nell'ambito del
mondo del lavoro, ricevono in realtà un trattamento diverso rispetto
alle persone che hanno una famiglia propria, ma alle donne viene
spesso riservato un trattamento "speciale", discriminante,
figlio di un retroterra culturale che non concepisce o non accetta la
lavoratrice come libera e indipendente", precisa la psichiatra.
Pressioni
psicologiche
Le pressioni, su
queste donne, vengono esercitate in vari modi, dalla richiesta fatta
come "favore personale" da parte di superiori o o colleghi,
a situazioni di cattiva redistribuzione dei carichi di lavoro, in
cambio di prospettive di avanzamento di carriera e ferie future.
"Spesso questo tipo di "violenze" vengono esercitate
in modo formalmente corretto e legalmente inattaccabile - continua
Lucattini - e si tratta principalmente di pressioni psicologiche o
di forme di "captatio benevolentiae" che presuppongono o
garantiscono gratificazioni future. Purtroppo, l'esperienza mostra
che non sempre questi sacrifici vengono ripagati in modo equilibrato,
né con un mutuo scambio di favori tra colleghi, né con la garanzia
che la serietà personale e la disponibilità vengano interpretate
correttamente come "merito", aprendo reali prospettive di
riconoscimento personale o eventuali avanzamenti professionali".
È necessario
precisare, continua Lucattini, che in alcuni ambienti professionali,
soprattutto dirigenziali, viene esplicitamente chiesto alle donne
single non tanto di non sposarsi o non avere un compagno, ma di non
avere figli per un certo periodo, di solito pari a due anni, e spesso
vengono favorite le donne che hanno un compagno nella stessa azienda.
"Questo tipo di situazione, spesso riscontrata parlando con
pazienti, costituisce di per sé un condizionamento psicologico
importante, perché una donna che ha fatto un grande investimento su
se stessa dal punto di vista degli studi, della formazione e della
professione, può vivere più o meno consapevolmente come un "danno"
il fatto di perdere lo status di single. Da questo condizionamento
possono derivare conseguenze diverse: alcune donne si sentono
costrette a nascondere di avere una relazione e a comportarsi sul
luogo di lavoro come se fossero single o non riuscissero a ingaggiare
e a impegnarsi in relazioni che potrebbero essere vissute come un
ostacolo rispetto alla propria realizzazione personale, favorendo
così una dissociazione tra gli aspetti affettivi, emotivi,
sentimentali della vita e quelli intellettuali e lavorativi".
Rapporto
problematico con i colleghi
I colleghi, spiega
Menelao, raramente testimoniano a favore della lavoratrice single
quando questa denuncia le molestie subìte e i superiori
difficilmente credono alle denunce delle donne single, né lottano
affinché venga dato loro adeguato supporto da parte dell'azienda. La
donna single, sul luogo di lavoro, può infatti essere vissuta come
un'avversaria o una "preda" potenziale. "Questo -
spiega Lucattini - comporta una certa aggressività da parte dei
colleghi uomini ma anche delle colleghe coniugate".
Le madri hanno,
d'altro canto, delle esigenze molto particolari, in quanto costrette
a dividersi tra lavoro, casa e famiglia. "Accade che si
appoggino o scarichino le proprie tensioni, le proprie necessità
sulle colleghe single - spiega Lucattini - a cui possono rivolgersi
chiedendo aiuto, favori, premure. Se ci sono asperità tra donne con
figlie e donne senza figli, queste dipendono quasi sempre da rapporti
di lavoro. Più frequente invece è la solidarietà tra donne con
figli, che tendono a fare gruppo nei confronti delle colleghe single,
erroneamente viste come delle "privilegiate", con più
tempo a disposizione per se stesse e anche per il lavoro".
Eccessive pretese
dei capi ufficio
Per quanto riguarda,
invece, i capi ufficio, ci sono dei superiori che hanno l'attitudine
paterna e che vivono le giovani dipendenti single come delle figlie,
da cui pretendono e che magari mettono anche sotto pressione ma con
un'attenzione particolare, finalizzata alla loro crescita
professionale e talvolta anche personale. "Ci sono però altre
situazioni - continua Lucattini - in cui i superiori, in virtù del
loro ruolo, mostrano un atteggiamento di pretesa nei confronti delle
donne single soprattutto se giovane o ai primi incarichi. Pretesa sia
sul versante professionale, in termini di disponibilità di orario,
flessibilità, mansioni extracontrattuali, talvolta anche di livello
inferiore rispetto alla qualifica per cui la donna è stata assunta,
sia sul piano personale, attraverso la seduzione e il
corteggiamento".
Un problema
culturale
"Le politiche
che si fanno in Italia - precisa Menelao - non tengono conto del
fatto che una persona single ha costi di vita fissi e mensili che
deve per forza sostenere da sola. Per queste donne, manca totalmente
una progettazione politica dei diritti e del lavoro".
L'Italia non è
insomma un paese per donne "sole". Da noi vige ancora una
cultura tradizionalista che vede i soggetti femminili come madri e
mogli, relegando ai padri i ruoli inessenziali nella gestione della
famiglia. "Alle donne single - conclude Menelao - non viene
perdonata la libertà di scelta, di autodeterminazione e di
autosufficienza. Fortunatamente, queste donne sono meno scisse degli
uomini e riescono spesso a trovare molteplici interessi capaci di
riempir loro la vita".
L'equivoco di fondo
Questo fenomeno così
complesso nasce, spiega Lucattini, da un equivoco di fondo in base al
quale il tempo personale non viene pienamente considerato come un
valore, e vi può essere inoltre un altro tipo fraintendimento per
cui il tempo della donna single può essere considerato maggiore dal
punto di vista quantitativo o di minor valore rispetto a quello della
donna con figli, "circostanza - precisa Lucattini - che non è
necessariamente vera, poiché le donne single per esempio possono
avere genitori, fratelli, nipoti, amici e desiderare occuparsi di
loro o dei loro figli, o voler dedicarsi al volontariato,
indipendentemente dal proprio status anagrafico".
Nel breve periodo e
nelle prime fasi lavorative, conclude la psichiatra, le donne single
sono sicuramente favorite in Italia rispetto a quelle con una
famiglia, ma nel giro di pochi anni il rischio è quello della
sclerotizzazione di situazioni professionali in cui queste non
trovano più una propria strada personale da percorrere agevolmente e
con naturalezza, impossibilitate cioè a poter scegliere se
continuare a vivere da sole, in coppia, o se diventare madre o
moglie.
Esistono però anche
donne felicemente single che sono arrivate a questa scelta attraverso
un percorso personale che le ha portate a operare una serie di scelte
con maturità e consapevolezza e che quindi vivono con serenità e
con piacere la propria condizione, donne, cioè, che hanno saputo
impostare la propria vita personale, professionale e sociale in modo
gradevole, circondate da amici e conoscenti, con o senza la propria
famiglia di origine, organizzando in modo libero il proprio tempo
suddiviso tra lavoro, divertimento e impegni. Sarebbe questa la
condizione ideale in cui vivere, in Italia, lo status di single sul
luogo di lavoro, per una donna. Una condizione che, per maturare a
pieno, ha però naturalmente bisogno della collaborazione di tutta la
società.
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