«Sono
una ragazza normale, nulla di spostato. Tutti i figli dell’eterologa
sono come me, sani e senza turbe psicologiche. Perché molti ci
descrivono come marziani?». Clio segue con pieno coinvolgimento il
dibattito che si è aperto in Italia dopo la riammissione in Italia
da parte della Corte Costituzionale delle tecniche di procreazione
che utilizzano gameti donati. E non ci sta ad essere tratteggiata,
lei come tanti altri, in modo erroneo. I suoi genitori nel ’87
l’hanno concepita in provetta grazie ad uno spermatozoo di un uomo
diverso da suo papà che aveva problemi di infertilità. È successo
a Milano quando da noi non c’erano leggi e i centri potevano
offrire anche queste soluzioni. «Noi non abbiamo bisogno di
psicologi né coviamo rancori verso la famiglia». Dunque le coppie
non si facciano scrupoli. L’eterologa è una ottima strada, se
cresciuti bene i figli crescono come gli altri.
Come
sei venuta al mondo, Clio?
«Mamma
prima dell’eterologa aveva provato di tutto per avere bambini. Con
questa tecnica al primo tentativo è rimasta incinta. Allora i centri
più rinomati erano tre a Roma, Milano e Palermo».
Quando
ti hanno raccontato la verità?
«Avevo
18 anni. Sul momento sono rimasta stupita e disorientata. Per circa
un giorno non ho fatto altro che rimuginare. Certo potevano dirmelo
prima, mi ripetevo. Poi ho rivalutato la figura di papà col quale
non avevo un rapporto particolarmente confidenziale. Ho concluso che
doveva essere davvero una grande persona se ha accettato di avere una
figlia non sua biologicamente. Mi ha cresciuta con amore. Qualcuno
sosteneva che gli somigliavo».
Hai
mai avuto il desiderio di sapere chi era l’uomo che ti ha permesso
di nascere?
«Dopo
qualche settimana, a caldo, ho cercato di saperlo, sarei anche andata
a conoscere il donatore. Ho chiamato il centro di procreazione dove
ovviamente mi hanno negato l’accesso a i dati. Poi ho smesso di
cercare per rispetto di mio padre. Se avesse saputo che sua figlia
cercava un’altra figura ci avrebbe sofferto».
Perché
volevi sapere?
«Per
rafforzare il senso dell’identità, capire meglio le mie origini e
comprendere perché ero fatta in un certo modo».
Chi
altro conosce il tuo segreto?
«Nessuno
in famiglia, solo qualche amico. La nonna mi trovava spiccicata a
papà…Era bene che lo credesse. Mamma mi ha raccontato che il mio
donatore è stato scelto per i colori mediterranei».
Per
quale motivo hai voluto rendere nota la tua storia?
«In
televisione alcuni pseudospichiatri ci descrivono come bambini
destinati a crescere sbagliati. Macchè poverini. Noi, figli
dell’eterologa siamo tanti e rivendichiamo le nostre origini».
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