La
storia dimenticata del campo di concentramento femminile, progettato
da Hitler con l’obiettivo specifico di eliminare le donne “non
conformi”. Dal maggio del 1939 al 30 aprile del ’45, sono passate
da qui 130 mila donne, provenienti da 20 nazioni diverse, 50 mila
delle quali qui sono morte
Un
campo di concentramento femminile. L’unico progettato da Hitler,
con l’obiettivo specifico di eliminare le donne “non conformi”:
prigioniere politiche, lesbiche, rom, prostitute, disabili e donne
semplicemente giudicate “inutili” dal regime. La terribile
vicenda di Ravensbrück, è tra quelle che ricorrono meno tra le
storie dei sopravvissuti, eppure da questo campo di concentramento,
90 chilometri a nord di Berlino, dal maggio del 1939 al 30 aprile del
’45, sono passate 130 mila donne, provenienti da 20 nazioni
diverse, 50 mila delle quali qui sono morte. Di queste solo il 10%
era ebreo.
Una
storia nascosta, a cui oggi dà forte rilievo il quotidiano
britannico Independent, con una prima pagina dedicata alla memoria
del terribile lager, tutto femminile, scritta da Sarah Helm,
giornalista e autrice del libro, dal titolo evocativo dell’opera di
Primo Levi, “Ravensbrück: If this is a woman”, “Se questa è
una donna”, appunto.
“Poco
dopo aver scritto il mio primo libro, nel 2005, mi venne chiesto su
cosa avrei voluto lavorare, subito dopo. Pensai subito a Ravensbrück,
perché era una storia di donne straordinarie, di estremo coraggio,
ma anche di estrema sofferenza e brutalità e non era ancora stata
raccontata, almeno non in modo che la gente ascoltasse.” E secondo
Helm, le ragioni per cui Ravensbrück è rimasto ai margini della
storia, sono diverse. “Il campo era relativamente piccolo, non
rientrava nella narrativa dominante dell’olocausto, molti documenti
poi sono stati distrutti, inotre il lager è stato per anni nascosto
dietro la cortina di ferro.”
Per
Sarah Helm, che nel suo libro è riuscita faticosamente a raccogliere
le testimonianze di alcune sopravvissute, tra i motivi che hanno
portato Ravensbrück a rimanere nascosto, vi è anche la riluttanza
delle vittime a parlare. “Chi è riuscita a tornare a casa, spesso
si vergognava per quello che aveva subito, come se fosse stata colpa
sua. Parlando con diverse donne francesi, mi è stato detto che
l’unica domanda che veniva rivolta loro, era se fossero state
stuprate. Altre mi hanno raccontato che, quando si decisero a parlare
nessuno credette a quelle storie orribili.” Racconta Helm,
ricordando che invece, in Unione Sovietica, le sopravvissute rimasero
zitte per paura. Secondo Stalin i russi dovevano combattere fino alla
morte, quelli che erano stati catturati, potevano accusati di
tradimento, indagati e spediti in altri campi di detenzione, questa
volta in Siberia.
“Eppure
nulla spiega davvero l’anonimato di questo campo.” Continua Helm.
“I nazisti hanno commesso atrocità nei confronti delle donne, in
molti altri posti. Più della metà degli ebrei uccisi nei campi di
concentramento, erano donne. Ma come Auschwitz era la capitale dei
crimini contro gli ebrei, Ravensbrück era la capitale dei crimini
contro le donne.” Le violenze atroci perpetrate nel lager, infatti
erano specifici, crimini di genere, tra i più comuni,
sterilizzazioni, aborti forzati e stupri.
“Forse
gli storici mainstream –quasi tutti uomini- semplicemente non si
sono interessati nello specifico a cosa accadesse alle donne. Eppure
ignorare Ravensbrück significa ignorare una fase cruciale nella
storia del nazismo. I crimini commessi qui non erano solo crimini
contro l’umanità, ma crimini contro le donne.”
Negli
ultimi mesi della guerra, nell’autunno del 1944, dopo che Himmler
aveva ordinato la sospensione delle camere a gas, Ravensbrück
ricevette un ordine diverso. Qui, in una baracca vicino al forno
crematorio, venne costruita una camera a gas provvisoria, utilizzando
componenti provenienti anche da Auschwitz.
6
mila donne vennero uccise, asfissiate. “Fu l’ultimo sterminio di
massa del regime nazista”, scrive Helm. “Eppure è stato ignorato
dalla storia per un lunghissimo periodo”.
Per
sapere di più su Ravensbrück:
Le
donne di Ravensbrück di Lidia Beccaria Rolfi, Anna Maria Bruzzone
Il
ponte dei corvi. Diario di una deportata a Ravensbruck di Maria
Massariello Arata
Ravensbrück di Germaine Tillion
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