Oggi
mi hanno dichiarato guerra. Decimando militarmente la redazione del
giornale satirico Charlie Hebdo mi hanno dichiarato guerra. Hanno
usato il nome di dio e del profeta per giustificare
l’ingiustificabile. Da afroeuropea e da musulmana io non ci sto.
“Not
in my name”, dice un famoso slogan, e oggi questo slogan lo sento
mio come non mai. Sono stufa di essere associata a gente che uccide,
massacra, stupra, decapita e piscia sui valori democratici in cui
credo e lo fa per di più usando il nome della mia religione. Basta!
Non dobbiamo più permettere (lo dico a me stessa, ai musulmani e a
tutti) che usino il nome dell’islam per i loro loschi e schifosi
traffici.
Vorrei
che ogni imam in ogni moschea d’Europa lo dicesse forte e chiaro.
Sono stufa di veder così sporcato il nome di una religione. Non è
giusto. Come non è giusto veder vilipesi quei valori di convivenza e
pace su cui è fondata l’Unione europea di cui sono cittadina. Sono
stufa di chi non rispetta il diritto di ridere del prossimo. Stufa di
vedere ogni giorno, da Parigi a Peshawar, scorrere sangue innocente.
E ho già il voltastomaco per i vari xenofobi che aspettano al varco.
So già che ci sarà qualcuno che userà questo attentato contro
migranti e figli di migranti per qualche voto in più. C’è sempre
qualche avvoltoio che si bea delle tragedie.
È
così a ogni attentato.
A
ogni disgrazia cresce il mio senso di ansia e di frustrazione. A ogni
attentato vorrei urlare e far capire alla gente che l’islam non è
roba di quei tizi con le barbe lunghe e con quei vestiti ridicoli.
L’islam non è roba loro, l’islam è nostro, di noi che crediamo
nella pace. Quelli sono solo caricature, vorrei dire. Si vestono così
apposta per farvi paura. È tutto un piano, svegliamoci.
Per
questo dico che mi hanno dichiarato guerra. Anzi, ci hanno dichiarato
guerra.
Questo
attentato non è solo un attacco alla libertà di espressione, ma è
un attacco ai valori democratici che ci tengono insieme. L’Europa è
formata da cittadini ebrei, cristiani, musulmani, buddisti, atei e
così via. Siamo in tanti e conviviamo. Certo il continente zoppica,
la crisi è dura, ma siamo insieme ed è questo che conta. I killer
professionisti e ben addestrati che hanno colpito Charlie Hebdo
vogliono il caos. Vogliono un’Europa piena di paura, dove il
cittadino sia nemico del suo prossimo. E in questo vanno a braccetto
con l’estrema destra xenofoba. Tra nazisti si capiscono. Di fatto
vogliono isolare i musulmani dal resto degli europei. Vogliono
vederci soli e vulnerabili. Vogliono distruggere la convivenza che
stiamo faticosamente costruendo insieme.
Trovo
bellissimo che alla moschea di Roma alla fine del Ramadan, per l’Eid,
ci siano a festeggiare con noi tanti cristiani ed ebrei. Ed è bello
per me augurare agli amici cristiani buon Natale e agli amici ebrei
happy Hanukkah. È bello farsi due risate con gli amici atei e ridere
di tutto. Si può ridere di tutto, si deve. Ecco perché questo
attentato di oggi è così pauroso. Fa male sapere che degli esseri
umani siano stati uccisi da una mano vigliacca perché volevano solo
far ridere, ma fa male anche capire il disegno che c’è dietro,
ovvero una volontà di distruzione totale.
Una
distruzione che sapeva chi e cosa colpire.
Niente
è stato casuale. Sono stati spesi molti soldi da chi ha organizzato
il massacro. Sono stati scelti uomini addestrati. È stato scelto un
target, la redazione di un giornale satirico, che era sì un target
simbolico, ma anche facile da attaccare. Tutto è stato studiato nei
minimi dettagli. D’altronde una dichiarazione di guerra lo è
sempre. Chi ha compiuto questo attentato sa cosa produrrà. Sa il
delirio che si sta preparando. Allora se siamo in guerra si deve
cominciare a pensare come combatterla. In questi anni la teoria della
guerra preventiva, dell’odio preventivo, delle disastrose campagne
di Iraq e Afghanistan hanno creato solo più fondamentalismo.
Forse
se si vuole vincere questa guerra contro il terrorismo l’Europa si
dovrà affidare a quello che ha di più forte, ovvero i suoi valori.
Chi ha ucciso sa che si scatenerà l’odio. Ora dovremmo non cascare
in questa trappola. Ribadire quello che siamo: democratici. Ha
ragione la scrittrice Helena Janeczek quando dice che liberté,
égalité, fraternité è ancora il motto migliore per vincere la
battaglia. E i musulmani europei ribadendo il “Not in my name”
potranno essere l’asso nella manica della partita. L’Europa potrà
fermare la barbarie solo se i suoi cittadini saranno uniti in
quest’ora difficile.
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