Si,
ci voleva lei: una donna a capo della Federal Reserve. Ecco, questo è
il dashboard di quella che da esattamente 1 anno è presidente della
potentissima Banca Centrale degli Stati Uniti, e come tale la voce
economica più potente del mondo.
Janet
Yellen è la prima presidente donna nella storia della Federal
Reserve.
Una
donna che, ricordiamo, era in lizza per quella posizione con Larry
Summers.
Si,
quello che ebbe a dichiarare che le donne, a causa della loro
conformazione del cervello, non sono in grado di dominare le materie
scientifiche (e dunque l’economia).
Che
smacco, povero Summers! Proprio lui, scalzato dalla prima donna al
mondo in grado di spezzare uno fra i più duri soffitti di cristallo
al mondo..
E -
possiamo dirlo - con risultati a dir poco interessanti, a un solo
anno di distanza.
Una
donna, ricordiamo, che fu anche fortemente osteggiata nella sua
candidatura: tanto che gruppi conservatori arrivarono perfino a
promuovere una petizione per metterla fuori gioco.
Tentativi
prontamente bilanciati da molte contro-petizioni, fra cui una lettera
in suo favore scritta per iniziativa dell'Iwpr (Institute for Women's
Policy Research), e firmata da ben 400 economisti. E così, alla
faccia di conservatori e maschilisti, la Yellen è lì.
E da
quando sta su quella poltrona spinge i mercati finanziari a rivedere
tutti gli assunti che, dominando il pensiero economico negli ultimi
40 anni, ci hanno portato dove siamo ora: e cioè non proprio a vette
luminose. E tra i cambiamenti più notevoli c'è lo smettere di
temere, anzi addirittura accogliere positivamente, l'ipotesi di una
vera crescita dei salari reali (cioè la loro crescita al di sopra e
al di là del tasso di inflazione).
Sembrerebbe
logico che sia così! ma in effetti è proprio il contrario, perché
la crescita dei salari reali è stata per decenni uno spauracchio,
qualcosa visto solo come un grosso problema: come segnale di allarme
di inflazione e motivo per alzare i tassi). Per approfondire quanto
sopra, rimandiamo a questa chiara spiegazione.
A
dire il vero, il linguaggio economico non è mai molto chiaro. Anche
se proprio l'economia dovrebbe misurare le condizioni di vita delle
persone, i trader statunitensi e gli economisti di Wall Street
(quelli che pendono da dati quali tassi di crescita del PIL,
aggiornamenti sugli ordini di beni strumentali, prestiti commerciali
e industriali, tassi di utilizzo della capacità produttiva ecc) non
dicono mai nulla di concreto su come se la stiano passando le
famiglie (in questo caso americane). Anche dal rapporto mensile sui
posti di lavoro non si trae una visione chiara: infatti un tasso di
disoccupazione in calo può significare più assunzioni (bene) o più
persone buttate fuori dal mercato del lavoro (male); ma, se
peggiorano le condizioni di lavoro e di salario, la crescita di
assunzioni non sempre significa che le persone stiano meglio.
Nell'ultimo
anno, però, qualcosa è cambiato riguardo agli indicatori tenuti
d’occhio a Wall Street: prende piede un nuovo indice, semplice e
chiaro, sulla salute delle famiglie americane: quello del salario.
Citando
da Quartz:
La
nostra attenzione va su altri indicatori principali della crescita
dei salari (analisti economici Morgan Stanley, 8 agosto);
il
fattore chiave da mettere a fuoco è il salario... (analisti azionari
Credit Suisse, 13 agosto 2014);
il
salario reale medio del lavoratore dipendente non sta andando da
nessuna parte (analisti dei titoli a reddito fisso, Credit Suisse, 14
agosto);
Gli
attori del mercato stanno esaminando una serie di indicatori
salariali per valutare le prospettive di crescita dei salari...
(Analisti economici RBS, 15 agosto).
Non
se ne parla ancora abbastanza, e comunque questa nuova attenzione di
Wall Street per il destino finanziario dei lavoratori si deve a lei,
la Yellen. Sempre Quarz, nel pezzo già citato, scriveva che la FED
di Janet Yellen è più rivoluzionaria di quanto sia mai stata quella
di Ben Bernanke: spiegando come la nuova presidente abbia non solo
focalizzato la propria attenzione sull'occupazione, ma anche
riportato nel dibattito economico concetti che erano stati azzerati,
come appunto l’aumento dei salari e la curva di Phillips. Del resto
Janet Yellen punta il dito (finalmente e come altri non hanno mai
fatto) sul legame tra politica monetaria e disuguaglianza:
E,
dichiarando tutta la sua preoccupazione per l’aumento delle
diseguaglianze economiche, smonta l’idea che la politica monetaria
possa essere neutra, sostenendo anzi che essa ha sempre effetti
distributivi: ha dunque azione diretta sull’aumentare o ridurre le
disuguaglianze.
E,
come osserva eunews, è un segnale importante, e storico, che la
Federal Reserve si ponga il problema di come intervenire in prima
persona per mitigare l’ingiustizia sociale. Qualcosa che dovrebbe
ispirarci a fare pressioni anche sulle banche europee.
Dopo
un solo anno di mandato, il lavoro della Yellen vede risultati
positivi sia dal punto di vista del Pil sia da quello
dell'occupazione, visto che il numero dei senza lavoro è sceso ai
minimi storici; e anche il dollaro si è rafforzato. Ora secondo
alcuni lei sarebbe pronta ad alzare i tassi, pensando di rinvigorire
l'economia americana sul medio periodo (trascurando momentaneamente
le ripercussioni negative che il provvedimento avrà sul mercato).
Lei ha sempre detto chiaro di non apprezzare la grande volatilità
delle Borse che veniva originata proprio dai provvedimenti Fed: la
sua attenzione si sposta dunque a far si che l'economia riprenda a
camminare con le proprie gambe.
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